Spesso tendiamo a idealizzare i santi e ad attribuir loro una sorta di onnipotenza. Ci sembra più facile considerarli come dei supereroi, dotati di straordinari poteri e capacità che noi non abbiamo. Tuttavia, questa visione può distorcere la realtà e toglierci la responsabilità personale di lavorare per la nostra crescita spirituale. Mettere i santi su un piedistallo può farci sentire al sicuro, come se la santità fosse un traguardo irraggiungibile per noi comuni mortali. Ma se davvero riflettiamo sulla vita dei santi, possiamo notare che molti di loro sono nati e cresciuti in situazioni molto simili alle nostre. Erano persone come noi, con le stesse tentazioni, le stesse debolezze e le stesse difficoltà. Quello che li ha resi santi è stata la loro risposta alle sfide della vita, la loro fede in Dio e il loro impegno nel perseguire la virtù.
Iniziamo con il dire che noi abbiamo tutto ciò che serve per diventare santi. Il battesimo ci ha fatto santi. Sei battezzato? Hai tutto per essere santo. La santità, secondo don Fabio Rosini, è proprio il non opporsi al progetto di Dio su di noi. Significa lasciare che Dio operi attraverso di noi, perchè Lui è l’unico e vero santo. La santità è di Dio e noi possiamo parteciparvi. Non per merito nostro, ma per abbandono alla Sua volontà. Siamo tutti destinati alla santità e ne abbiamo tutte le capacità per raggiungerla. Certo, ognuno è chiamato alla santità in modo originale. Esistono santi dotti e santi analfabeti, santi uomini e sante donne, santi bambini e santi anziani, santi re e santi mendicanti, santi consacrati e santi laici. Non dobbiamo copiare nessuno, dobbiamo trovare la nostra personale strada verso la santità. La santità è sempre originale. Preoccupiamoci non tanto quando siamo un po’ strani ma piuttosto quando ci omologhiamo troppo agli altri. Ognuno è chiamato alla santità attraverso la propria storia e la propria vita.
Noi sposi cristiani ci santifichiamo nel matrimonio. Il matrimonio è un punto di partenza. Questo deve essere chiaro nella nostra vita, oppure non capiremo mai il senso di ciò che stiamo vivendo. Don Oreste Benzi, diceva che dobbiamo sposarci con l’idea di diventare santi. Non si può pensare di esserci “sistemati” una volta per tutte. Il matrimonio presuppone una conversione continua, ogni giorno della nostra vita, il matrimonio presuppone che decidiamo coscientemente di mettere Dio al centro del nostro cuore. Come? Donandoci al nostro amato o alla nostra amata. A volte riusciremo e a volte invece non ce la faremo, ma l’obiettivo deve essere chiaro e la volontà di raggiungerlo determinata. Vivere senza questa forte determinazione, senza cercare di perseguire la nostra santità in questo modo così ordinario e straordinario contemporaneamente, fatto di gesti semplici ma perseveranti nel tempo, porta a sistemarsi, porta a distruggere quella dinamica di dono e accoglienza che è alla base di un’unione sana e benedetta da Dio.
Più entreremo nella dinamica del dono verso la santità e più saremo felici nella nostra vita. La testimonianza di tanti sposi abbandonati che hanno trovato pace e gioia nella fedeltà a Gesù e al sacramento del matrimonio ci mostra che il dono di sé è il vero antidoto per la tristezza e il senso di vuoto nella nostra vita. Quando ci impegniamo ad amare il nostro coniuge con un amore totale e incondizionato, anche se siamo stati feriti o traditi, invochiamo l’azione divina nella nostra relazione e permettiamo a Dio di lavorare in noi e attraverso di noi per compiere la sua volontà. Più invece non riusciremo a donarci e più saremo incapaci di trovare pace e senso nella nostra vita e nel nostro matrimonio. Se gli sposi cercano soltanto di “sistemarsi” e non vivono la propria vocazione all’amore, resteranno magari insieme per tutta la vita, ma come semplici compagni, che cercano appunto compagnia, che vogliono solo riempire la loro solitudine. Come disse bene Chiara Corbella:
La logica è quella della croce: regalarsi per primi senza chiedere nulla all’amato, arrivando fino al dono radicale di sé. Se non si risponde a questa richiesta, non si tratta più di vocazione, ma di un semplice accompagnarsi fino alla morte
Santi o falliti. Non esistono vie di mezzo.
Antonio e Luisa
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