Paura mai, è il titolo dell’ultima canzone di Ultimo, al primo ascolto ho pianto. Nicolò ha in comune con me il fatto che dice le cose senza nascondere ciò che il mondo non vede o fa finta di non osservare. Ho pianto perché nelle parole ho ritrovato alcune delle mie paure, alcuni dei miei limiti che sono riuscita a superare grazie alla Parola di Luca 5, 1-11. Sicuramente tutti sappiamo più o meno cosa narra Luca nel Vangelo, ma per chi magari non ascolta Ultimo, vi trascriverò alcuni passaggi del suo testo che riguardano da vicino ciò che abbiamo vissuto nella nostra casa durante il periodo della crisi, nata anche dalle paure.
Ho paura del silenzio in stanza di te che mi ami e non è più abbastanza. Chi non ha figli o li ha persi sa bene cosa si prova ad entrare in una stanza della propria abitazione e vivere quel silenzio assordante. Quel silenzio che è in grado di generare un caos nella nostra testa e nel nostro cuore. Quel silenzio che è in grado anche di sovrastare la voce di vostro marito o vostra moglie. Quel silenzio signori esiste e va attraversato, non si può scappare da quel silenzio ne tantomeno fare finta che non ci sia riempiendolo di altro. La vita matrimoniale non è Temptation island dove abbiamo Filippo davanti al falò che ci aiuta a parlare con nostro marito o moglie. Noi abbiamo molto di più, abbiamo il falò dell’Adorazione Eucaristica e del sacramento della Confessione. La paura del silenzio di una stanza vuota. La paura nel domandarsi specie di notte ce la farò a vivere un altro giorno senza mio figlio tra le braccia? Ce la farò a non sentire la sua voce, a non sfiorare i suoi lineamenti che per mesi ho visto in un ecografia?, queste sono solo le più comuni paure che vive una coppia di sposi che perde un figlio.
Non esiste un modo per definire un genitore che perde un figlio. Ma la paura esiste. La paura si vince perché Dio ha vinto per noi. Quella paura che si prova è essenziale, è necessaria, è vitale esternarla perché siamo umani, siamo della stessa carne di Colui che si è incarnato e morto per noi in croce. Tornate con il pensiero al Getsemani. Lui per primo aveva paura. Si sentiva solo e abbandonato. Non siamo mai soli ad attraversare il nostro buio. Solo entrando dentro noi stessi ritroveremo i nostri colori. Noi anche abbiamo avuto paura. Ma siamo qui. Abbiamo le stesse paure che canta Ultimo, la paura che un figlio magari per miracolo arrivi ma che io sia troppo vecchia.
A 45 anni una donna è più che cosciente dei propri limiti biologici. Sarebbe bello vivere aldila dei nostri limiti, ma alcuni limiti riconducibili alla creazione vanno rispettati. La paura in noi ha generato frutto. È stata come un seme quando viene interrato è al buio ma i germogli e i frutti spuntano proprio anche grazie al tunnel dell’oscurità. Così come la notte oscura dei pescatori che si sentono stanchi provati e sconfortati. Si sentono soli, abbandonati. Ma decidono alla fine di seguire i consigli di un falegname, ricordiamoci signori che Gesù era un falegname e proprio un falegname insegnò a pescare a dei pescatori. Si sono fidati di chi all’apparenza poteva essere inesperto. Hanno abbandonato nelle sue mani tutta la loro vita. Può bastare una semplice notte o una semplice occasione per incontrare Cristo nella nostra vita e vederla cambiare. Spesso si ha paura a lasciarsi andare ma bisogna osare. Osare sempre. Spesso quando ci contattate per chiederci consigli sul come abbiamo fatto, noi vi rispondiamo sempre e solo questo: osate. Tirate fuori quello che avete dentro. Approfittate di questo periodo per lavorare su voi stessi.
A presto Simona e Andrea. Vi aspettiamo sul nostro profilo Instagram @abramoesara_2020.