Cari sposi,
ci troviamo oggi alla fine del cosiddetto “discorso missionario” che occupa il cap. 10 del Vangelo di Matteo. Difatti, in queste righe l’evangelista mostra Gesù che da un lato predica il regno di Dio e poi lo manifesta con i miracoli. Tutto bello sotto applausi scroscianti ma alla fine della fiera Gesù passa il testimone ai Dodici per continuare la sua opera, per annunciare il Vangelo, per compiere le opere della salvezza di Dio. E così ha inizio la missione della Chiesa, la nostra missione.
Quale senso di timore e smarrimento avrà colto gli apostoli! Da quel momento in poi avrebbero dovuto loro mettersi in prima linea e non più attaccati alla “gonna” del Maestro. Proprio per questo, il senso ultimo del brano odierno è limpido, quasi come un ritornello: “Non temete”. Sembra fare apposta il Signore a voler costituire la sua Chiesa sulle nostre povertà umane e spirituali, sulla provvisorietà, sul non attaccamento a dei beni materiali purché viva di pura fiducia in Lui. Se ci pensate, all’origine di tutte le nostre paure vi è un misero attaccamento alle nostre esigue sicurezze umane, invece di ergersi sulla Roccia della fede in Cristo.
Comunque, umanamente parlando, i Dodici non l’hanno avuta facile affatto. Nel vivere il Vangelo e nell’annunciarlo alle genti, i discepoli di Gesù hanno incontrato diffidenza, chiusura, ostilità e rifiuto. In queste situazioni la tentazione è tacere la speranza che portiamo nel cuore, restare silenti e nascondere la propria identità, magari fino a fuggire. D’altronde, i nostri veri nemici non stanno tanto fuori di noi ma appunto vengono da dentro, è la nostra poca fede, è quella sottile idolatria a cose materiali (lavoro, stipendio, salute…) o anche immateriali (cosa pensano gli altri di me…). Dobbiamo aver paura, invece, di perdere il senso della nostra vita, dobbiamo aver paura di perdere l’anima, che è la vita, l’anima è proprio la vita. E la nostra vita è lo Spirito Santo, è la vita dei figli di Dio, che fa amare i fratelli, questa è la vita da non perdere comunque.
A questo punto, se mai ci vedessimo un po’ persi, rincuora tanto leggere le parole di Gesù quando usa due verbi – «sarà rivelato» e «sarà conosciuto» – i quali, essendo due passivi teologici, significano che è Dio in persona a farsi garante che il Vangelo sia affermato e predicato. Per cui niente e nessuno potrà impedirne la diffusione, sebbene il Signore conti certamente su di noi.
Così, carissimi sposi, la prima paura da perdere è di essere testimone verso il coniuge e verso i figli perché sono i primi ambiti vitali. Ci possono essere tanti ostacoli come la diversità di percorsi di vita, la provenienza distinta in materia di fede, il senso di smarrimento che oggi più che mai un genitore sperimenta verso i figli. Ma anche qui Gesù vi dice: non temete! Io sono con voi. Lui ben conosce il timore di non venire capito e accettato, o magari un senso di colpa per non sentirsi all’altezza di testimoniarLo per sbagli ed errori del passato. Eppure, a Gesù importa l’adesso, l’oggi, il cosa farete d’ora in poi per Lui e quindi ben vale la pena ogni giorno ricominciare ad essere una piccola Chiesa domestica in cui cercate di mettere Gesù è al centro delle vostre vite. Sì, perché in fin dei conti, per tutte le volte che Gesù ci dice: “non temere e non abbiate paura”, in realtà sta affermando: “mi fido di voi, provateci ancora, io vi sto accanto”.
ANTONIO E LUISA
Il matrimonio è sacramento per la missione. Giovanni Paolo II ci ricorda in Familiaris Consortio che il matrimonio non è solo uno stato di vita e un dato di fatto, ma conferisce una missione. Benedetto XVI lo ha ribadito in diverse circostanze. Per questo il matrimonio viene celebrato all’interno di una Messa. Non è una questione privata tra due persone ma c’è una comunità che riconosce che quelle due persone hanno ricevuto un mandato. Mandato di essere immagine dell’amore di Cristo nella Chiesa. Padre Bardelli quando ci seguiva da fidanzati e poi da sposi ci ammoniva sempre su un punto: non andate in giro ad evangelizzare se non avete almeno un’esperienza di dieci anni di matrimonio. E’ inutile blaterare di qualcosa che non conoscete. Aveva ragione. Noi sposi non siamo dei predicatori. Almeno non tutti e non deve comunque essere la prima attività del nostro impegno nella Chiesa. Noi siamo prima di tutto sposi. E’ importante prendere coscienza di questo. Non dobbiamo fare, dire, presentare, ma dobbiamo essere. Essere sempre di più quella comunione di amore e di vita