Sal 127 (128) Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie. Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene. La tua sposa come vite feconda nell’intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa. Ecco com’è benedetto l’uomo che teme il Signore. Ti benedica il Signore da Sion. Possa tu vedere il bene di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita!
Questo Salmo ci viene proposto nell’odierna Liturgia, nella quale il tema matrimoniale è prepotente. Oltre al già citato Salmo vi è la prima lettura, che è un brano di San Paolo tratto dal capitolo 5 della Lettera agli Efesini, che contiene la frase famosa: “Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!“.
Infine, il Vangelo secondo Luca contiene due immagini simili. Gesù usa queste immagini per descrivere il Regno di Dio. Queste sono il granellino di senape e il lievito nell’impasto di acqua e farina.
Senza fare una predica e rubare il mestiere ai sacerdoti vi condividiamo un aspetto che ci tocca da vicino. Il beato a cui si riferisce il Salmo è l’uomo maschio. Apparentemente potrebbe sembrare quindi una preghiera di stampo maschilista nel senso negativo del termine. Invece, ci rivela qualcosa di inaspettato.
Innanzitutto definisce lei come la sua sposa. Questo, di per sé, è come un titolo nobiliare. Per la mentalità dell’epoca, la donna era considerata benedetta da Dio solo se sposata con un buon marito (un brav’uomo) e se diventava madre. Restare senza figli era per una donna vergognoso. Era anche vergognoso essere zitella perchè nessuno la voleva. Era peggio ancora se veniva ripudiata dal marito. Quindi chiamarla “tua sposa” è renderle onore.
Secondariamente la definisce “vite feconda“. Si riferisce al fatto che l’uomo che teme il Signore e cammina nelle sue vie riceve da Lui una copiosa benedizione. La benedizione a cui si riferisce il salmista non è astratta. Al contrario, è molto concreta. È una benedizione sul profitto del proprio onesto lavoro, sulla felicità e sulla prosperità di beni, su una sposa feconda e su figli sani e forti. Insomma, la benedizione del Signore intesa dal popolo dell’Antico Testamento è qualcosa di concreto. Ha i piedi ben saldati in terra. È qualcosa che si vede e si tocca. Si vive quotidianamente.
Ma veniamo al nostro punto: la vite feconda. Sappiamo come Gesù abbia detto di se stesso di essere venuto non ad abolire l’Antico Testamento. È venuto per portarlo a compimento. Lui è qui per dargli nuova luce e nuove prospettive. Così gli conferisce significati più profondi e più incisivi. Ed è ciò che andiamo ora a scoprire nel profondo dell’espressione “vite feconda“.
Nella prima lettura S.Paolo ci ha detto che la sposa e lo sposo sono il segno l’uno di Cristo e l’altra della Chiesa. Ecco quindi che la sposa è chiamata ad essere segno della Chiesa per il suo sposo, e la Chiesa non è forse colei che ci ha generati in Cristo a vita nuova? Non è forse colei che ci ha resi figli di Dio?
La sposa quindi è chiamata ad essere continuamente il segno di colei che genera il marito a vita nuova, e continua a rigenerarlo nell’amore.
Così come la Chiesa continuamente ci richiama alla Verità e al Bene, similmente la sposa deve fare col suo sposo. La Chiesa ci richiama alla fonte Battesimale. Allo stesso modo, la sposa deve continuamente richiamare il marito alla fonte del loro amore. La Chiesa ci insegna a fare il bene e ad evitare il male. Lo fa con dolcezza, ma anche con chiarezza. Allo stesso modo, la sposa deve fare col suo sposo. Deve aiutarlo nelle scelte. Come la Chiesa ci vuole santi e ci santifica con i propri mezzi così la sposa deve aiutare il proprio sposo a diventare sempre più un maschio santo, deve far fiorire la sua mascolinità verso il Bene. Come la Chiesa non ci lascia mai soli nutrendoci con i sacramenti dalla nascita alla morte così la sposa non deve mai abbandonare il proprio sposo fino alla morte ma nutrirlo col suo amore tenero, dolce, accogliente e materno.
Coraggio spose, chiedete al Signore la Grazia sacramentale del matrimonio per vivere appieno la vostra femminilità sponsale.
Giorgio e Valentina.