Sposi cristiani si diventa per contemplazione

Cari sposi, oggi siamo di nuovo in festa, perché ogni domenica è la ‘Pasqua’ della settimana., il giorno che ci ricorda l’evento più importate della nostra vita. Ma lo siamo anche per il dono di un pastore universale che ci guida, facendo le veci di Gesù stesso in mezzo a noi. La gioia di un Papa che già sta mostrando una sensibilità per il matrimonio e la famiglia, come un segno stesso che è Gesù che parla a voi tramite lui.

Al centro della Liturgia vi è il comandamento dell’amore. Ma non sarà che la Bibbia ha errato nell’usare questa espressione? Come si fa a comandare di amare? Se l’amore è la cosa più libera che esiste. Solo Cristo può permettersi di parlare così, proprio perché è Lui l’Amore fatto uomo, l’Incarnazione dell’Amore divino. Gli apostoli avevano visto e toccato che davvero era così e solo per questo può chiedere a loro di imitarlo e di diventare dono di amore.

Davvero è tutto qui il cristianesimo: contemplare l’Amore per lasciarsi trasformare e vivere amando. Non si tratta di doverismo e moralismo ma di rispondere liberamente a una chiamata: “L’amore che si è manifestato nella croce di Cristo e che Egli ci chiama a vivere è l’unica forza che trasforma il nostro cuore di pietra in cuore di carne; l’unica forza capace di trasformare il nostro cuore è l’amore di Gesù, se noi pure amiamo con questo amore. E questo amore ci rende capaci di amare i nemici e perdonare chi ci ha offeso” (Regina coeli, 19 maggio 2019).

Per voi sposi quanto è vero e tangibile questo Vangelo. Quante volte avrete fatto l’esperienza che, per quanto ci si proponga di migliorare la relazione con il coniuge non si è mai all’altezza della vocazione ricevuta. Questo perché impariamo che non dobbiamo partire da noi stessi, ma amare perché siamo stati amati. Perciò voi sposi potete contemplare in modo del tutto vostro l’amore di Cristo! Chi ha fatto questo sono i mistici che, con parole diverse, esprimono la medesima verità: bisogna farsi catturare dall’Amore di Gesù per essere veri cristiani. Ecco alcuni esempi:

L’anima che ha conosciuto l’amore di Dio non può vivere più in sé, perché è uscita da sé, è entrata in me, ed è unita con me per amore” (S. Caterina, Dialogo sulla Divina Provvidenza); “Gesù, è l’amore solo che mi attira! … L’amore è tutto. L’amore è tutto in Dio, e Dio è tutto amore” (Santa Teresa di Lisieux, Storia di un’anima). Ci si può donare agli altri solo se attirati prima da Cristo!

La Chiesa ci insegna a non illuderci di trovare quella tecnica comunicativa, quel modo di pensare o comportarmi che renderà performante e solido l’amore di coppia. Papa Francesco, con il suo usuale realismo, ci mette in guardia proprio da questo:

Questo non significa fare troppo affidamento su noi stessi. Stiamo attenti: rendiamoci conto che il nostro cuore non è autosufficiente, è fragile ed è ferito. Ha una dignità ontologica, ma allo stesso tempo deve cercare una vita più dignitosa. Dice ancora il Concilio Vaticano II che «il fermento evangelico suscitò e suscita nel cuore dell’uomo questa irrefrenabile esigenza di dignità», tuttavia per vivere secondo questa dignità non basta conoscere il Vangelo né fare meccanicamente ciò che esso ci comanda. Abbiamo bisogno dell’aiuto dell’amore divino. Andiamo al Cuore di Cristo, il centro del suo essere, che è una fornace ardente di amore divino e umano ed è la massima pienezza che possa raggiungere l’essere umano. È lì, in quel Cuore, che riconosciamo finalmente noi stessi e impariamo ad amare” (Francesco, Dilexit nos, 30).

Cari sposi, voi che avete il cuore trasfigurato dall’Amore di Cristo per la Chiesa, riandate sempre a Lui, nella preghiera e nell’Eucarestia per attingere ogni giorno l’entusiasmo di essere dono, per essere sposi secondo il Suo Cuore.

ANTONIO E LUISA

Noi ci soffermiamo su un personaggio del Vangelo di oggi. Che alla fine conferma quanto detto da padre Luca. Tanti sposi assomigliano a Giuda: delusi dalle ferite del matrimonio, escono dal “cenacolo”, abbandonano l’altro e Cristo stesso. Cercano altrove il senso della loro vita, inseguendo sogni che sembrano più facili, più dolci. Ma fuori dal cenacolo c’è solo buio. È nel dolore, nella fedeltà ferita, che Dio rimane. Lui sta con chi resta, con chi lotta, con chi si fida anche quando non vede niente. Solo chi rimane, anche sanguinante, sperimenta il vero amore: quello che salva. Chi scappa, invece, si perde. Dio abita la fedeltà spezzata, non l’illusione di una felicità senza croce.

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