Il matrimonio secondo Pinocchio /14

Geppetto, che di tutto quel discorso arruffato aveva capito una cosa sola, cioè che il burattino sentiva morirsi dalla gran fame, tirò fuori di tasca tre pere, e porgendogliele, disse: – Queste tre pere erano per la mia colazione: ma io te le do volentieri. Mangiale, e buon pro ti faccia. – Se volete che le mangi, fatemi il piacere di sbucciarle. – Sbucciarle? – replicò Geppetto meravigliato. […] – Voi direte bene, – soggiunse Pinocchio, – ma io non mangerò mai una frutta, che non sia sbucciata. Le bucce non le posso soffrire.

Siamo di fronte ad un altro mistero del cuore dell’uomo: il Padre non fa in tempo ad usare misericordia che già avanziamo delle pretese. I nostri anziani erano soliti apostrofare “non sei mai contento” al ragazzo che avanzava sempre più pretese, ed in effetti siamo un po’ tutti così, ma proviamo a scavare un poco più a fondo per capirne meglio le dinamiche.

Ci sono molte scene di film in cui l’imperatore amministra la giustizia ed il suo giudizio è inappellabile, spesso il suddito aspetta con timore e riverenza la decisione, la maggior parte delle volte col viso a terra perché non degno nemmeno di guardare negli occhi il suo re; quando poi arriva la sentenza, il suddito si vede costretto a lodare la saggezza dell’imperatore nonostante possa risultare sconveniente per sé o per la propria famiglia; il suddito obbedirà senza se e senza ma.

Spesso riteniamo una scena simile come normale e in fin dei conti giusta -poiché al re spetta la dovuta riverenza ed il suddito deve rispettare ossequiosamente le leggi- ma quando il re non è un monarca terreno ma è il Re dei Re -cioè Dio- allora cambia tutto, ci sentiamo in diritto di replicare alla giusta sentenza o alla scelta fatta, e ci impuntiamo come Pinocchio che non vuole le bucce delle pere.

Le persone che usano l’arroganza come via per ottenere spesso sono persone che sono state trattate coi “guanti bianchi” fin dalla più tenera età; senza fare di queste righe un trattato di psicologia comportamentale né di pedagogia proviamo solo a mettere a fuoco alcune dinamiche familiari sperando di essere d’aiuto a tante coppie.

Qualche esempio di “figli unici” spesso tanto attesi e desiderati dai genitori:

  • unici dopo innumerevoli tentativi di gravidanza andati a vuoto
  • oppure sono i primi ma ahimè restano anche gli ultimi perché sopraggiunge una malattia che rende impossibile una nuova gravidanza
  • a volte succede invece che sono i secondi e ultimi dopo il fratellino-la sorellina abortito/a
  • altre volte ancora sono gli ultimi di sei figli ma hanno col quinto 10 anni di differenza e quindi sono arrivati quando la mamma pensava di essere quasi in menopausa

Come si può notare i casi sono svariati e sicuramente non li abbiamo menzionati tutti, ma non è così importante la casistica quanto invece vedere cosa abbiano in comune queste situazioni.

Nel primo caso sono visti come i figli del miracolo e quindi trattati alla stregua di un gioiello prezioso da mettere in cassaforte, con i genitori pronti a dar battaglia a chiunque osi anche solo sfiorarli, vengono protetti da tutto e da tutti, anche dalle sanissime esperienze di sbucciarsi le ginocchia o di prendersi una sonora sgridata dagli insegnanti.

Nel secondo caso sono un dono immenso -almeno sono percepiti come dono- e quindi i genitori confluiscono su quell’unica creatura tutto l’amore, l’affetto e le attenzioni che avrebbero voluto riversare sui loro 5 figli ipotetici del loro iniziale progetto, ma siccome dentro hanno tanto amore da dare non si accorgono che il troppo stroppia ed il rapporto si trasforma in ansietà assillante per il figlio.

Nel terzo caso invece i genitori vivono il mortifero dramma dell’aborto, esperienza che lascia dietro di sé tanta angoscia e senso di colpa che tormenta, per compensare questo vuoto compensano con un nuovo figlio che diventa quindi il figlio tappa-buchi.

Nel quarto caso i genitori sono troppo anziani e/o stanchi per sopportare la fatica dell’educare: le notti agitate o insonni, i pianti a squarciagola per un nonnulla, i primi no, ecc…

Il comune denominatore in tutti questi casi è che il figlio riceve troppe attenzioni, abituato com’è ad avere tutto e subito, cresce convinto che anche il mondo fuori casa funzioni così, ottiene qualsiasi cosa a qualunque costo -anche con l’arroganza- come quando da piccolo pestava i piedi o urlava a squarciagola finché non otteneva la soddisfazione del capriccio immediato.

Questi vissuti infantili sono un po’ alla base di alcuni atteggiamenti arroganti di molte persone, le quali si sentono sempre più onnipotenti fino a sfidare l’unico davvero Onnipotente. Naturalmente queste poche righe non hanno lo scopo di risolvere gravi situazioni ma le offriamo come un aiuto per capire da dove potrebbe partire la nostra presunzione; presunzione che si traduce in comportamenti malsani nella relazione col nostro coniuge, il quale poco a poco diventa il servo dei nostri capricci e non il destinatario del nostro amore.

Intanto il buon Geppetto saprà saggiamente aspettare che passi il capriccio del momento finché Pinocchio si faccia andar bene persino le bucce delle pere dapprima scartate con tanta sufficienza.

Cari sposi, stiamo attenti a come ci comportiamo col nostro coniuge, perché spesso quell’atteggiamento arrogante è sintomo di un cattivo rapporto col Padre. Un ultima considerazione: noi genitori siamo -anche dal punto di vista psicologico- la prima pallida icona, la prima forma vissuta di rapporto con Dio Padre -dal quale proviene ogni paternità quindi anche la nostra- perciò se noi abituiamo i figli ad avere tutto e subito, essi penseranno che anche il vero Genitore, il Padre celeste, sia uno da cui pretendere che ci tolga le bucce dalle pere! Chi ha orecchi per intendere…

Giorgio e Valentina.

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