Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 5,12-15b.17-19.20b-21) Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata anche la morte, poiché tutti hanno peccato, molto più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. […] Ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia. Di modo che, come regnò il peccato nella morte, così regni anche la grazia mediante la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.
Ci avviamo verso la fine dell’anno liturgico e pian piano le tematiche della Liturgia ci aiutano a fare un po’ di resoconto finale, ma per farlo bisogna riconsiderare le fondamenta; quando a fine anno un’azienda analizza il consuntivo non può solo guardare dei grafici con dei numeri, ma deve innanzitutto verificare se ha raggiunto gli obiettivi posti ad inizio anno, ed è con questo spirito che intendiamo affrontare questo brano paolino.
All’inizio dell’anno liturgico come ci siamo posti di fronte ad un nuovo anno di grazia? Ed ora che stiamo giungendo a grandi passi verso la sua fine possiamo dire di essere stati attenti a raccogliere tutte le grazie che il Cielo ci ha inviato o ne abbiamo scartate troppe a priori?
Innanzitutto è proprio lo stesso Paolo che ci ricorda le fondamenta che dovrebbero guidare ogni inizio di anno liturgico: la grazia di Dio viene riversata abbondantemente solo per i meriti di Gesù Cristo, non c’è un altro salvatore. Senza troppi giri di parole gli scritti paolini vanno dritti al punto, ribadendo, qualora ce ne fossimo dimenticati lungo il trascorrere dell’anno, che non ci salviamo per le nostre opere ma per la grazia del Signore -per precisione ci salviamo con le nostre opere, esse sono meritorie, ma non hanno l’ultima parola sulla nostra salvezza, altrimenti Gesù non sarebbe più il Salvatore ma lo sarebbero le sole nostre opere.
Incontriamo molti sposi impegnati come noi in attività pastorali di vario genere, parrocchiali e non, tra di essi sono molti quelli che fanno un cammino di fede serio e donano ad altri ciò che gratuitamente hanno ricevuto loro stessi per primi, ma ci sono anche coppie che riversano nella comunità ecclesiale tanto impegno ed energia che invece dovrebbe essere indirizzato prima all’interno della coppia.
Quando partecipano ad incontri o attività pastorali sono tutto un fermento, ma poi quando sono nell’intimità della propria relazione saltano fuori i veri problemi. Cari sposi, per risolvere i nostri problemi relazionali non dobbiamo illuderci che la soluzione arrivi riempiendo le nostre giornate di distrazioni: buttarsi a capofitto in un’attività pastorale può rivelarsi una distrazione anche se fatta di opere buone, queste opere buone faranno certamente del bene a chi le riceve ma se per la coppia si rivela una distrazione allora il gioco non vale la candela.
Naturalmente è sempre nobile, buono e lodevole compiere un gesto di solidarietà o di altruismo, di volontariato o di servizio -soprattutto quando è reso all’interno della Chiesa- ma per compiere alcune attività non serve chissà quale fede; al contrario, per esprimere la fede attraverso un’attività pastorale va da sé che la fede debba esserci, altrimenti esprimiamo noi stessi.
Prossimi alla fine di quest’anno liturgico dobbiamo chiederci se tutte le attività in cui siamo stati coinvolti sono state occasione per esprimere e testimoniare la nostra fede e l’amore di Dio nel nostro matrimonio, oppure se abbiamo nascosto la polvere sotto il tappeto.
La grazia di Dio si riversa abbondantemente, ma dobbiamo imparare a coglierla; una Grazia non colta è come un treno che è passato: non torna più indietro. Se Dio ce ne concede un’altra sarà appunto un’altra ma non quella; non abbiamo la certezza di vivere abbastanza da riceverne un’altra, tantomeno possiamo dirci sicuri di avere le disposizioni giuste per coglierla al momento opportuno, e men che meno siamo certi che -qualora il Signore si degni di donarcene un’altra- sia della medesima portata.
Per alcune coppie si può rivelare una grazia essere chiamati ad un servizio all’interno della propria realtà ecclesiale, potrebbe essere l’inizio di una conversione grazie a delle amicizie nuove ; per altri si può rivelare una grazia non ricevere proposte di servizio, forse perché il Signore sta dicendo a loro che hanno bisogno di aggiustare prima se stessi piuttosto che buttarsi a capofitto in un’attività così da perdere di vista la loro vocazione specifica del matrimonio.
Ma S. Paolo non ci lascia mai a bocca asciutta, infatti la frase finale è di grande conforto, perché ci ricorda che il Signore non si dà per vinto, le prova tutte per salvarci dalla morte eterna, addirittura ci assicura che l’abbondanza della grazia è inversamente proporzionale alla nostra condizione peccaminosa. Si sa che la matematica del Signore Gesù non corrisponde ai nostri canoni: dove c’è da dare, Lui dà senza misura, l’unica misura che usa Lui è dare senza misura.
Coraggio sposi carissimi, non lasciamoci scappare l’opportunità di cogliere grazia su grazia; mentre facciamo il consuntivo dell’anno trascorso, programmiamo l’anno a venire con il cuore aperto a non lasciarci scappare nessun treno. Ne va della nostra vocazione. P.S. : Chi ha bisogno di aiuto non abbia timore di farsi aiutare perché la Chiesa è una comunità di amici dove l’amicizia tra noi è basata sull’amicizia con Cristo Salvatore.
Giorgio e Valentina
Grazie
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