Dalla Genesi all’Apocalisse, la Bibbia è piena di riferimenti all’amore sponsale che aiutano i lettori a comprendere in modo autentico la relazione amorosa tra Dio e il Suo popolo. Non sono una biblista, quindi concludo qui la mia parentesi esegetica, ma mi apro alla condivisione di una verità indiscutibile: con il matrimonio la nostra famiglia, quindi la nostra casa, diventa una piccola e primitiva Chiesa.
Sappiamo che Chiesa vuol dire “riunione dei fedeli”, potremmo dire che è l’assemblea degli assemblati a Cristo, nientemeno che il Capo della Chiesa! Quando Dio creò la luce, l’universo, la terra e l’uomo, accanto a lui mise la donna «e i due saranno una carne sola» (Gen 2, 24). Il matrimonio, in quanto sacramento, riconferma questo amore “tra tre” e rende la famiglia una chiesa in cui Dio è perpetuamente esposto; in cui gli sposi adornano il loro altare per consacrare e offrire quell’amore generativo unico del Creatore e riversato sugli sposi (con “altare” non mi riferisco agli altarini che abbiamo nelle nostre case con il centrino, i fiorellini e l’immagine di qualche santo… ma al letto matrimoniale!) e manifestano al mondo circostante il volto di Dio-Amore, la passione per la vita e infondono la concretezza della Parola.
In quanto battezzati, tutti i fedeli vengono innestati in Cristo sacerdote, re e profeta e diventano partecipi della Sua vita e della Sua missione; in più, gli sposi, «chiamati a celebrare nella loro relazione questo amore unitivo di Gesù con la Chiesa […] esercitano il loro sacerdozio battesimale dentro il vivere normale di una casa, che diventa Chiesa domestica nella nuova modalità dell’essere una sola carne» (Battesimo e liturgia della famiglia, di mons. R. Bonetti), ma non mi dilungo su questo, anche perché Antonio e Luisa De Rosa hanno largamente e validamente espresso cosa vuol dire essere “Sposi, re nell’amore”, “Sposi, sacerdoti dell’amore” e “Sposi, profeti dell’amore”.
La casa è dunque un luogo umano e divino, se ci rendessimo conto di questa grandezza ogni gesto e ogni situazione sarebbero sotto una nuova luce; lo sguardo sul nostro compagno di vita/sulla nostra compagna di vita sarebbe più acuto e limpido; la vicinanza dei figli che sono stati donati e quelli che ci sono stati donati e “tolti” troppo presto, rinnoverebbe in noi una tenerezza sempre nuova; l’attesa e il futuro diventerebbero più sostenibili… o, perlomeno, terremmo la casa più in ordine e pulita. Scherzo!
A volte mi chiedo: ci sentiamo sacerdoti e custodi della nostra chiesa domestica?
Francesca Parisi
Grazie!
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