A breve la Chiesa celebrerà una festa importantissima: quella della Sacra Famiglia di Nazareth. Nel rito cattolico latino essa ricorre la domenica tra il Santo Natale e il Capodanno o – in assenza di una domenica entro queste date – il giorno 30 dicembre, proprio come in questo fine 2023.
La Sacra Famiglia è composta da Gesù, Maria e Giuseppe, il trio che mi piace definire la “Trinità fatta carne” in quanto chi, meglio di loro, può farci capire nel profondo il Dio Uno e Trino del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo? Se ci pensiamo bene, questa famiglia non è nata in modo facile, perfetto e lineare: è vero che Maria e Giuseppe erano promessi sposi ma è altrettanto vero che l’arrivo di Gesù ha scardinato completamente i loro piani e propositi umani. Sicuramente desideravano un figlio ma potevano, forse, immaginare che avrebbero avuto il Figlio? E tutte le umiliazioni, il “non c’è posto per voi”, le fughe, la povertà, le incomprensioni potevano forse neanche lentamente ipotizzarle?
Esaminare in dettaglio la Sacra Famiglia sarebbe un’impresa teologica di cui non sarei capace ma, nonostante questo, è importante concentrarci assieme su pochi elementi in grado, però, di aiutarci a meditare sul significato profondo di questa famiglia specialissima che non è una statuina con cui abbellire la casa quando piuttosto un modello vivo, vero e concreto da seguire.
La famiglia, nell’attuale società, è bersagliata delle più disparate forze che cercano in ogni modo di denigrarla, distruggerla, snaturarla ed infamarla; inutile dire che sono tentativi del tutto inutili perché “le porte degli inferi non prevarranno” (Mt 16, 18). Attualizzando questo concetto, persino Suor Lucia di Fatima, scrivendo al cardinale Carlo Caffarra, affermò: “Lo scontro finale tra il Signore e Satana sarà sulla famiglia e sul matrimonio”. Tutto questo deve convincerci dell’importanza della famiglia non tanto e non solo come istituzione sociale e culturale ma come insieme umano e spirituale voluto da Dio stesso e con uno scopo ben preciso: Gesù, Maria e Giuseppe – simbolo e compimento di tutte le mamme, i papà e i figli del mondo – non rappresentano solamente i vertici del triangolo della perfezione ma sono l’incarnazione stessa delle tre virtù teologali. In Gesù ha preso corpo la fede, intesa come abbandono incondizionato al Padre che spinge a compierne la volontà anche quando costa i sacrifici più grandi; in Maria la speranza, tradotta nella certezza incrollabile che Dio governa ogni azione della nostra vita, anche quelle che ci sembrano misteriose o incomprensibili; Giuseppe, infine, è la carità fatta a persona ossia la traduzione in carne ed ossa di cosa significhi amare il prossimo e metterlo al centro perché, così facendo, è il Signore che s’impara ad amare e a servire per primo.
Gesù, Maria e Giuseppe non devono farci dire “la mia famiglia non sarà mai come la loro” perché il Cielo non ce li ha mandati per scoraggiarci o intimorirci quanto piuttosto per spronarci e darci il coraggio di impegnare tutte le nostre energie, umane e spirituali, in qualcosa di bellissimo e di celestiale: il compimento, umile e tangibile, che l’amore di Dio per gli uomini non è un sogno ma una casa, non un’astrazione ma la concretezza delle nostre abitazioni. Nella famiglia tutto ha inizio e tutto ha fine; per questo – quando viene a mancare, per le più disparate ragioni – assistiamo al disfacimento della civiltà perché nella famiglia batte un cuore più grande dei singoli cuori umani che la compongono: il Cuore stesso di Dio, che si è fatto piccolo per rendere grande l’unione di uomo e donna che, perpetuata nei secoli, diventa umanità, quell’eredità “numerosa come le stelle del Cielo” (Gen 26, 4) promessa ad Abramo.
Nel buio e nel freddo dell’inverno, la Sacra Famiglia può davvero essere quella luce in grado di illuminare di buono e di bello queste giornate di vacanze natalizie e renderci capaci – ciascuno nel proprio piccolo – di fare dei nostri nuclei domestici altrettante famiglie rese sacre perché offerte a Loro, nelle gioie e nelle difficoltà quotidiane. Più che al Mulino Bianco, insomma, è a Gesù, Maria e Giuseppe che bisogna guardare, perché gli unici in grado di assicurarci non tanto e non solo il benessere materiale o economico quanto la solidità spirituale di avere un modello santo ma credibile al quale guardare con fede, speranza e carità.
Fabrizia Perrachon