Ricordate dove ci siamo lasciati due settimane fa? Clicca qui per leggere quanto già pubblicato. La riflessione come sempre è tratta dal nostro libro Sposi sacerdoti dell’amore (Tau Editrice). È notte fonda. La Sposa del Cantico dorme, ma il suo cuore veglia inquieto. All’improvviso un bussare alla porta la desta: è l’Amato che chiama con tenerezza – “Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba…” (Ct 5,2). E lei? Oggi affrontiamo la risposta della Sulamita. Il cuore di lei sobbalza nel riconoscere la voce amata. Eppure la Sposa esita dietro la porta chiusa, impreparata e timorosa. Si attarda un istante di troppo prima di aprire, forse per pigrizia o insicurezza.
Mi sono alzata per aprire al mio dôdì e le mie mani stillavano mirra; fluiva mirra dalle mie dita sulla maniglia del chiavistello. Ho aperto al mio dôdì, ma l’amore mio se n’era andato, era scomparso. L’anima mia è venuta meno per la sua scomparsa. L’ho cercato, ma non l’ho trovato, l’ho chiamato, ma non mi ha risposto.
Quell’attimo è fatale. Dopo alcuni momenti di silenzio, l’Amato si allontana col cuore ferito. Quando finalmente lei si decide ad aprire, trova solo buio e silenzio: “Ho aperto all’amato mio, ma l’amato mio se n’era andato, era scomparso” (Ct 5,6). L’aria è intrisa del suo profumo, ma lui non c’è più. Questo è il dramma di un’occasione perduta. È un’esperienza che tante coppie conoscono: uno dei due “bussa” al cuore dell’altro – cercando affetto, dialogo, vicinanza – ma l’altro esita e rimane chiuso in se stesso. Bastano pochi istanti di indecisione e l’intimità si infrange: chi si è sentito rifiutato si ritrae, lasciando dietro di sé solo il rimpianto. Quante volte, per orgoglio o paura, non rispondiamo in tempo a chi amiamo, ritrovandoci poi con il rimorso di averlo lasciato andare?
Alzarsi, aprire, profumare: i simboli dell’amore
Il brano offre alcuni simboli evocativi che illuminano il significato profondo di questa dinamica amorosa:
- “Mi sono alzata” – La Sposa finalmente si alza per aprire (Ct 5,5). Questo verbo indica uno scatto di volontà: il superamento della comodità e dell’orgoglio per andare incontro all’altro. Nell’amore di coppia, ogni “alzarsi” rappresenta la scelta di amare attivamente, di mettersi in gioco. Solo così l’incontro può avvenire – restare fermi significa tenere chiusa la porta.
- Il chiavistello – La porta ha un chiavistello da sbloccare, simbolo delle barriere del cuore. Ognuno di noi ha “serrature” interiori: difese, paure, ferite passate che possono impedirci di aprirci completamente. L’Amato bussa e infila la mano nella fessura (Ct 5,4), ma sta alla Sposa aprire dall’interno. Allo stesso modo, nell’intimità nessuno può essere costretto ad aprirsi se non lo vuole: ci vuole fiducia e coraggio per togliere i propri lucchetti interiori e permettere all’altro di entrare.
- La mirra – “Le mie mani stillavano mirra” (Ct 5,5): aprendo, la Sposa si ritrova le dita bagnate di olio profumato. La mirra, essenza preziosa dal profumo intenso e dal gusto amaro, rappresenta l’impronta dell’amore. Anche se l’Amato è andato via, la sua fragranza persiste sulle mani di lei: ogni incontro autentico lascia un segno indelebile. Quella scia di profumo è dolce perché le ricorda la presenza amata, ma porta con sé anche l’amarezza del rimpianto per averla persa. L’amore vero impregna la vita come un aroma inconfondibile, e la sua assenza brucia come un profumo amaro.
Alla ricerca dell’Amato perduto
Di fronte all’assenza improvvisa, la Sposa non rimane ferma. “L’ho cercato, ma non l’ho trovato; l’ho chiamato, ma non mi ha risposto” (Ct 5,6). Con il cuore in gola, esce nella notte a cercare l’Amato perduto. È un gesto di coraggio e di umiltà al tempo stesso: riconosce il proprio errore e tenta di rimediare. Quante volte anche noi, quando ci rendiamo conto di aver deluso o allontanato chi amiamo, proviamo angoscia e ci mettiamo alla ricerca dell’altro per ricucire lo strappo! L’amore autentico possiede questa forza: spinge a rincorrersi a vicenda quando ci si è smarriti.
Certo, la fragilità umana fa sì che nelle relazioni ci siano inciampi, esitazioni e ferite reciproche. Ma la bellezza dell’amore sta anche nella capacità di rialzarsi e ritrovarsi. Nel Cantico, dopo la notte della separazione gli sposi si ricongiungono, e la Sposa proclama: “Io sono del mio amato e il mio amato è mio” (Ct 6,3). Allo stesso modo, ogni coppia che attraversa un periodo di distanza può, nel perdono e nell’abbraccio, riscoprire una rinnovata profondità di comunione.
In filigrana si può leggere in questa pagina anche un’allusione all’Amore divino: l’Amato che bussa richiama il Cristo che sta alla porta del cuore (cfr. Apocalisse 3,20), e la Sposa l’anima chiamata ad aprirgli. Sono risonanze spirituali che arricchiscono il testo, ma al centro rimane un messaggio universale: l’amore richiede attenzione e coraggio. Attenzione per accogliere subito chi ci ama quando bussa, senza dare l’altro per scontato. Coraggio per vincere la tentazione di chiuderci in noi stessi e, se necessario, raggiungere chi si è allontanato per ricucire la relazione. Così, nel vissuto quotidiano dell’amore sponsale, l’eco del Cantico risuona ancora: non temere di aprire la porta all’Amato. Solo nell’incontro sincero le mani torneranno a stillare mirra e il cuore si riempirà di quella fragranza che dà senso e bellezza al cammino d’amore.
Antonio e Luisa
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