La nostra scelta controcorrente e vincente

Luisa ed io abbiamo scelto la castità. Ciò significa che io ho fatto l’amore solo con lei e lei solo con me. Come raccontare questa scelta? L’abbiamo romanzata. La racconterà Giulia ma nella sua storia ci sarà tanto di noi e ne approfitteremo per dare dati scientifici e statistici reali. Mi chiamo Giulia (nome di fantasia) e ho scelto di aspettare il matrimonio prima di avere rapporti sessuali. È stata una decisione controcorrente, nata da un desiderio profondo di vivere l’amore in modo autentico e totale. Ricordo ancora le occhiate incredule di alcuni amici quando, da adolescente, confidai loro questa mia intenzione. In un’epoca in cui tutto sembra accadere in fretta, aspettare sembrava a molti un’assurdità. Eppure, dentro di me sentivo che la castità prematrimoniale non era una rinuncia sterile, ma un investimento su qualcosa di più grande.

Nei momenti difficili, mi sono chiesta spesso se stessi sbagliando tutto. Mi domandavo se aspettare avrebbe davvero fatto bene alla mia relazione futura, o se invece mi stessi privando inutilmente di esperienze che “tutti” ritenevano normali. In certe sere, il dubbio bussava prepotente: e se poi non fossimo compatibili? E se questa scelta costruisse muri invece di ponti? Non nego di aver provato un po’ di paura di fronte all’ignoto. Ma in fondo al cuore una voce mi ripeteva: “Se è vero amore, saprà attendere”. Oggi, dopo anni, posso dire che quella voce aveva ragione – e non lo dico solo per fede o idealismo, ma anche grazie a ciò che ho scoperto dalla scienza e dall’esperienza.

Il sostegno degli esperti: cosa dice la scienza?

Col tempo, ho cercato conferme esterne a ciò che intuivo. Con mia sorpresa, ho trovato sostegno nelle ricerche di psicologi e sessuologi. Uno studio condotto su 3750 persone dai ricercatori della Brigham Young University (Stati Uniti) – ateneo noto per le ricerche sulla famiglia – ha rilevato risultati sorprendenti. Chi arriva casto al matrimonio ha una probabilità maggiore del 200% (tre volte di più) di avere una relazione stabile e duratura, rispetto a chi ha avuto esperienze sessuali prematrimoniali. In pratica, i dati mostrano che la stabilità di coppia cresce enormemente con l’astinenza prematrimoniale. Non solo: tra coloro che avevano avuto un solo partner (il futuro coniuge), ben il 45% descriveva la propria vita matrimoniale come “molto soddisfacente”. Questa percentuale cala di circa un 6,5% per ogni partner sessuale aggiuntivo avuto prima delle nozze. Considerando che oggi in America una persona ha in media 6-7 partner prima di sposarsi, si capisce quanto accumulare esperienze possa erodere la futura soddisfazione.

Un altro aspetto che mi ha colpito è il legame con la soddisfazione sessuale nella vita coniugale. Contro il mito secondo cui “se aspetti poi il sesso sarà deludente”, lo stesso studio ha scoperto l’opposto: chi non ha avuto altri partner sperimenta una gratificazione sessuale doppia nel matrimonio rispetto a chi arriva da numerose esperienze. È come se la fiducia esclusiva e la scoperta reciproca rendessero l’intimità più intensa, libera da paragoni col passato o insicurezze. Questi dati smentiscono il luogo comune per cui bisognerebbe “provare” la compatibilità a letto prima di impegnarsi: non è così, e la ricerca lo conferma. L’intesa sessuale si può costruire nel tempo, su basi di amore, fiducia e comunicazione – elementi che, secondo i terapeuti, sono ben più determinanti di un’eventuale performance iniziale.

Non è solo uno studio a dirlo. Ricerche autorevoli in ambito psicologico hanno evidenziato tendenze simili. Un’analisi pubblicata sul Journal of Family Psychology ha confrontato coppie che avevano avuto rapporti fin da subito con coppie che avevano aspettato fino al matrimonio. I risultati? Chi aveva atteso fino alle nozze riportava una soddisfazione di relazione più alta del 20%, una comunicazione migliore del 12%, una minore propensione al divorzio (-22%) e persino una qualità della vita intima superiore del 15%. Insomma, sul lungo termine la scelta di aspettare sembrava premiare le coppie con maggiore armonia e solidità. Un altro studio sociologico, condotto su scala nazionale (USA), ha osservato che le persone con un solo partner sessuale in tutta la vita risultavano le più felici nel matrimonio: ad esempio, il 65% delle donne che avevano conosciuto intimamente solo il marito si dichiarava “molto felice” della propria unione, contro appena il 52% di quelle con svariati partner alle spalle. Come ha spiegato l’autore di quello studio, il sociologo Nicholas Wolfinger, avere pochi o nessun partner prematrimoniale si associa a matrimoni più felici indipendentemente dalla religiosità. È interessante notare che questi dati restano validi anche al netto di fattori come la fede religiosa: significa che i benefici della castità prematrimoniale non sono solo per chi è credente, ma valgono per tutti.

Leggere queste ricerche mi ha dato grande incoraggiamento. Immaginate la mia gioia nello scoprire che la scienza stava confermando ciò che avevo sempre sperato: ossia che aspettare fa bene alla coppia, alla qualità del rapporto e persino alla sfera fisica della relazione. Ho realizzato di non essere “strana” o sola, ma anzi in buona compagnia di esperti che sostengono, con dati alla mano, che la scelta della castità può contribuire a un amore più stabile e soddisfacente. Questa consapevolezza ha rafforzato la mia fiducia e mi ha aiutata a spiegare meglio la mia scelta anche a chi la metteva in dubbio.

La prospettiva della fede: un’alleata dell’amore

Sin da piccola la mia educazione cristiana mi aveva parlato del valore della castità. Da adolescente, devo ammettere che a volte consideravo questi insegnamenti come restrittivi; col tempo però ho iniziato a vederli sotto una luce diversa, più positiva. La fede descrive la castità non come una negazione dell’amore, ma come la sua “autentica alleata”, un modo per custodirlo e viverlo in pienezza (Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale). Queste parole, riprese anche da papa Francesco, mi hanno fatto capire che nell’attesa c’è un significato profondo: non si tratta di “reprimere” qualcosa, ma di orientare l’energia dell’amore verso il bene dell’altro, senza egoismi.

Ricordo di aver letto un giorno un documento della Chiesa che diceva: “La castità è energia spirituale che libera l’amore dall’egoismo e dall’aggressività” (pontificio consiglio per la famiglia, Sessualità umana: verità e significato, 16). Questa frase mi colpì al cuore. Pensai a quante volte, nelle relazioni moderne, il desiderio può diventare possesso, e il piacere fine a se stesso può far perdere di vista l’altro come persona. La castità, invece, educa il cuore alla pazienza, al rispetto e al dono sincero di sé. Imparare a moderare le proprie pulsioni significa imparare ad amare in maniera più libera e generosa, senza ridurre l’altro a oggetto di soddisfazione. Nella mia esperienza, pregare e affidarmi a questi ideali mi ha dato la forza nei momenti di debolezza e mi ha ricordato il perché della mia scelta: non paura del sesso, ma amore per una visione più grande del sesso stesso, inserito in una promessa di vita condivisa.

Non sono mancate le incomprensioni. Qualcuno ha insinuato che la religione mi “imponesse” questa strada. In realtà io mi sono sentita profondamente libera nella mia decisione, e anzi sostenuta dalle parole di guide spirituali che sottolineavano la bellezza dell’attesa. Papa Giovanni Paolo II, ad esempio, incoraggiava i giovani alla purezza con fiducia, affermando che solo imparando la padronanza di sé si può vivere l’amore vero come dono totale. E nelle omelie del mio padre spirituale sentivo spesso ripetere che “la castità prematrimoniale va riscoperta come un bene per la coppia”, mai come un tabù opprimente. Col tempo ho capito che, per me, fede e ragione andavano a braccetto: da un lato i dati concreti degli esperti, dall’altro la saggezza antica della mia tradizione religiosa, entrambi puntavano nella stessa direzione. Questo duplice appoggio mi ha dato una serenità incredibile nel proseguire.

Un esempio dalla letteratura: l’ideale della purezza

Nelle mie riflessioni, ho trovato conforto e ispirazione anche nella letteratura. Un esempio significativo si trova nel romanzo Ragione e Sentimento di Jane Austen. La protagonista, Elinor Dashwood, rappresenta la personificazione della “ragione” e dimostra come la pazienza e l’autocontrollo possano portare a una relazione solida e duratura. Nonostante le difficoltà e le delusioni, Elinor attende con compostezza e fiducia, e alla fine il suo amore viene ricambiato, premiando la sua costanza e integrità. Questo esempio letterario evidenzia come l’attesa e la moderazione possano rafforzare i legami affettivi, portando a un amore più maturo e consapevole.

Conclusione: verso un amore più autentico

Oggi, guardando indietro, sono felice di aver vissuto la castità prematrimoniale. Ho sposato l’uomo che amo – anche lui ha condiviso questa scelta con me – e posso dire che la nostra intesa, costruita prima sull’affetto e sul rispetto, ora fiorisce anche nella complicità. Non abbiamo termini di paragone se non noi stessi, e questo lungi dall’essere un limite, si sta rivelando una bellissima scoperta reciproca giorno dopo giorno. Ogni gesto intimo è nostro, esclusivo, carico di un significato che affonda le radici negli anni di attesa e di amore coltivato in altri modi.

Difendere il valore della castità prematrimoniale nella mia vita non è stato facile: ho dovuto spiegarmi, talvolta giustificarmi, e non sempre sono stata compresa. Ma rifarei questa scelta altre mille volte. Ho capito che aspettare non significa reprimere l’amore, significa dargli il tempo di maturare. Nel mio percorso ho sentito dire che “se ami davvero qualcuno, vuoi il suo bene, non solo il tuo piacere immediato”. E credo sia vero. Per noi, aspettare ha voluto dire imparare altri linguaggi dell’amore: il dialogo profondo, la tenerezza nei gesti semplici, la pazienza nelle difficoltà. Abbiamo costruito un’intimità emotiva e spirituale così forte che, quando è arrivato il momento di unirci anche nel corpo, ci siamo sentiti pronti a donarci completamente l’uno all’altra, senza paure né riserve.

Scrivo questa testimonianza personale con il cuore colmo di gratitudine. La castità prima del matrimonio è stata per me un cammino di crescita, una palestra di fiducia reciproca e di autodisciplina, che ci ha preparati ad affrontare insieme le sfide della vita matrimoniale. Le voci della scienza e quelle della fede, ciascuna a suo modo, mi hanno aiutata a tener duro e a capire il valore di quello che stavo facendo. E oggi, nel vivere un rapporto che considero felice e stabile, posso dire che ne è valsa la pena.

Se c’è una cosa che vorrei trasmettere a chi legge, è questa: non abbiate paura di andare controcorrente per qualcosa in cui credete. Nel mio caso era la castità prematrimoniale, per altri potrà essere altro. All’inizio ci si sente soli, ma poi scopri che non sei il solo a credere in certi valori profondi. E scopri, soprattutto, che quell’impegno sincero verso l’amore ti restituisce cento volte tanto in serenità, rispetto e complicità con la persona che hai accanto. Io l’ho vissuto sulla mia pelle. E, citando ancora quelle parole che mi hanno guidata, la castità è davvero un’alleata dell’amore, perché lo libera da tante paure e superficialità, aiutandoci a viverlo nella sua forma più pura e duratura. Con il senno di poi, non posso che dire: grazie a quella me stessa giovane che ha avuto il coraggio di scegliere una strada meno battuta. Quella strada mi ha portato dove desideravo: a un amore autentico, felice e fedele, che dura nel tempo. E di questo non posso che rendere testimonianza con gioia.

Antonio e Luisa

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