Cosa ha Mai il Tuo Diletto più di Ogni Altro Amato

Perchè lui è diverso da tutti gli altri? In questo capitolo affrontiamo l’unicità dell’amore. Clicca qui per leggere quanto già pubblicato. La riflessione come sempre è tratta dal nostro libro Sposi sacerdoti dell’amore (Tau Editrice).

Il coro: Che cosa ha mai il tuo diletto più di ogni altro amato, o incantevole tra le donne? Che cosa ha mai tuo diletto più di ogni altro amato, perché tu ci scongiuri con tanta insistenza?

La notte è passata. Non che siano finiti i problemi, le fatiche, le incomprensioni. Ma la Sulamita ora ha uno sguardo nuovo. Come accade dopo ogni notte dell’anima, la luce torna piano, e ci accorgiamo che qualcosa dentro di noi è cambiato. La sposa del Cantico non è più la stessa: si è rivestita di un nuovo mantello, non quello che le avevano strappato le guardie nella notte, ma un mantello fatto di comprensione, di libertà, di amore maturo.

Il coro, intorno a lei, è spiazzato. «Ma che ci trovi in lui?» sembrano dire. Non è mica perfetto. Se n’è andato. Ti ha lasciata sola nella notte. Non ti ha capita. Eppure lei insiste: è lui il mio diletto. Non uno come tanti. Non uno qualsiasi.

In questo passaggio si gioca uno dei punti più alti della spiritualità dell’amore umano: l’unicità dell’altro. In una cultura dove tutto è sostituibile, anche le persone, la Sulamita ci dice che no, l’amore vero rende l’altro unico. Irripetibile. Non perché sia perfetto, ma perché è lì che ho deciso di fermare il mio sguardo. “Tutto di lui è amabile”, dirà poco dopo. Anche le sue fragilità, anche i suoi silenzi.

Lo psicologo Viktor Frankl diceva che l’amore è l’unico modo per cogliere in modo pieno l’essere più profondo dell’altro. Solo l’amore ci fa superare l’apparenza. Ed è quello che la Sulamita ha fatto: ha attraversato la notte, si è persa, ha cercato, è stata ferita. Ma ha scelto. Ha scelto di restare fedele all’immagine più vera del suo amato. Non a quella offuscata dalla delusione o dalla distanza.

Quante volte nel matrimonio arrivano domande simili. Ma chi te lo fa fare? Perché continui a credere in lui o in lei? Perché resti, se potresti rifarti una vita? Ed è proprio lì che si gioca la qualità del nostro amore. Quando smette di essere amore-contratto e diventa amore-alleanza. Quando non è più amore che cerca una gratificazione, ma amore che ha preso la forma della fedeltà.

Don Luigi Maria Epicoco in una sua catechesi lo dice così: «Non c’è amore vero se non c’è una croce nel mezzo». Non per esaltare il dolore, ma per dire che solo un amore che attraversa anche l’incomprensione, la noia, la fragilità, può fiorire davvero. La Sulamita non idealizza più il suo sposo: lo ama così com’è. Anzi, lo trova ancora più bello dopo la notte.

Mi ha colpito una frase di una catechesi: «La fede nuziale è un segno di clausura. Una coppia sposata è chiusa insieme». Come se il matrimonio fosse un monastero a due. Non una prigione, ma un luogo dove si entra e si resta, anche quando il vento soffia forte fuori. E dentro, ci si plasma. Ci si lima. Ci si ama davvero.

Quando smettiamo di pensare che il nostro partner debba rispondere a tutti i nostri bisogni, iniziamo ad amarlo davvero. Perché lo scegliamo. Perché vediamo in lui o in lei un dono. E perché sappiamo che anche attraverso quella sua fatica, quella sua parte che non ci piace, noi stiamo crescendo.

In Analisi Transazionale si direbbe che l’amore vero nasce dall’adulto interiore: non è una reazione automatica del bambino che ha paura di restare solo, né il giudizio rigido del genitore che ama solo se l’altro si comporta bene. È una scelta consapevole. Responsabile. Libera.

Ecco perché la Sulamita lascia a bocca aperta il coro. Perché in un mondo di amori usa e getta, lei resta. Lei ama. Lei testimonia che l’amore, quello vero, quello che ti cambia la vita, è fatto di perseveranza, di memoria, di fiducia oltre le prove.

Nel volto imperfetto del suo amato, lei vede qualcosa che gli altri non vedono. Vede l’uomo della promessa. L’uomo che, pur con le sue fughe, è stato scelto. L’uomo che può ancora rinascere nell’incontro con lei.

E allora l’amore umano torna ad essere quello che Dio ha pensato: un’avventura grande, fragile e bellissima, dove ci si prende per mano non perché tutto va bene, ma perché ci si riconosce dono. E ci si sceglie ogni giorno, anche nella notte.

Antonio e Luisa

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