Vuoi amare? Prima impara ad ascoltare

Il Vangelo di ieri è bellissimo e ci offre la bussola per imparare ad amare. Vale per tutti! Ma forse noi sposi siamo coinvolti un po’ di più. Cosa abbiamo ascoltato ieri? Gesù risponde a un dottore della legge che gli domanda quale sia il comandamento più importante e afferma:

Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti.

Prima evidenza che salta subito all’occhio è l’ordine dei due comandamenti. Ne esiste un primo e un secondo. Questo significa, come abbiamo già scritto ieri, che il secondo diventa possibile solo quando si vive il primo. Solo amando Dio saremo capaci di amare il nostro coniuge. Solo se saremo ricchi dell’amore di Dio saremo capaci di amare il nostro prossimo più prossimo, con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza.

Gesù risponde citando l’inizio dello Shema‘Jisra’el. Questa preghiera è la professione di fede che ogni credente ebreo ripete tre volte al giorno. Questa preghiera parte da un verbo: Ascolta Israele! Perchè non possiamo conoscere se non ascoltiamo. Dio si racconta a noi attraverso la Sua Parola. Solo poi nascerà in noi il desiderio di conoscerlo ancora meglio e di intessere una vera relazione con Lui. Ma tutto parte dall’ascolto. Io con Luisa non ho avuto il colpo di fulmine. Si mi piaceva ma ciò che me l’ha fatta desiderare ardentemente è stato conoscerla. E più la conoscevo, più l’ascoltavo e più ne ero attratto e più volevo sapere di lei. Credo che con la fede sia la stessa cosa.

Tutto parte dall’ascolto. L’ascolto come incontro. Sentire la voce e con essa la presenza di un Dio che ti ama. Un Dio presente in  ogni momento della vita, un Dio pronto a farti sentire quanto sei prezioso e desiderato in ogni momento, anche quando tu stesso non pensi di meritare nulla, non credi di valere granché. Solo chi riesce a farsi ascolto, a sentire la presenza di Dio nella sua vita può riscoprire la sua fede. La fede non è altro che la nostra risposta all’amore di Dio. Dio si rivela, e all’uomo è data la grazia di accogliere e di conoscere Dio attraverso Cristo. Questa è la fede cristiana. Giovanni Paolo II definisce la fede non come un semplice fidarsi, ma come un aprire il cuore al dono che Dio ci fa di se stesso, del suo amore. La virtù della fede perfeziona la nostra capacità di accogliere la manifestazione di Dio e di percepire il suo amore misericordioso per noi.

Se la fede, ci aiuta a perfezionare l’accoglienza di Dio, la carità ci aiuta a perfezionare la nostra capacità di rispondere a quella autodonazione di Dio a noi. La fede è accoglienza, la carità invece è la donazione di noi stessi. Cosa accade quindi alla virtù della carità nel matrimonio? La carità fa degli sposi una cosa sola, si trasformano in dono l’uno per l’altra. La carità genera e perfeziona l’unità tra gli sposi. Come Dio in sè è uno e trino in virtù dell’amore, così si realizza in noi la capacità di generare e mostrare quell’unità d’amore divina. Attraverso la carità nel matrimonio, io sposo, se lo voglio e agisco quindi di conseguenza, posso donarmi e amare la mia sposa come l’ama Dio, nonostante tutte le mie miserie, debolezze, finitezze e fragilità, perchè è lo Spirito Santo che con la Grazia del matrimonio opera in me. Ma cosa significa amare la mia sposa e donarmi a lei come Dio? Come si dona Dio? Dio si dona per primo, è puro dono. Noi abbiamo la capacità, donataci dallo Spirito Santo, di perdonare per primi e sempre, di fare sempre il primo passo per la riconciliazione, senza curarci di avere o meno ragione. Dobbiamo uscire da noi stessi, dalle nostre rivendicazioni e ripicche e mettere l’altro al centro delle nostre preoccupazioni. Ci ho impiegato alcuni anni per capirlo, per tanto tempo ho fatto pagare alla mia sposa i torti subiti veri o presunti, con musi lunghi e indifferenza mantenuta ostinatamente per ore se non per giorni, aspettando le sue scuse. Questa non è carità ma soltanto orgoglio.  Come dice San Paolo la nostra deve invece essere una gara a chi si ama di più, a chi si perdona di più e per primo. Questa è la carità reciproca.

Altra caratteristica dell’amare di Dio è la gratuità. Dio ci ama senza voler nulla in cambio. Io facciamo lo stesso con la mia sposa? Oppure sono bravissimo a ricattarla sottilmente, a farle pesare ciò che faccio e continuamente paragono ciò che le do con quanto ricevo? Questa non è carità ma un baratto di affetto, di servizio, di “amore”. Dio non ci insegna ad amarci così e questa modalità di amare presto o tardi porterà a rancori e distanza tra gli sposi. La virtù della carità non solo ci abilita ad amarci per sempre ma sempre, anche quando l’altro è antipatico e non si rende amabile con il suo atteggiamento o le sue azioni. E’ difficile, non lo nego, anche io manco di carità innumerevoli volte verso la mia sposa, ma ora sono consapevole di questo e chiedo a Dio di donarmi la carità per superare le mie miserie e poter essere davvero dono gratuito per lei. Chiara Corbella chiedeva a Dio: Dammi la Grazia di vivere la Grazia

Ultima caratteristica dell’amore di Dio è la gioia. Dio si dona con gioia. Dio è felice di averci creato, si rallegra quasi stupendosi della meraviglia da lui creata: l’uomo. E’cosa molto buona. Anche noi dobbiamo essere capaci di amarci così. Guardarci sempre con quello sguardo meravigliato e riconoscente che è capace di cogliere la bellezza che genera in noi e nella nostra vita la presenza della persona amata. Riuscire a cogliere questa bellezza è il segreto per trovare la pace e la gioia di amare.

Antonio e Luisa

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