Alcuni anni fa Luisa ed io abbiamo pubblicato un libro sul Cantico dei Cantici. Un libro che ci è piaciuto tantissimo scrivere perché la stesura del testo ci ha motivato a conoscere questo breve e bellissimo libro biblico. Abbiamo scoperto una profondità unica e una narrazione dell’amore umano che è attualissima anche oggi. Il libro non è più in stampa, visto l’elevato numero di pagine e il costo per produrlo. Abbiamo deciso quindi di pubblicare un capitolo ogni lunedì, perché è bello e perché non vogliamo disperdere un lavoro che ci è costato impegno, tempo e fatica, ma che ci ha dato molta soddisfazione.
Una meraviglia da recuperare
Potremmo azzardare una definizione della dimensione sacerdotale degli sposi: siamo sacerdoti dell’amore. Cerchiamo quindi di chiarirci le idee su cosa significhi amore e amare nella realtà cristiana. Sappiamo che questa parola è abusata e inflazionata e può acquisire significati molto soggettivi e diversi tra di loro. Per un cristiano non può essere così. Abbiamo visto come il gesto più alto di amore di Gesù, gesto sacerdotale, sia stato il suo dono totale sulla croce. Dono accolto dalla sua Chiesa, da ognuno di noi. L’amore è quindi: donarsi ed accogliersi reciproco di due persone, che determina un’unione profonda coinvolgente la totalità del loro essere, cioè cuore-anima-corpo, in modo diverso secondo la finalità del dono.1 Un coinvolgimento, però, che pur conservando sempre sia la dimensione del dono che quella dell’accoglienza, assume caratteristiche diverse a seconda del tipo di relazione di amore che si sta vivendo. Ovviamente un amore di amicizia è diverso da quello tra fidanzati, tra genitori e figli, tra sposi e così via. Sono diversi i gesti, le modalità e l’intensità. Questo è il significato oggettivo e naturale della parola amore. Tutte le diverse relazioni d’amore che possiamo intrecciare con altre persone mirano a rispondere al desiderio di socialità. Solo l’amore sponsale (nel quale inserisco anche la chiamata al sacerdozio o alla vita consacrata) risponde al desiderio di sessualità. La sessualità è un desiderio che richiede un’unione totale, fedele, feconda e indissolubile con una persona complementare e diversa da noi.
Dio ci ha donato un libro dove ci insegna ad essere sacerdoti, si fa maestro dell’amore sponsale. È il Cantico dei Cantici. Ecco perché questo Libro della Bibbia sarà la base delle nostre riflessioni, una volta terminata questa introduzione. Dobbiamo farci provocare e interrogare dal testo. Noi siamo a livello di quanto descritto? Viviamo quel tipo di amore naturale, anche erotico e carnale, che è la base dell’amore soprannaturale e della Grazia del nostro sacramento?
Non dobbiamo avere la presunzione di essere troppo spirituali. Spesso scappare nella spiritualità, nella preghiera e nella trascendenza nasconde una incapacità di farsi dono nel corpo. Non si può costruire una casa dal tetto. Bisogna partire dalle fondamenta e poi si potrà arrivare anche al tetto. Se l’amore naturale è il concetto che ho espresso sopra, cosa sarà l’amore dei figli di Dio? L’amore dei battezzati e dei consacrati nel matrimonio? È l’amore naturale perfezionato, aumentato e plasmato dal fuoco consacratorio dello Spirito Santo.2
Se non abbiamo consolidato, compreso e vissuto l’amore naturale, non esiste la base per l’azione dello Spirito Santo nella nostra unione sponsale. Dio ci rende capaci di amare come la Trinità. Gli sposi sono icona della Trinità. Certo, non siamo che una pallida immagine finita e imperfetta della Trinità. Possiamo però assumere lo stile di Dio, se ci impegniamo e ci abbandoniamo a Lui e al suo progetto su di noi. Noi, come genere umano, siamo stati creati per amare così. Siamo creati ad immagine di Dio.
Il peccato originale ha distrutto questa armonia creata che da soli non possiamo recuperare, ma che con la Grazia del sacramento possiamo rivivere nella nostra relazione sponsale.3 Il Cantico dei Cantici esprime pienamente l’amore delle origini, di cui noi abbiamo nostalgia e che possiamo riconquistare con il matrimonio. Il Cantico dei Cantici, secondo alcuni esegeti, è la prosecuzione della Genesi. Ricordiamo che Adamo, davanti ad Eva, esclama: Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta (Genesi 2,23). Non sappiamo la risposta di Eva. La possiamo però trovare nel Cantico dei Cantici dove ritroviamo quella meraviglia e quello stupore di Adamo. Meraviglia e stupore recuperati.4 Adesso stiamo davvero entrando in concetti meno astratti e più concreti. Stiamo entrando nella bellezza della nostra realtà di sposi che si esprime in un modo di amare, in atteggiamenti e gesti, che diventano non solo gesti d’amore, ma gesti sacerdotali.
Antonio e Luisa
- Da L’amore sponsale vita vera di Dio e degli uomini, Padre Raimondo Bardelli, Elledici. ↩︎
- Dio aumenta e infiamma il nostro amore umano e naturale con la Sua Grazia. La Grazia santificante è un amore creato in tutto simile a quello di Dio, che lo Spirito Santo effonde nei cuori degli sposi in proporzione all’apertura del loro cuore ad accoglierlo. (da L’amore sponsale vita vera di Dio e degli uomini, Padre Raimondo Bardelli, Elledici) ↩︎
- L’armonia nella quale essi erano posti, grazie alla giustizia originale, è distrutta; la padronanza delle facoltà spirituali dell’anima sul corpo è infranta; l’unione dell’uomo e della donna è sottoposta a tensioni; i loro rapporti saranno segnati dalla concupiscenza e dalla tendenza all’asservimento. (CCC 400) ↩︎
- Ma Gesù, nella sua riflessione sul matrimonio, ci rimanda a un’altra pagina del Libro della Genesi, il capitolo 2, dove appare un mirabile ritratto della coppia con dettagli luminosi. Ne scegliamo solo due. Il primo è l’inquietudine dell’uomo che cerca «un aiuto che gli corrisponda» (vv. 18.20), capace di risolvere quella solitudine che lo disturba e che non è placata dalla vicinanza degli animali e di tutto il creato. L’espressione originale ebraica ci rimanda a una relazione diretta, quasi “frontale” – gli occhi negli occhi – in un dialogo anche tacito, perché nell’amore i silenzi sono spesso più eloquenti delle parole. È l’incontro con un volto, un “tu” che riflette l’amore divino ed è «il primo dei beni, un aiuto adatto a lui e una colonna d’appoggio» (Sir 36,26), come dice un saggio biblico. O anche come esclamerà la sposa del Cantico dei Cantici in una stupenda professione d’amore e di donazione nella reciprocità: «Il mio amato è mio e io sono sua […] Io sono del mio amato e il mio amato è mio» (2,16; 6,3). (Esortazione Apostolica Amoris Laetitia di Papa Francesco n. 12) ↩︎