Ha parlato per mezzo dei profeti

Oggi vorrei focalizzare l’attenzione sulla nostra professione di fede che recitiamo ad ogni Messa. Si forse non sempre sotto questa forma ma poco importa. Non so voi ma io non avevo mai fatto caso ad un passaggio del testo. Rivolgendoci alla terza Persona della Trinità proclamiamo: Credo nello Spirito santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio È adorato e glorificato: e ha parlato per mezzo dei profeti.

Fino a domenica scorsa io ripetevo questa frase un po’ a pappagallo senza pensarci troppo. Quando leggevo la parola profeti pensavo subito ai profeti dell’Antico Testamento. Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele e a tutti gli altri. Ecco l’ultima volta ho avuto un pensiero diverso. Ho pensato: ma ora lo Spirito Santo non parla più? La risposta che mi sono dato è che i profeti siamo noi. Noi battezzati siamo chiamati a dare voce allo Spirito Santo. Sapete che l’ultimo dei profeti chiamati è stato Giovanni Battista? Sapete perché non ci sono stati più profeti dopo Gesù? Perché con la venuta di Gesù e con il battesimo non serve più una chiamata specifica e personale, siamo tutti profeti. Lo siamo noi e lo siete voi che leggete. Lo siamo in virtù del battesimo.

Comprendete ora come quella professione di fede ci interpelli direttamente. Non stiamo parlando di persone terze ma di noi! E noi sposi lo siamo in modo del tutto particolare. Vi diamo due spunti veloci sulla nostra profezia

Siamo profeti della vita intima di Dio. Dio è Trinità. La Trinità è una realtà troppo grande, avvicinabile solo con grande approssimazione, ma una cosa è certa: è una comunità di amore e di vita. Ecco l’analogia con la famiglia cristiana. Quando si dice che gli sposi sono icona della Trinità, si intende proprio questa analogia. Osservando una famiglia si vede (si dovrebbe) in filigrana Dio, o meglio, un riflesso di Dio, come una scintilla può essere immagine del Sole. Quindi noi sposi raccontiamo nel modo che abbiamo di amarci, di servirci e di prenderci cura l’uno dell’altra la vita intima di Dio. Così attraverso una carezza, un bacio, una parola di conforto mostriamo l’amore di Dio che si fa tenero. Ordinare la casa, alzarsi a prendere una bottiglia d’acqua in cucina durante la cena, alzarsi dal letto quando il bimbo piange sono gesti di servizio che diventano l’amore che si fa dono e cura. Non rispondere a una provocazione e al contrario comprendere che i modi sgarbati del marito o della moglie nascondono un malessere e rendersi ancora più amorevoli è l’amore che si fa misericordia e accoglienza. In una vita ordinaria possiamo rivelare la grandezza dell’amore di Dio e vivere il nostro rapporto secondo le modalità e le dinamiche della Trinità, trasformando la nostra vita in una epifania di Dio.

La seconda profezia di cui noi sposi siamo portatori è l’amore di Cristo per la sua Chiesa. È una realtà che possiamo comprendere solo in piccola parte, ma è nel progetto di Dio che noi sposi possiamo riprodurre, rendere attuale e visibile ciò che è accaduto sulla croce. Croce dove Gesù ha dato la sua vita, dove si è donato fino a versare il suo sangue e a sacrificare il suo corpo per la sua amata, la sua sposa: la Chiesa. Chiesa che comprende ognuno di noi singolarmente e tutta la comunità. Questa seconda profezia è davvero qualcosa di troppo grande, che ci fa sentire piccoli e ci fa tremare i polsi. Questo tipo di profezia a cui siamo chiamati e abilitati, resi capaci dallo Spirito, davvero si solleva dal piano terra e comincia ad andare verso l’alto, le vette divine dell’amore. Questo amore esigente, probabilmente, ci spaventa, perché sembra chiederci troppo, eppure se ci pensate bene, e magari lo avete sperimentato, è meraviglioso.Pensiamo subito a gesti eroici. Che ci sono. Come quello di Ettore che collabora con noi. Lui è stato lasciato dalla moglie che si è fatta una nuova vita ma continua a restare fedele perché è consapevole che Cristo è fedele ed è lì con lui in quel matrimonio che sembra morto e sepolto. E guardate che vive nella pace. Certo ha momenti di solitudine e sofferenza ma è una persona realizzata che rende fecondo quel matrimonio che sembra un fallimento donandosi ai fratelli e alle sorelle. Pensate tutte le estati va in montagna per fare animazione ai bambini mentre i genitori frequentano dei corsi per sposi. Sembra incredibile come non provi invidia ma desiderio di aiutarli. Oppure Anna che durante una chiacchierata ci disse di continuare a pregare per il marito che l’aveva lasciata e viveva con un’altra donna con cui aveva avuto due bambini. Ci disse queste testuali parole: Faccio fatica a stare una vita senza lui non posso immaginare una eternità senza di lui. Comunque fortunatamente non tutti siamo chiamati a questo. Non servono gesti eroici per vivere questo tipo di amore che dà la vita. Alla sera mi piace guardare mia moglie. Mi piace guardarla, perché è davvero bella nonostante la stanchezza che le si legge in volto. Una bellezza che mi commuove perché conosco la fatica che le costa dover fare tutto ciò che fa. Questo è l’amore di Gesù per la sua Chiesa. È come una candela che consumandosi fa luce e calore. Mi tornano in mente le parole del Papa che durante il suo viaggio in Messico espresse benissimo questo concetto dicendo: “Preferisco una famiglia con la faccia stanca per i sacrifici ai volti imbellettati che non sanno di tenerezza e compassione”. È esattamente così. La bellezza più assoluta e autentica è questa. La bellezza è essere capaci di non perdere la tenerezza e la compassione anche nella fatica di ogni giorno, anche negli impegni che sono così tanti che fatichi a ricordarli tutti.

Ora quando durante la Messa proclamerete la vostra fede ecco spero vi ricordiate anche che siete profeti e che lo Spirito Santo chiede proprio a voi di dare voce a Dio attraverso la vostra vita.

Antonio e Luisa

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