Figli con il cuore del Padre

Cari sposi, il cammino della Quaresima è lungo perché passa dal deserto, dalla fatica di purificarsi prima di entrare nella Terra Promessa. Abbiamo finora accompagnato Gesù nelle sue tentazioni, poi sul monte Tabor nella Trasfigurazione, infine l’abbiamo ascoltato nel messaggio esigente sulla conversione del cuore. Oggi il Signore ci dona un respiro e un momento di sollievo nella fatica di tenerGli il passo.

È la domenica in “Laetare”, una domenica che vuole darci un assaggio della gioia Pasquale e la gioia nella Sacra Scrittura porta sempre i tratti del banchetto, per essere un evento associato allo stare insieme senza pensieri, al buon cibo in buona compagnia. Conosciamo bene la parabola dei due figli e del padre misericordioso, un racconto che è penetrato a fondo anche nella cultura laica e nella mentalità comune.

Agli orecchi degli ascoltatori di 2000 anni fa tale racconto dovette anzitutto far ribrezzo a causa di un figlio che, nell’esigere il patrimonio con il padre vivente, di fatto gli sta augurando la morte e dimostra la più totale mancanza di relazione affettiva. Ma non da meno è stato suo fratello più grande, che manifesta una pari noncuranza di interesse per il suo ritorno e la sua rinascita interiore. Siamo di fronte ad una famiglia per certi versi disfunzionale e a un padre che forse non ha saputo educarli bene. Se a prima vista la parabola ci pare lontanissima nel tempo, immergendoci nel suo significato possiamo coglierne la sua perenne attualità.

Sia come sia la situazione vigente, comunque il grande protagonista positivo in tutto ciò è proprio il Padre che dimostra un cuore immenso e generoso nei confronti di entrambi i figli, per quanto si stiano comportando male, ognuno a suo modo.

Sebbene manchi per completo la moglie, la parabola ha un riflesso nuziale molto interessante. Possiamo infatti cogliere chiaramente una rilettura personalizzata per voi sposi.

Anzitutto, i due figli incarnano due tipi di coppia che anche oggi possono abitare e frequentare le nostre chiese. Il figlio giovane è la coppia che ancora trascina immaturità giovanili e adolescenziali mai risolte per cui sogna una vita fatta di benessere, dove potrà avere sempre i propri spazi e tutti gli hobby, anche sacrificando magari un po’ della relazione stessa. Succede così di vedere sposi che imbracciano la vocazione matrimoniale senza voler costruire un “noi” fondato e solido in comportamenti dediti all’ascolto, all’accoglienza delle diversità, alla comprensione del modo di essere altrui. Per cui poi gli anni passano veloci tra mille cose e magari pure con figli da accudire senza però aver costruito un rapporto profondo né con il Signore né tra coniugi. È inevitabile che una coppia così prima o poi sperimenti la fame e la penuria di cibo, perché non sta alimentandosi alla fonte dell’Amore.

Ma è pur vero che ci sono coppie che, persino con le migliori intenzioni e disposizioni interiori, vivono il matrimonio alla stregua del figlio maggiore, simbolo dell’orgoglio, dell’attaccamento alla propria mentalità e ai punti di vista rigidi. È l’amore che misura, che calcola ma con un suo sistema metrico che purtroppo è sempre assai ristretto e limitato. Mentre il Padre pensa in grande ed è capace di sacrificare il miglior vitello, il nostro fratellone al massimo sogna un piccolo capretto. L’amore umano è sempre circoscritto e nella coppia si fa presto a toccare i limiti del cuore, dell’uno e dell’altro.

Ecco allora che ci vuole Altro per affrontare tutta la vita assieme ma non come chi avanza con un pesante rimorchio bensì sapendo invece gioire, ridere e godersi un bellissimo banchetto. Ci vuole il cuore del Padre, che è ricco di misericordia, che perdona, che regala generosamente abiti preziosi, monili costosi e succulente vivande.

Il Padre sta qui per la grazia del matrimonio che può trasformare l’una e l’altra coppia in figli che sanno valorizzare quanto hanno e sanno fare festa di vero cuore, pur con tutte le loro povertà personali.

Cari sposi, chiediamo il dono della conversione del nostro cuore perché assomigli sempre più a quello del Padre. Concludo con questo bel pensiero di Papa Francesco proprio a tale riguardo: “La figura del padre della parabola svela il cuore di Dio. Egli è il Padre misericordioso che in Gesù ci ama oltre ogni misura, aspetta sempre la nostra conversione ogni volta che sbagliamo; attende il nostro ritorno quando ci allontaniamo da Lui pensando di poterne fare a meno; è sempre pronto ad aprirci le sue braccia qualunque cosa sia successa. Come il padre del Vangelo, anche Dio continua a considerarci suoi figli quando ci siamo smarriti, e ci viene incontro con tenerezza quando ritorniamo a Lui. E ci parla con tanta bontà quando noi crediamo di essere giusti. Gli errori che commettiamo, anche se grandi, non scalfiscono la fedeltà del suo amore” (Angelus, 6 marzo 2016).

ANTONIO E LUISA

Il Padre è per noi sposi un modello insuperabile, un esempio da seguire con cuore umile e fedele. Noi, che siamo stati consacrati per essere immagine viva di quell’amore eterno, siamo chiamati ad amare come Lui: un amore che sa attendere sulla soglia, che perdona il male, che benedice anche quando riceve ingratitudine.

Il mondo guarda con ironia chi sceglie di amare in questo modo. Ma non è forse lo stesso scherno che ha accompagnato Gesù sulla croce? Nulla di nuovo sotto il sole. Eppure, l’amore vero dona tutto senza chiedere nulla in cambio. Io custodisco la mia relazione con Luisa come il tesoro più grande che possiedo, proprio perché in lei, accanto a lei, ho fatto esperienza di un amore così: libero, ostinato, fedele.

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