La tenerezza nuziale nel Cantico dei Cantici

Eros e Agape: Due Volti dell’Amore

Il terzo poema del Cantico dei Cantici ci ha permesso di entrare profondamente nella tenerezza nuziale, di approfondire e imparare il linguaggio d’amore degli sposi. L’eros è una faccia dell’amore, non è tutto l’amore. Tuttavia, è fondamentale per trovare la gioia e il piacere di amare. Nel Cantico, Dio ci insegna ad amare e ci mostra che l’eros non è meno importante dell’agape:

L’eros vuole sollevarci ‘in estasi’ verso il Divino, condurci al di là di noi stessi, ma per questo stesso motivo richiede un cammino di ascesi, di rinunce, di purificazioni e di guarigioni.” (Benedetto XVI, Deus Caritas Est, 5)

Tutto il Cantico è un elogio dell’amore erotico, che non è il fratello povero dell’agape. Essendo fatti di carne e di spirito, troviamo nell’eros una manifestazione di amore autentico. Perché la passione amorosa sia autentica, deve essere incanalata e trasformata in dono. L’eros va arricchito dall’agape per divenire piena espressione dell’amore. Questo è quello che distingue il semplice istinto dall’amore. Il primo è assecondare delle passioni, che esprimono una mancanza, un bisogno. Il secondo è trasformarle in comunione e dono reciproco. Don Carlo Rocchetta esprime benissimo questa realtà: La tenerezza è il segno che l’amore ha superato la fase del bisogno e si è trasformato in gratuità.

Il Linguaggio della Tenerezza

Comprendere se stiamo vivendo un amore autentico non è difficile. Basta porsi una domanda: parliamo il linguaggio dell’amore? Parliamo la tenerezza?

La tenerezza è il desiderio di accogliere e lasciarsi accogliere. Nel matrimonio, essa diventa una via maestra per farsi dono anche nella dimensione corporea. Dio ci insegna che l’attrazione fisica, per essere vero amore e non mera concupiscenza o desiderio di possesso, deve essere arricchita di tenerezza. Papa Francesco ci ricorda: La tenerezza significa dare attenzione e trattare con rispetto, con delicatezza e con affetto le persone, specialmente quelle più deboli. (Amoris Laetitia, 28)

I Gesti della Tenerezza nel cantico

La tenerezza si esprime in gesti e atteggiamenti:

  • Sguardi: “Mi hai rapito il cuore con uno solo dei tuoi sguardi” (Ct 4,9).
  • Baci: “Mi baci con i baci della tua bocca” (Ct 1,2).
  • Abbracci: “La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia” (Ct 2,6).
  • Parole dolci e sussurrate: “Fammi sentire la tua voce” (Ct 2,14).
  • Carezze: “Sì, più inebrianti del vino sono le tue carezze” (Ct 1,2).
  • L’unione sponsale: “Venga il mio diletto, entri nel suo giardino e ne mangi i frutti squisiti” (Ct 4,16).

Come afferma don Carlo Rocchetta, “la parola diventa corpo e il corpo diventa parola”, e questo linguaggio dell’amore si realizza pienamente in Cristo, che ha fatto della sua carne una Parola d’amore per noi.

L’Amore che Rinnova il Matrimonio

Leggendo il Cantico, viene spontaneo pensare al giardino dell’Eden. I due amanti sembrano proiettati in una dimensione nuova, dove, amando in modo vero e tenero, riescono a superare il peccato e a perdersi nell’abbraccio d’amore che li mette profondamente in comunione tra loro e con Dio.

San Giovanni Paolo II ci insegna: L’uomo non può vivere senza amore. Egli resta per sé un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio. (Redemptor Hominis, 10)

La tenerezza rinnova l’amore, rendendolo un’esperienza sempre nuova che non si esaurisce mai. Questo è il fine del matrimonio: ritornare alle origini, superare la concupiscenza del peccato e donarsi reciprocamente, vivendo così un’esperienza di Dio attraverso l’amore sponsale.

Nei prossimi capitoli esploreremo le più importanti manifestazioni sensibili della tenerezza nuziale, segno della bellezza dell’amore autentico.

Antonio e Luisa

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