“La bottega dell’orefice” è un’opera teatrale scritta da Karol Wojtyła, il futuro San Giovanni Paolo II, nel 1960. Il dramma, diviso in tre atti, esplora temi centrali come l’amore, il matrimonio, e il significato profondo del legame coniugale. Quest’opera anticipa alcuni dei concetti teologici che Giovanni Paolo II svilupperà più tardi nella sua “Teologia del corpo”, un corpus di catechesi pronunciate durante i suoi mercoledì generali dal 1979 al 1984. Ecco come l’opera precorre la teologia del futuro Papa:
1. La centralità dell’amore sponsale
Gli anelli che ci ha dato l’orefice non sono solo per noi, ma per Lui. Insieme dobbiamo cercare di capire che cosa ci ha chiamato a vivere attraverso questo vincolo.
Nel dramma, Karol analizza la relazione tra uomo e donna, concentrandosi sull’importanza del matrimonio come sacramento e come vocazione all’amore. Questo amore è visto non solo come un sentimento ma come una responsabilità e un impegno reciproco che riflette l’amore di Dio per l’umanità. Nello stesso periodo è uscito Amore e responsabilità, un trattato filosofico del futuro papa. Un libro che è una riflessione profonda sulla sessualità umana, l’amore e la moralità. Ciò evidenzia come il tema fosse già molto caro al santo polacco.
Nella Teologia del corpo, Giovanni Paolo II descriverà il matrimonio come un’immagine visibile dell’amore trinitario e dell’alleanza tra Cristo e la Chiesa. Entrambi i testi, dunque, si concentrano sulla sacralità del matrimonio e sul ruolo fondamentale che l’amore gioca nel realizzarsi del disegno divino.
2. La dignità della persona e il dono di sé
Il matrimonio è un grande sacramento… ma non tutti sanno vivere questa realtà. Si perde la vera essenza, quella che va al di là delle emozioni e del momento.
Ne La bottega dell’orefice, i protagonisti affrontano il mistero del “dono di sé”, centrale alla loro vocazione matrimoniale. La dimensione sacramentale del matrimonio è vista come il luogo privilegiato per la realizzazione del vero significato dell’esistenza umana: donarsi all’altro in modo totale, libero e disinteressato.
La Teologia del corpo approfondisce ulteriormente questa idea, dove Giovanni Paolo II sostiene che il corpo umano è “un sacramento visibile”, espressione del dono di sé che rispecchia il dono che Dio ha fatto all’umanità. Il matrimonio, quindi, è una partecipazione a questa dinamica di dono e reciprocità.
3. L’indissolubilità del matrimonio
Le nostre mani sembrano stringersi sugli anelli, come se non riuscissero a staccarsi, come se qualcuno in qualche modo ci costringesse a mantenerli.
Un altro tema centrale de La bottega dell’orefice è la riflessione sull’indissolubilità del matrimonio. Il personaggio principale, Stefano, riflette sulla “misura dell’amore” e come essa non possa essere ridotta al solo sentimento, ma implichi una fedeltà che va oltre le emozioni del momento.
Questo punto si collega direttamente con gli insegnamenti della Teologia del corpo, dove Giovanni Paolo II insiste sull’indissolubilità del matrimonio come parte del disegno originario di Dio. Il matrimonio è un patto sacro che non può essere sciolto, se non nella morte, poiché rappresenta l’unione stessa di Cristo con la Chiesa.
4. La sofferenza e il sacrificio nell’amore
Solo attraverso la sofferenza possiamo capire il significato della fedeltà. Non è facile, ma il matrimonio non è stato creato per essere facile, bensì per renderci completi, nell’amore e nel dolore.
Nel dramma, Wojtyła mette in scena anche il ruolo della sofferenza all’interno del matrimonio. I personaggi affrontano le difficoltà e i sacrifici che inevitabilmente fanno parte della vita coniugale, ma Wojtyła suggerisce che proprio attraverso queste prove il loro amore può essere purificato e reso più profondo.
Anche nella Teologia del corpo, Giovanni Paolo II riconosce il valore redentivo della sofferenza quando è vissuta nell’amore. Il sacrificio personale diventa un mezzo per crescere nella santità e nell’amore reciproco, partecipando alla croce di Cristo.
5. La dimensione escatologica dell’amore
Andrea: E se il nostro amore non fosse solo per ora? Se fosse destinato a durare, anche quando noi non ci saremo più?
Teresa: È difficile immaginarlo… Ma forse è proprio così. Il nostro amore, la nostra fedeltà, è parte di qualcosa di più grande di noi. Non finisce con la nostra vita qui. Deve avere un senso più ampio.
Nell’ultimo atto de La bottega dell’orefice, Wojtyła introduce un tema di trascendenza: il matrimonio non si esaurisce nel presente terreno, ma ha una dimensione escatologica, che punta verso l’eternità. L’amore coniugale, nel suo compimento, è un’anticipazione dell’unione perfetta con Dio.
Giovanni Paolo II svilupperà questa visione nella Teologia del corpo, affermando che il significato ultimo del corpo e del matrimonio si realizza pienamente solo nella vita eterna, dove saremo uniti in modo definitivo a Dio.
6. La libertà e la responsabilità
Andrea: Abbiamo scelto liberamente di sposarci, nessuno ci ha costretto. Ma ora vedo che quella scelta, così semplice allora, porta con sé un peso enorme. Ogni giorno dobbiamo riconfermare quella scelta, ogni giorno dobbiamo essere pronti a viverla pienamente.
Teresa: Sì, non è mai stato facile, ma la nostra libertà di scegliere porta con sé una responsabilità che dobbiamo affrontare insieme. Siamo noi a dover decidere ogni giorno di restare fedeli a quel ‘sì’.
La bottega dell’orefice sottolinea la libertà della scelta nel matrimonio, ma anche la responsabilità che essa comporta. Ogni atto di amore è un atto di volontà che ha delle conseguenze sul futuro della coppia e sul loro cammino verso Dio.
Nella Teologia del corpo, Giovanni Paolo II ribadisce che la libertà umana non è un fine in sé, ma è orientata alla verità e al bene. La vera libertà si trova nel dono di sé, e il matrimonio è l’ambito in cui questa libertà si realizza nel modo più pieno e autentico.
Conclusione
La bottega dell’orefice precorre la Teologia del corpo nel suo sguardo profondo sul significato del matrimonio e dell’amore umano, intesi come partecipazione al piano salvifico di Dio. Karol Wojtyła già in questa sua opera teatrale affronta temi che svilupperà ampiamente nel suo pontificato, offrendo una riflessione che unisce filosofia, teologia e spiritualità, invitando i lettori a considerare il matrimonio non solo come una realtà terrena, ma come un segno del mistero divino.
Antonio e Luisa
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È veramente una grande responsabilità che, molte volte, mi sembra di portare io da sola.
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