Contemplare per essere profeti dell’unità coniugale e familiare

Cari sposi e famiglie, iniziamo questo nuovo anno mettendoci in contemPlazione per essere PROFETI di unità e lo facciamo in comunione con tutti i cristiani che in questa settimana (18-25 gennaio) pregano per la fraternità universale, quel sogno di Dio che a noi è consegnato come “dono” da custodire e quale “compito” da realizzare. È un sogno diurno, delle prime luci dell’alba, quindi profetico e carico di speranza, che ha bisogno del contributo di ciascuno di noi, delle nostre Chiese e Comunità cristiane.

Ma chi più della coppia e della famiglia cristiana è portatore di quell’unità d’amore che scaturisce dallo sperimentare quotidianamente che il “collante” che unisce i suoi membri è il partecipare all’Amore di Dio, in Gesù, nello Spirito?

Prima di condividere il percorso che abbiamo tracciato per questa settimana, vogliamo ricorrere a significato etimologico del termine profeta che deriva dal latino tardo propheta cioè «preannunciare, predire». Nella Bibbia i termini con cui viene denominato il profeta sono molteplici, ne riportiamo alcuni: «chiamato»; «uomo di Dio»; «visionario»; il nuovo testamento ha adottato il vocabolo greco profètes, che contiene il verbo femí, «parlare», e la preposizione pró che rimanda a tre significati utili per definire la missione profetica: «in luogo di, davanti a, prima di». Decisivo è il primo significato: il profeta parla «in nome di Dio», ne è il portavoce presso gli uomini. Proprio per questa funzione, il profeta è uomo del presente e non l’indovino di un futuro ignoto, ed essendo coinvolto nella storia, nella società, nei drammi del suo tempo ne discerne il senso.

Sappiamo che con il Sacramento del Battesimo siamo diventati sacerdoti, re e profeti ma ci teniamo a contemplare che, come sposi, con il Sacramento del Matrimonio siamo diventati profeti dell’unità (non solo fisica ma anche spirituale) realizzata vivendo la distinzione uomo – donna. Partendo dal passo del Vangelo di Luca 10,27 “Ama il Signore Dio tuo […] e ama il prossimo tuo come te stesso”, scelto da un Gruppo ecumenico locale del Burkina Faso e coordinato a più voci dalla Comunità locale di Chemin Neuf come testo di riferimento (Lc 10,25-37) per la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani di quest’anno, abbiamo tratto dei brevi spunti da meditare ogni giorno in famiglia poiché siamo sempre più convinti che l’incontro con l’altro, cioè Dio e il prossimo (moglie, marito, figli) ci rende profeti, come ogni buon samaritano.

Maestro, che cosa devo fare per avere la vita eterna?” (Lc 10, 25)

La domanda cruciale posta a Gesù da un maestro della Legge interpella ogni credente in Dio e quindi anche ogni famiglia cristiana. Papa Francesco ci dice: “In famiglia, condividi tanti momenti indimenticabili: pasti, riposo, faccende domestiche, divertimento, preghiera, escursioni e pellegrinaggi, solidarietà con i bisognosi”. La famiglia è, quindi, il germe della vita eterna e, anche se alcune realtà esistenziali come la divisione, l’egoismo e la sofferenza spesso ci allontanano dalla ricerca di Dio, è proprio l’unità familiare che ci fa desiderare già qui e ora l’essere tutti insieme un giorno, uniti, alla Mensa del Signore.

Tutti i componenti della famiglia tenendosi per mano pregano: «Aiutaci, Signore, a vivere una vita familiare orientata a te»

Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze e con tutta la tua mente, e ama il prossimo tuo come te stesso” (Lc 10, 27)

La risposta che Gesù dà al maestro della Legge può sembrare semplice, in quanto tratta dai comandamenti di Dio. Tuttavia, amare Dio in questo modo e il prossimo come noi stessi è spesso difficile. In particolare, per i coniugi amare il prossimo vuol dire consegnarsi l’un l’altro nella concretezza quotidiana, con il corpo e con il cuore, disposti a perdere tutto pur di raggiungersi. Ad esempio, non possiamo limitarci a dire “Ma cosa vuoi di più? Ti ho dato lo stipendio!” ma invece dobbiamo imparare ad entrare nelle fragilità umane, affettive e spirituali del coniuge. Nella misura in cui si realizza questo esercizio permanente cresciamo nella capacità di amare l’altro come noi stessi.

I coniugi abbracciandosi pregano: «Aiutaci, Signore, ad amarci con lo stesso amore oblativo con cui Tu ami noi»

Chi è il mio prossimo?” (Lc 10, 29)

Il maestro della Legge tenta di giustificarsi, sperando che il prossimo che gli viene chiesto di amare sia qualcuno della sua stessa fede e del suo popolo; questo è un istinto umano naturale. Come famiglia, pensiamo ad esempio quando invitiamo qualcuno nella nostra casa, sono spesso persone che condividono la nostra posizione sociale, la nostra visione della vita e i nostri valori. Tuttavia Gesù consegna, soprattutto a noi sposi cristiani, il precetto di accogliere e amare tutti senza porre condizioni poiché siamo la “vera scultura vivente, capace di manifestare il Dio creatore e salvatore” (AL 11). Sicuramente viviamo tempi di insicurezza e paura che ci mettono di fronte a una realtà in cui le relazioni umane sono impregnate di sfiducia e incertezza. Ma oggi accogliamo la sfida che la parabola ci propone e cioè quella di chiederci come famiglia “di chi siamo prossimi noi”?

I coniugi aprendo la porta della loro casa pregano: «Signore, apri il nostro cuore a coloro che non vediamo»

Vide l’uomo ferito, passò dall’altra parte della strada e proseguì” (Lc 10, 31)

Il sacerdote e il levita che alla vista dell’uomo ferito passano dall’altra parte della strada possono aver avuto validi motivi religiosi per non prestare soccorso. Eppure, in molte occasioni, Gesù critica i capi religiosi per aver posto delle regole della religione davanti al dovere di fare sempre il bene. Ma noi all’interno delle nostre famiglie cristiane quanto siamo disposti a “prenderci cura, a sostenerci e a stimolarci vicendevolmente, per vivere tutto ciò come parte della nostra spiritualità familiare” (AL 321)? “È una profonda esperienza spirituale contemplare ogni persona cara con gli occhi di Dio e riconoscere Cristo in lei. Questo richiede una disponibilità gratuita che permetta di apprezzare la sua dignità. Si può essere pienamente presenti davanti all’altro se ci si dona senza un perché, dimenticando tutto quello che c’è intorno. Così la persona amata merita tutta l’attenzione” (AL 323). Questa parabola di Gesù ci sprona ad ampliare la nostra visione poiché il Buon Samaritano è spesso colui che non ci aspettiamo e che vive accanto a noi, dentro e fuori la nostra famiglia. Infatti, continua papa Francesco al n 324 di Amoris Laetitia “Quando la famiglia accoglie, e va incontro agli altri, specialmente ai poveri e agli abbandonati, è « simbolo, testimonianza, partecipazione della maternità della Chiesa»”.

I coniugi guardandosi negli occhi pregano: «Signore mantieni vigile il nostro sguardo affinché non ci voltiamo mai dall’altra parte, mentre percorriamo la strada della santità»

Gli andò vicino, versò olio e vino sulle sue ferite e gliele fasciò” (Lc 10, 34)

Il Buon Samaritano fece quello che poteva con le risorse a sua disposizione: versò vino e olio, bendò le ferite dell’uomo e lo pose sul suo asino; poi fece ancor di più, promettendo di pagare per le sue cure. È qui che si manifesta l’amore: il Buon Samaritano ha dato al ferito vino e olio, rinfrancandolo e dandogli speranza. Come genitori cosa possiamo offrire ai nostri figli nel loro cammino di crescita, in modo da poter fare la nostra parte nell’opera di Dio?

I figli pregano: «Dio nella tua paternità e maternità verso tutti, ti ringraziamo per tutte le volte che i nostri genitori ci hanno ridato la speranza di guardare avanti»

Lo caricò sul suo asino, lo portò a una locanda e fece tutto il possibile per aiutarlo” (Lc 10, 34)

L’uomo caduto nelle mani dei briganti fu accudito da un Samaritano. Il Samaritano vedeva oltre i pregiudizi o le preclusioni. Vide qualcuno che era nel bisogno e lo portò in una locanda. Nella società e ancor più nella famiglia, l’ospitalità e la solidarietà sono essenziali; accogliere l’altro ed essere accolti a nostra volta è al centro della dinamica relazionale. Come famiglie cristiane siamo chiamati a trasformare le nostre Piccole Chiese Domestiche in locande in cui ogni nostro prossimo possa trovare Cristo. Se sapremo andare oltre le chiusure e scegliere di praticare l’ospitalità saremo “famiglia prossima”.

Il papà pone fuori dall’ ingesso della casa un cartello con scritto: “In questa casa tutti sono i benvenuti

“Chi di questi tre si è comportato come prossimo?” (Lc 10, 36)

Al termine della parabola, Gesù chiede al maestro della Legge: “chi di questi si comportato come prossimo per quell’uomo?”. Il dottore della Legge risponde “quello che ha avuto compassione di lui”. La famiglia dovrebbe essere il laboratorio in cui si impara la compassione, cioè quella virtù necessaria per poter accrescere sempre più l’unità. Per esempio quando nelle nostre famiglie sorgono dei conflitti il primo atteggiamento da assumere è la compassione e non quello di “scagliare pietre” contro i nostri cari perché “L’amore comporta sempre un senso di profonda compassione, che porta ad accettare l’altro come parte di questo mondo, anche quando agisce in un modo diverso da quello che io avrei desiderato” (AL 92).

La mamma, fonte sicura di tenerezza e compassione, abbracciando uno ad uno gli altri componenti della famiglia prega: «Signore fa di lui/lei un germoglio di santità»

“Gesù gli disse: “Va’ e comportati allo stesso modo” (Lc 10, 37)

Con queste parole Gesù invia nel mondo ciascuno di noi, e ciascuna delle nostre famiglie, per mettere in pratica il comandamento dell’amore. Mossi dallo Spirito Santo, siamo inviati ad essere “altri Cristi”, ponendoci “in uscita” e raggiungendo l’umanità. “La famiglia non deve pensare sé stessa come un recinto chiamato a proteggersi dalla società. Non rimane ad aspettare, ma esce da sé nella ricerca solidale. Una coppia di sposi che sperimenta la forza dell’amore, sa che tale amore è chiamato a sanare le ferite degli abbandonati, a instaurare la cultura dell’incontro, a lottare per la giustizia. Dio ha affidato alla famiglia il progetto di rendere “domestico” il mondo, affinché tutti giungano a sentire ogni essere umano come un fratello” (AL 181, 183)

Tutti i componenti della famiglia si ritrovano sul balcone e alzando le mani verso il cielo pregano: «Signore, fa’ che la nostra unità familiare sia un segno del tuo Regno»

PREGHIERA QUOTIDIANA DELLA FAMIGLIA

Signore Gesù Cristo, mentre camminiamo con Te come profeti dell’unità familiare fa’ che non distogliamo il nostro sguardo dal mondo, ma lo manteniamo vigile. Fa’ che, mentre percorriamo le strade della vita familiare, come buon samaritani siamo capaci di fermarci a fasciare le reciproche ferite contemplando così che Tu sei presente anche in questa nostra locanda. Amen

Auguriamo a tutte le famiglie di essere profeti dell’Una Caro, innestati nell’Unico Corpo dello Sposo (Cristo) e della sua Sposa (Chiesa).

Daniela & Martino, Sposi Contemplativi dello Sposo

Un pensiero su &Idquo;Contemplare per essere profeti dell’unità coniugale e familiare

Lascia un commento