Gelosia nuziale

Cari sposi, uno dei brani di musica classica che preferiva mio papà era il “Dies Irae” di Giuseppe Verdi, tratto dalla sua Messa da Requiem, composta in occasione della morte dell’amico Alessandro Manzoni. Chi l’ha ascoltata non può sobbalzare nell’udire la descrizione uditiva del Giorno del Giudizio Universale con immagini potenti, la tromba che risveglia i morti, la natura stupita e la resurrezione delle creature per rispondere al giudice, mentre il libro della vita svela ogni peccato e nulla resterà impunito.

Leggere la Liturgia odierna e in particolare il Vangelo ci riporta un po’ a questo clima drammatico di sapersi destinati a un giudizio che metterà in luce ogni momento e ogni atto della nostra vita. Ma la figura di Giovanni il Battista, con il suo tono sferzante e sfidante, può sembrare forse stridente con il clima un tanto “sdolcinato” del Natale.

È allora l’occasione per capire meglio cosa si intende per “ira di Dio”. Sappiamo che l’ira di Dio non va intesa come uno sfogo irrazionale e passionale di vendetta o collera emotiva, come ahimé accade a noi quando arriviamo al limite. Ricordiamo cosa dice il Catechismo al riguardo, cioè che Dio non è “adirato” come l’uomo, perché “attribuire a Dio emozioni come la collera non significa che Dio provi tali sentimenti, ma che la sua giustizia rifiuta il male” (CCC 370; cfr. CCC 211, 277).

Quindi l’ira va capita come una manifestazione della Sua santità e giustizia intrinseca in risposta al peccato di ogni persona. Se vedessimo un figlio piccolo azzannato da un cane, come sarebbe la nostra reazione? D’istinto, avremmo una risposta energica davanti a un pericolo imminente: tale è l’ira di Dio, cioè la Sua radicale ripugnanza e opposizione verso tutto ciò che è peccato e ingiustizia.

Ecco come Benedetto XVI chiarisce spesso il significato dell’“ira” biblica: l’ira di Dio è la reazione della sua santità contro il male… non è un sentimento, ma la giustizia che si oppone all’ingiustizia (Udienza generale, 9 maggio 2012). In questo senso, Giovanni Battista, rivolgendosi ai Farisei e Sadducei, li mette in guardia contro il Giudizio che Dio sta per eseguire, invitando a una pronta conversione e a frutti degni di penitenza per sfuggirvi (Mt 3,8).

È molto interessante notare che l’ira di Dio ha un legame con la gelosia di Dio nel vedere che il suo popolo si allontana dall’Alleanza. Tale è senso ultimo degli avvertimenti di Giovanni Battista, il quale, come tanti suoi predecessori, si pensi a Osea, Isaia, Geremia…, hanno utilizzato la metafora sponsale per far comprendere al popolo come la pensa e soprattutto cosa prova Dio nei confronti di Israele: Dio è lo Sposo che ama la Sposa, anche quando questa è infedele e si allontana da Lui. Il peccato della Sposa è causa di profonda “passione” e gelosia nel Cuore divino. In ciò consiste l’ira, come lo sforzo e la volontà di riconquistare ogni persona ad un rapporto di vero amore con Sé.

In questo senso cari sposi, vediamo così l’invito del Battista alla conversione. Non è l’ennesimo dovere che ci autoimponiamo in occasione dell’Avvento, della serie: “stavolta sì che miglioro la mia vita!”. Piuttosto è la naturale conseguenza del sentirmi amato, atteso, voluto, desiderato dallo Sposo Gesù.

L’Avvento per voi sposi può essere l’occasione per cogliere con un accento diverso e più intenso il modo concreto con cui Gesù vi ama e che sia proprio questo a smuovere la vostra volontà e lasciarsi trasformare da Lui. Il Signore è instancabile nell’attendere il nostro “sì”, come ci ricorda Papa Francesco:

E ricordiamoci ancora una cosa: con Gesù la possibilità di ricominciare c’è sempre: mai è troppo tardi, sempre c’è la possibilità di ricominciare. Abbiate coraggio, Lui è vicino a noi e questo è un tempo di conversione. Ognuno può pensare: “Ho questa situazione dentro, questo problema che mi fa vergognare…”. Ma Gesù è accanto a te, ricomincia, sempre c’è la possibilità di fare un passo in più. Egli ci aspetta e non si stanca mai di noi. Mai si stanca! E noi siamo noiosi, ma mai si stanca.

ANTONIO E LUISA

Le parole di don Luca ci ricordano, come sposi, che l’Avvento è un tempo prezioso per rimettere Gesù davvero al centro della nostra vita e del nostro matrimonio. È un invito a tornare alla sorgente, a custodire e approfondire non solo la relazione di coppia, ma prima ancora quella personale con il Signore. Perché solo da un amore ricevuto ogni giorno può nascere un amore donato senza fatica. Quando Cristo non è un dovere ma una presenza viva, anche il donarci l’uno all’altro smette di essere un peso e diventa risposta grata, gioiosa, libera al Suo amore che ci precede e ci sostiene.

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