Avete mai sentito parlare dei “Dink”? No, non è una parolaccia né un nuovo gruppo musicale. “Dink” è l’acronimo inglese per indicare i “Double Income No Kids” ossia le coppie senza figli (= “No Kids”) e con doppio stipendio (=“Double Income”, appunto doppia entrata). Il termine è molto noto oltralpe ma, personalmente, non avevo mai sentito quest’espressione, almeno fino a qualche mese fa.
Per caso ho letto un post su Instagram de ilmessaggero.it che spiega: “Le famiglie cosiddette kids free sono in aumento, anche in Italia. Secondo l’Istituto di statistica il numero medio di figli per donna scende arrivando a 1.20, in flessione rispetto agli anni scorsi (nel 2022 era 1.24) e la stima provvisoria elaborata sui primi 7 mesi del 2024 evidenzia una fecondità pari a 1.21. Ma aumentano anche le famiglie che scelgono consapevolmente di non volere figli, per vivere una vita più “appagante” a livello individuale, concentrandosi sulla relazione a due e sugli obiettivi di carriera. A sostegno di queste scelte è stata persino istituita una giornata celebrativa, l’International Childfree Day (1° agosto).
È ancora l’Istat, nel report Famiglie, soggetti sociali e ciclo di vita, a indicare che il 45,4% delle donne tra 18 e 49 sceglie di non diventare madre e il 22,2% non vuole figli nei 3 anni successivi, né in futuro. Per il 17,4% la maternità semplicemente non rientra nei propri progetti di vita. Dati analoghi arrivano da Inghilterra e Galles, dove un sondaggio di YouGov del 2020 mostrava come il 51% dei 35-44enni non aveva figli, né programmava di averne. Anche negli Usa è aumentato il numero di famiglie Childfree (44% nel 2021 nella stessa fascia di età, in aumento rispetto al 37% nel 2018).
Gli americani li definiscono “Dink” (Double Income No Kids, due stipendi e niente figli).” [1]
Sono rimasta a bocca aperta di quanto avevo appena letto. E che mi ha riempito d’amarezza e, nello stesso momento, mi ha fatto riflettere profondamente. Riflettere profondamente sul bi-polarismo di massa di cui – evidentemente – soffriamo. Come possono convivere, nella stessa società, il diritto del figlio a tutti i costi e la celebrazione del non volerne? Com’è possibile che si attuino soluzioni contro l’etica e la morale pur di tornare a casa con un pupetto o una pupetta e nello stesso momento ci sia addirittura la giornata mondiale per i (volutamente) senza figli? Forse la storia del termine, mi sono detta, potrebbe aiutarmi a capire. O, quantomeno, ad essere più informata. Sì, perché, la coppia “Doppio reddito senza figli” non indica quella che cerca o desidera un erede ma quella che deliberatamente decide di non averne. Ma cosa significa davvero questa scelta?
Il termine “Dink” nasce negli Anni Ottanta negli Stati Uniti, in un crescente contesto di cosiddetta emancipazione femminile e di cambiamenti nelle dinamiche familiari. Le coppie “Dink” sono generalmente composte da due adulti che condividono una vita insieme e che spesso hanno un reddito elevato o almeno stabile. La scelta di non avere figli può derivare da motivazioni diverse: desiderio di libertà, carriera, interessi personali, preoccupazioni economiche o ambientali, o semplicemente una preferenza di vita. Non siamo qui a giudicare nessuno, sia ben chiaro. Ognuno è libero di fare le sue scelte. Stando attenti, però, a non far star male le altre persone. Voglio dire: sono tante le coppie che non riescono ad avere un bambino, e ne soffrono terribilmente. A volte arrivano anche a separarsi. Allora, questa è la domanda delle domande, che senso ha celebrare una scelta – con tanto di ricorrenza internazionale – se la situazione è causa di profonda infelicità e profonda frustrazione per altri? È come se venisse istituita la giornata mondiale del mangiare a più non posso quando ci sono milioni di esseri umani che muoiono di fame. Non ha alcun senso. Allora perché esaltare – o, più o meno velatamente – instillare il desiderio di emulare volutamente i “Dink”? O che faccia cool esserlo?
Dietro, davanti e di lato a tutto questo il rischio è che si accumulino tanto egoismo, tanti vuoti e tanta mancanza di rispetto. Non solo nei confronti di chi non riesce ad avere figli ma anche di chi, un figlio, l’ha perso. Prima che nascesse, per malattia, a causa di un incidente, magari anche per suicidio. Il rischio è quello di vendere egocentrismo spacciato per libertà e paura di fare dei sacrifici per emancipazione. Gesù l’ha detto chiaramente: “La verità di farà liberi” (Gv 8, 32). E ancora, nel colloquio con Lui prima della crocifissione, Pilato gli domanda: “Che cos’è la verità?” (Gv 18, 38). Chiediamocelo anche noi. Chiediamoci che cos’è la verità. Il Signore ci risponderà, se noi sapremo essere sinceri e aprire il cuore.
Fabrizia Perrachon
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[1] Post completo disponibile al link https://www.instagram.com/p/DE5o3W1tFuA/?igsh=aWFrNDN6c2VqN3Uy