Nei versetti che approfondiamo con questo capitolo per la prima volta in tutto il Cantico viene citato il Signore. Come a mettere la Sua firma. Siamo infatti verso la fine. E si parla di passione, di vampe di fuoco, di fiamma. Perchè così è l’amore di Dio. Clicca qui per leggere quanto già pubblicato. La riflessione come sempre è tratta dal nostro libro Sposi sacerdoti dell’amore (Tau Editrice).
L’amata: Tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma del Signore!
Queste parole arrivano quasi alla fine del Cantico dei Cantici. È come se, dopo un lungo cammino dentro il mistero dell’amore umano, la Scrittura decidesse di mostrare l’ultima verità: l’amore autentico non è tiepido, non è neutro, non è una via di mezzo. L’amore brucia. E brucia sul serio.
1. Amore e passione: non un sentimentalismo, ma una forza
Il testo non parla più semplicemente di “amore”, ma di “passione”. Alcuni esegeti rendono il termine con “gelosia ardente”, quasi a dire che l’amore vero non resta indifferente, non osserva da lontano. L’amore prende posizione. Sceglie. Rimane. La Bibbia non ha paura di usare immagini forti. Gesù stesso, nel libro dell’Apocalisse, dice:
«Poiché sei tiepido, e non sei né freddo né caldo,
sto per vomitarti dalla mia bocca.»
(Ap 3,16)
L’amore non tollera la tiepidezza. O scalda… o non è amore. E qui c’è una prima grande verità psicologica: il cuore umano è fatto per relazioni totali, non parziali. Chi ama “un po’” non ama: usa, controlla, trattiene. La persona, per essere viva, ha bisogno di un amore che coinvolga corpo, mente, emozioni, scelte, futuro. Per questo la Scrittura dice: «le sue vampe sono vampe di fuoco». Un fuoco che non distrugge, ma trasforma.
2. Il fuoco dello Spirito: la Trinità dentro l’amore umano
Non è un caso che la Bibbia associ l’amore al fuoco. Lo Spirito Santo, l’Amore tra il Padre e il Figlio, si manifesta come fiamma: «Apparvero loro lingue come di fuoco» (At 2,3). E quando Mosè incontra Dio, lo vede in un roveto che brucia senza consumarsi (Es 3,2). Il fuoco di Dio non distrugge: illumina, purifica, scalda, attira.
Allo stesso modo, l’amore tra gli sposi è chiamato a bruciare senza bruciare: a consumarsi senza consumare l’altro. Questo è un punto teologico meraviglioso: l’amore umano, quando è vissuto nella verità, partecipa dell’amore di Dio stesso.
Per questo, alla fine del Cantico, appare finalmente il nome di Dio: è come se il Signore mettesse la firma su tutto il poema. Tutto ciò che gli sposi si sono detti, cercati, scambiati — desiderio, abbracci, sguardi, baci, unione dei corpi — è via attraverso cui Dio stesso si rivela. Sì: l’amore umano parla di Dio.
3. Il matrimonio: un sacramento che passa attraverso i gesti quotidiani
Se guardiamo questo testo con uno sguardo psicologico, capiamo che l’amore non vive solo di emozioni. Vive di gesti concreti: cura, tenerezza, ascolto, verità, rispetto dei tempi dell’altro.
Quando un marito abbraccia sua moglie con dedizione, senza pretendere nulla, lì passa una scintilla del fuoco divino. Quando una moglie accoglie la vulnerabilità del marito senza giudicarlo, Dio si fa presente. Quando gli sposi vivono la loro intimità come dono, e non come ricerca di piacere egoistico, lì l’amore si fa fiamma che illumina tutto.
Ogni gesto di amore coniugale — psicologicamente sano (libero) e teologicamente vero — è gesto sacro. «Glorificate dunque Dio nel vostro corpo» (1Cor 6,20).Lo dice la Scrittura: non c’è niente di banale nel nostro corpo. Tutto è luogo di rivelazione.
4. L’intimità fisica: la fiamma che rende visibile Dio
Arriviamo a un punto spesso frainteso. Quanti dicono che la Chiesa è contraria al sesso! E quanti cristiani, al contrario, vivono l’unione fisica come una concessione, quasi un “male necessario” alla procreazione. In realtà, il Cantico e tutta la Bibbia raccontano l’opposto. L’unione fisica degli sposi è un sacramento vissuto nel corpo. È Eucaristia domestica. Non perché sia “santa” in modo puritano, ma perché è vera, concreta, carnale, ardente. Perché è un gesto di dono totale: io mi consegno a te, e tu a me.
Quando due sposi si uniscono con amore, libertà e verità, riattualizzano il sacramento del matrimonio. Rendono presente Dio nella loro carne. E psicologicamente? L’intimità vissuta così nutre i livelli più profondi della persona:
- il bisogno di appartenenza,
- il bisogno di intimità profonda
- il bisogno di sicurezza,
- il bisogno di fiducia,
- il bisogno di essere visti e scelti.
È un gesto che genera vita anche quando non genera un bambino: genera vita morale, vita emotiva, vita spirituale, vita relazionale. È per questo che la Chiesa chiama gli sposi “ministri del sacramento”: sono loro che lo celebrano, nella vita reale, nella casa, nella carne.
5. L’amore come via di salvezza
Il Cantico dice: «È una fiamma del Signore». Non è metafora. È teologia pura. L’amore degli sposi non è solo per loro. È luce nel mondo. È annuncio. È profezia.
Quando una coppia vive il proprio amore in modo autentico — tra dialoghi, incomprensioni, perdono, tenerezza, ripartenze — sta mostrando al mondo come ama Dio.
Sta compiendo una missione. Sta diventando sacramento vivente. E allora comprendiamo una cosa enorme: l’amore umano, vissuto bene, porta in sé la forza della salvezza.
Il figlio che nasce da un amplesso d’amore è una creatura che viene da Dio attraverso gli sposi. Il matrimonio non è solo simbolo della Trinità: è collaborazione con la Trinità.
Il roveto di Mosè arde senza consumarsi. Così è l’amore quando è vissuto nella verità. Non distrugge. Non brucia l’altro. Non annulla la libertà. Non svuota la persona. È un amore che arde e fa ardere. È una fiamma del Signore dentro la carne umana.
Ogni sposo e ogni sposa è chiamato a custodire questa fiamma, a ravvivarla, a celebrarla, a viverla con rispetto, con coraggio, con verità. Perché in quella fiamma passa Dio. Perché in quella fiamma si rivela il cielo. Perché quella fiamma — l’amore — è la via nella quale Lui ha deciso di farsi trovare.
Antonio e Luisa
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