Oggi la convivenza è diventata una scelta abbastanza comune. Ci ha scritto un giovane: “Contro il parere dei miei genitori, ho iniziato a convivere con una ragazza, che si definisce non credente. Entrambi lavoriamo e siamo economicamente autonomi. Per il momento non pensiamo al matrimonio. Ma sarei tanto contento se i miei approvassero la mia scelta.”
Tutti noi genitori, che abbiamo avuto la grazia di sperimentare i doni racchiusi nel sacramento del matrimonio, ci siamo resi conto, progressivamente, di come sia stato importante quel sacro patto nuziale. Non è facile accogliere la decisione dei nostri figli di convivere, soprattutto perchè desideriamo il meglio per loro, un rapporto affettivo stabile e duraturo che possa renderli felici. La convivenza, al contrario, è fondata sulla precarietà per cui ci si può lasciare con molta facilità, appena si ha l’impressione che si sia ridotta la passione. Questo non significa che il matrimonio metta al riparo da fallimenti; ma può aiutare più facilmente a trasformare l’innamoramento iniziale in amore, senza confonderlo col sentimento. Logicamente questo non avviene automaticamente e senza sforzo, senza l’aiuto e la condivisione con una comunità educante. Nonostante questa premessa, siamo chiamati a continuare il dialogo con i nostri figli, a raddoppiare il nostro amore, a dire con rispetto e delicatezza le nostre idee, affinchè, anche attraverso il nostro annuncio rispettoso, la voce di Dio si faccia strada nei loro cuori.
Ovviamente la scelta della convivenza, rispetto a relazioni occasionali, fluide, è comunque un’assunzione di nuove responsabilità, perché impegna a condividere con un’altra persona la propria vita in tutte le sue sfumature gioiose e tristi. Per diventare coppia, però, c’è la necessità di un progetto; è la progettualità sul futuro comune, la decisione del “per sempre” che può fare sperimentare la vera intimità a cui il nostro cuore aspira. Nel caso in cui uno dei due si definisce non credente, bisogna prima di tutto aiutarli a capire se c’è la possibilità di un progetto reale che soddisfi le esigenze di entrambi.
Quando comincia a nascere questa progettualità, allora la coppia dovrebbe avvertire, quasi spontaneamente, che l’amore, che esiste tra loro, non è solo un fatto privato e desiderare di renderlo pubblico col matrimonio. Abbiamo assistito a questo miracolo, anche nella nostra famiglia. E’ un momento meraviglioso quello in cui i due si dicono l’un l’altro: “vogliamo fare del nostro amore una cellula vitale che sappia donare un contributo prezioso a tutta la società e anche alla Chiesa, vogliamo, con l’aiuto di Dio che migliora quotidianamente le nostre fragilità, essere la testimonianza perenne della fedeltà di Dio per ogni uomo e donna della terra.“
Maria e Raimondo Scotto