Il corpo nel matrimonio: un luogo sacro dove l’amore diventa visibile

In questo capitolo affronteremo l’udienza del 1 settembre. Il matrimonio cristiano riflette l’amore di Cristo per la Chiesa: un dono totale, che unisce corpo e spirito. Amare significa custodire, nutrire, far fiorire l’altro come se stessi. Potete rileggere i capitoli già pubblicati a questo link.

Cristo ha amato la Chiesa fino a dare la vita per lei. Non ha amato “a parole”, ma con tutto se stesso, corpo compreso. Così anche l’amore sponsale è chiamato a essere totale: un dono reciproco che coinvolge tutto, anche il corpo. Anzi, proprio il corpo diventa uno dei modi più concreti e visibili attraverso cui l’amore si manifesta.

San Paolo dice che Cristo ha voluto la Chiesa “senza macchia né ruga”, bella, giovane, splendente. Certo, usa un linguaggio simbolico: le rughe e le macchie non indicano solo l’aspetto fisico, ma soprattutto il peccato, la stanchezza del cuore, le ferite dell’anima. Eppure è interessante che usi proprio parole legate al corpo, alla bellezza, alla cura. Come a dire: l’amore vero si prende cura, desidera il bene dell’altro, lo custodisce e lo fa splendere, nel corpo e nell’anima.

Una sola carne: due persone, un amore

Nel matrimonio cristiano, l’uomo e la donna diventano “una sola carne”. Non vuol dire che perdono la loro individualità, ma che imparano a vivere in un’unità profonda, fatta di rispetto, comunione, desiderio del bene reciproco. Il corpo dell’altro non è “una cosa da usare” o “da pretendere”, ma un dono da accogliere e custodire. Per questo Paolo dice che “chi ama la propria moglie ama se stesso”. È un’espressione bellissima: l’altro diventa parte di te, come se il suo bene fosse il tuo bene, il suo corpo il tuo corpo, il suo dolore il tuo dolore.

Questa unità non è solo fisica: è morale, spirituale. È una comunione che nasce dall’amore e si rafforza nella vita quotidiana, fatta di piccoli gesti, attenzioni, perdoni, scelte condivise. È un’unione che si costruisce ogni giorno, anche nei momenti di fragilità, e che richiede cura, tempo e presenza.

L’amore vero fa fiorire l’altro

C’è un passaggio bellissimo in questo testo, che mi ha sempre toccato anche nella mia esperienza personale e nei tanti dialoghi con le coppie: lo sposo ama la sua sposa nella “creativa, amorosa inquietudine di trovare tutto ciò che di buono e di bello è in lei e che per lei desidera”.

L’amore vero non si accontenta, non si ferma all’apparenza, ma scava, cerca, fa emergere i talenti, custodisce la bellezza dell’altro. È come un giardiniere che, con pazienza e passione, aiuta i fiori a sbocciare. Non plasma l’altro a propria immagine, ma lo accompagna a diventare ciò che è davvero.

Questa è una chiave importante anche per capire se un rapporto è sano: se ti senti più te stesso, se puoi crescere, se puoi respirare, se puoi sbocciare. Se invece ti senti schiacciato, bloccato, annullato… forse l’amore ha bisogno di essere guarito.

Il corpo: sacramento dell’amore

L’ultima parte della lettera ritorna su un punto centrale: il corpo dell’altro va amato e curato come il proprio. Come nessuno odia il proprio corpo, ma lo nutre e lo protegge, così anche tra marito e moglie deve esserci questa premura reciproca. Non si tratta solo di attrazione o di piacere, ma di tenerezza, rispetto, responsabilità.

E qui entra un’altra dimensione profonda: quella del sacro. Il corpo dell’altro è un luogo sacro. Non perché sia perfetto, ma perché è abitato da Dio. È il luogo dove l’amore di Dio si rende visibile, dove la grazia del sacramento si incarna. Per questo nel matrimonio cristiano il corpo non è mai “banale” o “secondario”: è sacramento, segno visibile di un mistero invisibile.

Pensiamoci: nel corpo si esprime l’amore, si generano i figli, si condivide la vita, si portano le ferite e le gioie. Il corpo è tempio. Ecco perché il paragone con l’Eucaristia, che san Paolo sembra evocare parlando di “nutrire e curare”, è tutt’altro che forzato: anche lì, Cristo si dona nel corpo.

Questo testo della lettera agli Efesini è molto più che un’istruzione dottrinale: è una carezza alla nostra umanità. Ci ricorda che l’amore vero è quello che si dona, che si prende cura, che fa fiorire, che unisce senza possedere. È l’amore che rende visibile Cristo nel mondo, attraverso i corpi e i cuori di chi si ama davvero. E allora, ogni coppia è chiamata a far diventare la propria casa un’icona di questo amore: non perfetta, ma vera. Non senza difficoltà, ma piena di grazia. Perché, come Cristo ha amato la Chiesa, anche noi possiamo amare con tutto noi stessi — anche e soprattutto nel corpo, là dove l’amore si fa visibile.

Una liturgia silenziosa

Nel matrimonio, il corpo non è solo biologia, ma teologia viva. Quando tuo marito ti abbraccia dopo una giornata difficile, quando tua moglie si lascia accarezzare anche se è stanca, lì accade un mistero. Non solo gesto d’affetto: è sacramento. È Cristo che abbraccia la Chiesa. Il corpo dell’altro è luogo santo: non lo possiedo, lo custodisco. Anche le rughe, i chili in più, la stanchezza… tutto diventa sacro quando è attraversato dall’amore. “Chi ama la propria moglie ama se stesso”, dice san Paolo. Allora, quando nutri tuo marito con un piatto caldo, quando massaggi la schiena di tua moglie senza aspettarti nulla, stai vivendo una liturgia silenziosa. È lì che il Vangelo prende carne, ogni giorno. Il letto, la tavola, la casa… diventano altari. E il tuo corpo, offerto per amore, diventa Eucaristia.

Antonio e Luisa

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