Sal 26 (27) Ascolta, Signore, la mia voce. Io grido: abbi pietà di me, rispondimi! Il mio cuore ripete il tuo invito: «Cercate il mio volto!». Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo. Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi, Dio della mia salvezza. Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.
Questo Salmo è un accorato appello al Signore affinché non respinga la richiesta di misericordia, la sua benevolenza riempie il cuore dell’uomo, e senza di essa l’uomo si sente solo.
Sappiamo quanto la solitudine sia una situazione esistenziale tra le più terribili, lo sanno bene quelli che lavorano in case di cura per anziani e/o per disabili, lo sanno bene i tanti figli che portano i propri genitori anziani (spesso vedovi) al centro diurno della zona, affinché essi non muoiano di solitudine. La solitudine fa più male di una malattia corporea, poiché se per quest’ultima la medicina ha trovato cure abbastanza efficaci, contro la solitudine la medicina non può nulla, non c’è rimedio scientifico che tenga; e spesso questa malattia spirituale viene somatizzata a tal punto che il corpo subisce più danno da essa che dalla malattia corporea, e le medicine risultano inefficaci.
Non è nostra intenzione rovinare la giornata a nessuno con queste riflessioni, ma si rendono necessarie poiché da come sono le relazioni tra noi possiamo intuire e comprendere un po’ meglio com’è la relazione con Dio.
A volte succede di litigare anche pesantemente col proprio coniuge, non si dovrebbe mai farlo ma le nostre fragilità spesso ci fanno cadere, e alla fine uno dei due mantiene il broncio per un po’ di tempo a mo’ di vendetta, per farla pagare all’altro, come a dire che il perdono forse arriverà ma se lo deve guadagnare con la penitenza. E quale penitenza? Volgiamo lo sguardo dall’altra parte, anche se la rabbia è già sbollita, ma giusto per non dargliela vinta rifiutiamo di incrociare il suo sguardo, che significa: “sono ancora arrabbiato con te“.
Quant’è brutto quando il nostro coniuge non vuole incrociare il nostro sguardo, è un atteggiamento che ci ferisce molto, perché comunica indifferenza, e l’indifferenza altrui ci fa provare solitudine.
Ecco perché il salmista supplica il Signore affinché non giri il suo volto dall’altra parte… come a dire: “Signore non essere ancora arrabbiato con me, guardami, incrocia il tuo sguardo con il mio“. Ma il Signore dà già la sua risposta : […]«Cercate il mio volto!».
Se ci dice di cercarlo è perché Lui non serba rancore come facciamo tra noi, Lui è sempre pronto al perdono, basta che veda uno spiraglio di pentimento nel nostro cuore, per Lui è già sufficiente. Cari sposi, l’invito di questa settimana è quello di dire al nostro coniuge: “cerca il mio volto, perché io ti ho già perdonato“.
Gli sposi nel Sacramento hanno una marcia in più, che è il Sacramento stesso. Quando il nostro amato, la nostra amata ne combina una delle sue, dovremmo dire: “io ti ho già perdonato, perchè il vincolo che ci lega è sacro, ed il Sacramento è molto di più del tuo errore“. Coraggio.
Giorgio e Valentina.