Com’è dura, a volte, con lo studio dei figli …!

C’è un momento preciso, in ogni famiglia con figli in età scolastica, in cui la giornata sembra cambiare tono. È quando si rientra a casa e si apre l’argomento “compiti”. Bastano poche parole – «Hai studiato?», «Cosa hai da fare per domani?» – perché si inneschi una tensione sottile, a volte esplicita, a volte silenziosa ma comunque presente. È come se, dopo le fatiche di una giornata lavorativa, iniziasse un secondo turno: quello dell’affiancamento scolastico.

Eppure, nessun genitore parte con l’idea di diventare un insegnante a domicilio. Ma tra piani di studio, verifiche, lezioni online, recuperi e insufficienze, spesso si finisce per diventarlo. Alcuni si tuffano con entusiasmo, altri si sentono sopraffatti, altri ancora oscillano tra senso del dovere e frustrazione.

Perché, sì, con lo studio dei figli, a volte è davvero dura. Non è solo questione di compiti da correggere o spiegazioni da dare. Il vero peso emotivo arriva da tutto ciò che ruota attorno allo studio: la motivazione che manca, le distrazioni continue, i malumori, la stanchezza, le risposte brusche, la sensazione che tutto sia una lotta. Ogni giorno sembra un nuovo episodio dello stesso film: uno studente stanco e svogliato, un genitore preoccupato e insistente, e un dialogo che rischia spesso di trasformarsi in discussione.

Molti genitori confessano di sentirsi impotenti: c’è chi si arrabbia, chi si scoraggia, chi finisce per fare i compiti al posto del figlio pur di evitare il conflitto. Altri provano a motivare, incoraggiare, spiegare ma ricevono in cambio solo sbuffi e porte chiuse. Tutto questo si somma alla fatica quotidiana del lavoro, della casa, della gestione familiare. A volte si arriva alla sera esausti, con il dubbio di aver sbagliato tutto, o con il timore di non riuscire ad aiutare abbastanza.

La verità è che non è semplice accompagnare un figlio nel percorso scolastico, soprattutto in un tempo come il nostro, in cui le aspettative sono altissime e le distrazioni a portata di clic. I ragazzi faticano a concentrarsi, hanno mille sollecitazioni esterne, i social che si attraggono inesorabilmente. E i genitori, nel tentativo di sostenerli, spesso finiscono per litigare tra di loro, rispondersi male, rimpallarsi o rinfacciarsi chissà quali fantomatiche colpe e mancanze.

Eppure, anche nella fatica, c’è spazio per costruire qualcosa di prezioso. Perché se da un lato è vero che lo studio può diventare motivo di tensione, dall’altro può trasformarsi in un’opportunità di crescita reciproca. Non servono grandi gesti: a volte basta sedersi accanto, ascoltare senza giudicare, chiedere “cosa ti mette in difficoltà?” anziché dire “perché non studi?”. Piccoli cambiamenti nel tono, nella postura, nella pazienza.

Capire che ogni bambino ha i suoi tempi, le sue fragilità, i suoi punti di forza. Che l’errore non è una tragedia, ma una tappa. Che un brutto voto non definisce il valore di una persona. E soprattutto, che un genitore non deve essere perfetto, ma presente, con empatia e fiducia.

Molto spesso i ragazzi non cercano semplicemente spiegazioni di matematica, italiano o latino ma comprensione. Non vogliono sentirsi spinti ma sostenuti. Non hanno bisogno di genitori che sanno tutto ma di adulti che li ascoltano, che accettano i loro limiti e li accompagnano a superarli. Certamente, ci saranno ancora giornate faticose. Ore passate a spiegare la stessa cosa. Frasi come “non voglio studiare” o “tanto non ce la faccio”.

La differenza è se riusciamo a vedere oltre la fatica scopriamo che il tempo dedicato allo studio dei figli è anche tempo dedicato alla relazione con loro. Un tempo che educa entrambi: loro a imparare, noi ad accompagnare. E se la strada è in salita, almeno la si percorre insieme.

E allora nel giorno in cui la Chiesa fa memoria di San Giuseppe da Copertino – patrono degli studenti – il messaggio è: non scoraggiamoci! Tanti Santi hanno avuto difficoltà nello studio (pensiamo appunto a lui, a Giovanni Maria Vianney, a Bernadette) ma questo non ha precluso loro la via al Cielo. Insegniamo ai nostri figli a studiare ma anche ad affidarsi; a imparare ma anche a pregare; a impegnarsi ma anche a confidare in Colui che tutto conosce; a imparare qualcosa a memoria ma soprattutto ad essere riconoscenti a Dio per i doni che ha riversato su di noi.  “Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda; meravigliose sono le tue opere, le riconosce pienamente l’anima mia” (Sal 139). Perché nello studio è nascosto l’amore per il Signore. Trasmettiamo questo! Tutto il resto verrà da sé.

Fabrizia Perrachon

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