Cari sposi, dopo che Gesù ha iniziato il suo ministero pubblico, eccoci oggi dinanzi alla sua prima mossa. Pensiamo a noi, non appena abbiamo raggiunto una meta (laurea, assunzione ad un posto di lavoro, nuovo incarico…), di certo ci siamo sentiti pieni di entusiasmo, con la voglia di “iniziare con il botto”.
Ma oggi Gesù non ha nessun tipo di pretesa del genere. L’unica cosa che fa è partecipare tranquillamente ad un matrimonio a cui era stato invitato, forse un parente di Maria o di Giuseppe. E di fatto il “miracolo” non è stato per nulla appariscente, come altre volte ma è stato compiuto dai servi, dietro all’iniziativa di Maria che ha fatto anticipare l’inizio della “ora” di Gesù. È altamente probabile che molti, a quella festa, manco si accorsero del “cambio di vino”.
Eppure, questa prima manifestazione di Gesù rimane la pietra angolare della sua missione. Al di là dell’apparente normalità dei fatti – una delle tante feste di matrimonio – sta accadendo un fatto straordinario, descritto così dal Catechismo: “La Chiesa attribuisce una grande importanza alla presenza di Gesù alle nozze di Cana. Vi riconosce la conferma della bontà del matrimonio e l’annuncio che ormai esso sarà un segno efficace della presenza di Cristo” (1613).
Mi piace essere ancora più esplicito e donarvi un passaggio di un grande teologo italiano che ha contemplato e approfondito la bellezza del matrimonio cristiano:
“Ci troviamo quindi davanti ad un mistero: sta per cominciare la nuova alleanza. Ed essa inizia in un contesto nuziale. Pare possibile che Cristo abbia deciso di dare il primo segno in un contesto nuziale a caso? Oppure non è una strategia umana e divina incredibile il fatto che il primo segno avvenga all’interno di un chiaro contesto nuziale? […] Cristo ha deciso di porre un segno strategico come segno archetipale in un contesto nuziale per dire chi è e cosa è venuto a fare. Lui è lo Sposo messianico venuto per sposare l’umanità presente in lei, la donna/madre. Per fare intuire l’intima finalità della sua missione, Cristo decide di compiere da subito un segno che lascia presagire il mistero nuziale che Egli illumina e compie. Col suo segno iniziale/archetipale, Cristo inizia e avvera l’Alleanza, che è alleanza nuziale” (Giorgio Mazzanti, Teologia nuziale e sacramento degli sposi, 16-17).
Impressionante! Il matrimonio, da quel momento è segno che Cristo è vivo, presente, risorto, non solo nei tabernacoli placcati d’oro e inondati di incenso bensì in ogni coppia che ha ricevuto il sacramento!
Ma la realtà di quel matrimonio a Cana è stata ben diversa… sappiamo che il vino, nell’Antico Testamento, è il simbolo dell’amore e della gioia. Se il vino è venuto a mancare già nel banchetto e questo non in una coppia di cinquantenni ma di novelli sposi… allora la situazione è assai grave.
Da questi ed altri dettagli del Vangelo, pare che i nostri sposini fossero quindi arrivati impreparati al giorno di nozze, trascinando un amore un tantino malato. Sembra la prefigurazione dei tanti matrimoni che oggi si sposano in Chiesa ma che hanno già le ore contate, andando a ingrossare la fila dei clienti degli avvocati…
E che fa Gesù? Se ne sta a divertirsi con i suoi apostoli, tra calici di buon vino e costine di agnello arrosto? In realtà, Lui sa tutto ed è totalmente sul pezzo. Quello che fa segue un pensiero ben preciso: la capacità di amare non si può vivere in pienezza se non si è preparati, purificati e in definitiva amati.
Ecco allora che Cristo non fa venire miracolosamente il vino buono da un’altra parte – gli bastava solo volerlo – ma il grande segno consiste nel trasformare l’acqua, simbolo qui di un elemento semplice e umile e che rimanda alla fragilità della coppia stessa, in vino eccellente.
Un gesto simbolico e che sarà ripetuto anche durante l’Ultima Cena: l’amore richiede sempre una purificazione continua, un guardarsi dentro e mettersi in discussione, un riconoscersi sempre inadeguati ad amare e bisognosi dell’Amore.
Se è vero che le grandi crisi di coppia sono state il risultato di piccoli sgarri accumulati è soprattutto vero il contrario. Cana ci insegna che voi sposi potete arrivare alle alte cime dell’amore se ogni giorno ripartite dal principio, dal proprio nulla e date un valore di amore alle piccole cose, uniti alla Presenza di Cristo Sposo che già abita in voi.
ANTONIO E LUISA
Come dice padre Luca, abbiamo bisogno di continua purificazione. Ma cosa significa? Nella concretezza della nostra storia abbiamo dato un senso a queste parole. Amare davvero è un viaggio che inizia riconoscendo la propria fragilità: accettarsi deboli, incompleti, vulnerabili. Nessuno, per quanto straordinario, può colmare il nostro vuoto interiore; solo l’amore di Dio può renderci completi. Quando ci scopriamo profondamente amati da Lui, impariamo a donare senza possedere, ad accogliere senza pretendere. È questa guarigione del cuore che ci libera dalle dipendenze affettive, trasformando l’amore in un dono puro e autentico. Solo così possiamo vivere il matrimonio come luogo di rinascita, dove il legame non imprigiona ma eleva. Dove l’acqua diventa vino. Amare è un atto di libertà che nasce dall’esperienza viva dell’amore di Dio.
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