Rubik. Tutto è connesso.

Si il titolo è quello del tema del Grest del nostro oratorio di questa estate che finalmente è arrivata. No tranquilli non vi parlerò della bellezza e della spensieratezza di questi giorni, ma bensì di una chiamata che ho ricevuto mentre ero lì. Ossia quella di Antonio che mi ha chiesto se avessi letto l’intervista rilasciata per la testata Repubblica da una coppia di sposi. Mi ha chiesto di guardarla e di scrivere un mio pensiero per il blog, visto che il tema ci tocca particolarmente. Ve la riassumo: Debora e Michele, una coppia di sposi cattolici, non riesce ad avere figli. Ne soffre e decide di rivolgersi alla pratica dell’utero in affitto. Come può una coppia cattolica solo pensare a questa pratica? Qui potete trovare l’intera intervista.

Come ho letto l’ articolo, insieme ad Andrea, per prima cosa onestamente ho telefonato a Maria Rachele Ruiu per farmi illuminare sulla parte legislativa, perché confesso di essere rimasta un po’ indietro sugli argomenti di cronaca politica di questi ultimi giorni. Se avete voglia potete leggere sulla bacheca Facebook di Maria Rachele le sue dichiarazioni in risposta a questa coppia. Ma veniamo a noi: leggendo l’ intervista di questa coppia di sposi, arrivati al traguardo dei 12 anni, di vita insieme mi ha colpito molto come abbiano sottolineato l’abbandono da parte delle istituzioni. Leggendo con attenzione le loro dichiarazioni ho scorto un sottotesto più profondo ossia la percezione di come ci sia stato un abbandono più profondo, sono stati soli anche nel loro percorso di coppia, è mancata la presenza di chi forse avrebbe dovuto accompagnarli nelle scelte di vita matrimoniale.

Perché dico ciò? Perché signori miei, se ci si sposa in chiesa è doveroso chiamare in causa il terzo inquilino del matrimonio ossia Lui. Che concretamente è rappresentato anche dalla comunità parrocchiale che ha accompagnato la coppia di fidanzati durante il corso prematrimoniale. Quando una coppia di sposi vive un dolore e viene lasciata sola accade questo. Che si rischia di percorrere il sentiero sbagliato. Questa coppia non solo viveva il dolore, perché non dimentichiamo che è anche un dolore fisico convivere con l’endometriosi al quarto stadio. Esistono malattie che appartengono alla categoria invisibili, dove già è difficilissimo trovare chi ti comprende. In più hanno dovuto sostenere l’aggravante di vivere il lutto del nido vuoto all’interno della coppia.

Il loro discernimento iniziale dove li ha condotti? All’adozione. Ottima scelta purché sia stata presa con la consapevolezza e l’accompagnamento adeguato. Ma per passare dall’adozione all’utero in affitto ce ne vuole. Qui emerge l’abbandono umano e spirituale di questa coppia. Quando una coppia crolla, esce dal sentiero e non è un problema solo di quella coppia, ne siamo tutti coinvolti perché siamo Chiesa. Ed essere Chiesa vuol dire farsi carico delle persone a prescindere da quale comunità si appartenga. Scrive molto giustamente Rachele Sagramoso (ostetrica, scrittrice e amica del blog): Proprio perché si pensa di vivere in un mondo che è ingiusto, si dovrebbe comprendere come l’imporre un’ulteriore ingiustizia su un innocente, sia un aggravamento del dolore, una prosecuzione del dramma dell’infertilità e della sterilità di una coppia. L’acquisizione di un figlio tramite fecondazione extracorporea non è la guarigione dalle proprie vite che si reputano ingiuste e dolorose. Tutte le vite umane sono fonte di sofferenza, ma l’approfittare della moderna scienza per possedere un figlio, non rende la vita meno densa di sofferenza. La realtà non può mutare a piacimento per la felicità di qualcuno, soprattutto se tale felicità può essere una disgrazia per altri.

Secondo me siamo ancora in tempo per poter aiutare questa giovane coppia di sposi a scoprire la loro vera vocazione. Ricordiamoci che il nemico numero uno di una coppia di sposi che si ama è sempre solo uno: il demonio. Sosteniamo questa coppia con la preghiera nell’attesa di riuscire a trovarli per parlarci dal vivo.

A presto Simona e Andrea.

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