Nelle ultime settimane mi sono trovata, con mio figlio, a ripassare regole, definizioni e proprietà delle quattro operazioni matematiche. Quando siamo arrivati alla sottrazione, il termine differenza ha attirato la mia attenzione. Lo utilizziamo moltissimo nella vita quotidiana, in espressioni come “Che differenza c’è/fa?”, “Non capisco che differenza fa”, “Vogliamo fare la differenza”, “Non c’è alcuna differenza”, “A differenza di”, “La differenza tra te e me”, “Per me non fa differenza”, “C’è una bella differenza tra”, ecc …
Ma allora questa differenza, è solo il risultato di una sottrazione di qualcuno da qualcuno, di qualcuno da qualcosa o di qualcosa da qualcos’altro? È sempre e solo sinonimo del termine matematico “resto”? Oppure può essere qualcosa di più?
Sono convinta che la differenza, del e nel matrimonio, sia molto di più che il semplice risultato di un’espressione o di un’equazione. Nell’unione sponsale la differenza la fa il sacramento.
Non il semplice patto tra persone, quasi fosse un accordo esclusivamente economico, materiale e di comodo. È l’alleanza tra un uomo, una donna e Dio, tra un “noi” e “Lui”, tra “noi” e “Te”. Dove il “noi” non è semplicemente un “io+io” o un “tu+tu” ma un mistero di unione fisica e spirituale che riceve una benedizione enorme, duratura, forte. La differenza è Cristo!
La differenza è che “Non è bene che l’uomo sia solo” (Gn 2, 18). La differenza è che “voglio fargli un aiuto che gli corrisponda” (Gn 2, 18). La differenza è che io senza di te sono meno che io con te. La differenza è che insieme siamo più che “1+1”, siamo una potenza, una potenza non solo matematica ma di cuore, di corpo, di anima. La differenza è che un uomo e una donna diventano l’immagine dell’amore di Dio.
Differenza che senza la benedizione del sacramento troppe volte si sgretola, si spezza, si deteriora, si consuma. Insinuando dubbi che il matrimonio sia realmente una cosa bella, che vale la pena fare o per il quale vale la pena lottare. Rompendo le speranze di quanti ci credevano. Ferendo il cuore, non solo umano ma anche quello divino.
Certo, potrete obiettare, anche sposi cristiani di dividono. Purtroppo accade, non possiamo negarlo. Ma siamo pienamente consapevoli di che cosa significhi “sposarsi in Chiesa”? Lo facciamo per convenzione sociale, per assecondare qualcuno o perché siamo autenticamente liberi e consapevoli della scelta? Sappiamo che senza la nostra partecipazione la Grazia non compie il miracolo? Sappiamo che senza la fede quella benedizione, non accolta nell’intimo, non può fare ciò che non facciamo noi? Come affermava Sant’Agostino: “Dio, che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te “(Sermo CLXIX, 13).
Siamo, dunque, ancora convinti che “Non c’è alcuna differenza” tra un’unione esclusivamente umana ed una arricchita, abbellita, adornata dal divino? Davvero ci poniamo ancora la domanda “Che differenza c’è/fa?” tra un matrimonio civile e uno religioso? Siamo ancora del parere che “Per me non fa differenza”, basta che due persone si vogliano bene? Altrettanto, sappiamo essere misericordiosi e non giudicare, affermando che “La differenza tra te e me” è che siamo sposati in chiesa e voi no? Oppure che “A differenza di” io sono bello e bravo e tu sei brutto e cattivo? Non possiamo promuovere la Verità accantonando la carità.
Un caro amico sacerdote me lo ha ripetuto più volte che nel dire la verità del Vangelo bisogna sempre usare modalità adeguate e un atteggiamento mite e cordiale perché non sempre siamo pronti ad accogliere la verità nuda e cruda. E sbatterla in faccia provocherebbe l’effetto contrario. Questo non significa che dobbiamo tradire, sovvertire o travisare la Parola ma diffonderla con dolcezza perché “uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli” (Mt 23, 8).
Il più delle volte è l’esempio a dire più di mille parole. Quasi sempre fa più la testimonianza di tanti discorsi. Non solo perché “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” ma perché il Vangelo fatto carne tocca veramente i cuori. Anche quelli più induriti. Come magistralmente ha scritto San Paolo: “Infatti non c’è differenza, perché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù” (Rm 3, 22-24). La differenza, ben prima e ben più di noi, la fa il Signore. Noi possiamo farla se, e solo se, rimaniamo in Lui e noi il Lui. Il noi sponsale, il noi più grande, il noi più bello!
Fabrizia Perrachon