Trasformare la Fame d’Amore in Libertà Personale

All’articolo di ieri mancava forse un pezzo. Un commento su facebook mi ha fatto infatti riflettere. Il commento conteneva una domanda:  Che se si resta da vittima o si resta da donna adulta e libera, la sostanza non cambia, penso che questa fame d’amore di cui lei parla resterà lo stesso se l’altra persona non vuol cambiare. E a questo punto faccio la domanda diretta, in che senso si può “curare e risorgere” e cioè in che modo questa donna può accettare ed essere felice se non riceve questo amore? Proverò a dare una risposta, consapevole che non potrà mai essere esauriente perché ogni storia è unica. E la fatica resta. Quella fa parte del pacchetto. Non esistono bacchette magiche, ma una libertà da conquistare con fatica e portando la croce.

Nell’articolo di ieri davo una risposta a una donna che si sentiva intrappolata in una relazione con un marito anaffettivo. Ce ne sono tante di queste storie. Ci sono donne che restano nel loro matrimonio, ma con il cuore spezzato. Fedeli alla promessa fatta, legate ai figli o alla coscienza cristiana, ma profondamente sole. Vivono accanto a un marito anaffettivo: silenzioso, distante, incapace di abbracciare o guardare con tenerezza. E si chiedono, spesso in segreto: “È peccato desiderare amore? È giusto rimanere, anche se lui non cambia? Posso essere nella pace e nella gioia, pur vivendo con questa fame d’amore non sfamata?”

A queste domande vogliamo rispondere con rispetto e verità, intrecciando luce del Vangelo, psicologia relazionale e il magistero della Chiesa. Perché si può restare, non da vittime, ma da donne adulte nella fede, capaci di scegliere nella libertà e di trovare, in Dio, quella gioia che non dipende solo da chi ci sta accanto.

1. Il desiderio d’amore è legittimo, non è peccato

Desiderare amore, tenerezza, ascolto, contatto non è una colpa. È un bisogno umano, profondamente inscritto nel nostro cuore. Dio stesso ha messo in noi questa sete. Il matrimonio non è un contratto freddo, ma una comunione di vita e di amore (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1601). Quando uno dei due coniugi non riesce a comunicare affetto, la relazione si svuota, e l’altro soffre.

Tuttavia, il desiderio legittimo non giustifica scorciatoie sbagliate: tradimenti, fantasie, o dipendenze affettive alternative. La sfida è più profonda: imparare a trasformare quella fame non soddisfatta in offerta e in libertà, evitando di restare prigioniere del dolore.

2. Restare da vittime o restare da donne adulte?

Sempre ieri abbiamo ribadito come restare nel matrimonio senza ricevere amore può essere vissuto in due modi:

  • Da vittime, adattate, mute, spente, convinte che “tanto non c’è altra scelta”. È il copione del Bambino Adattato, secondo l’Analisi Transazionale: quella parte di noi che accetta tutto, per paura del rifiuto o per senso del dovere. Rimanere in questa posizione logora l’anima e svilisce la dignità.
  • Oppure da donne adulte, libere e consapevoli, che scelgono ogni giorno di esserci, per fedeltà a un valore più grande. È lo stato dell’Adulto, che non si lascia guidare dal dolore ma dalla verità. È la donna che dice: “Soffro, ma non mi rassegno. Scelgo di restare, non perché devo, ma perché voglio essere fedele a Dio, a me stessa e alla mia vocazione”.

Come insegna san Giovanni Paolo II: “L’uomo è responsabile della propria vita: è chiamato a cercare la verità e ad attuarla liberamente” (Veritatis Splendor, n. 34). La fedeltà, se non è frutto di una scelta libera, non porta frutto.

3. Non si cambia l’altro, ma si può cambiare il proprio sguardo

Nel dolore di chi non è amato come vorrebbe, si nasconde una tentazione: pensare che solo se lui cambierà, allora io starò meglio. Ma questa attesa spesso è sterile. Nessuno può cambiare un altro essere umano contro la sua volontà. Invece, si può cambiare il proprio modo di stare nella relazione: non più nel risentimento o nella frustrazione, ma nell’accoglienza e nella verità.

Amoris Laetitia ci invita a vedere l’altro “così com’è” (n. 92): non per rassegnazione, ma per compassione. Non per rinunciare all’amore, ma per non aspettare da chi non può dare ciò che non sa nemmeno di non avere.

4. La croce accolta nel Signore genera una gioia diversa

Vivere accanto a un marito anaffettivo può diventare una croce quotidiana. Ma la croce, unita a Cristo, non schiaccia: trasfigura. Lo ricorda papa Francesco in Amoris Laetitia (n. 317): “Nei giorni amari della famiglia, c’è una unione con Gesù abbandonato… che trasforma le difficoltà in offerta d’amore.”

Quella fame di affetto può diventare una via di purificazione del cuore, che si apre sempre di più all’amore di Dio. Non come fuga, ma come sorgente inesauribile: un Amore che ci riconosce, ci guarda, ci tocca con misericordia. Non è la gioia rumorosa del benessere esterno, ma la pace profonda di chi sa di non essere mai sola.

5. Percorsi concreti per vivere da donne libere e in pace

Questa trasformazione richiede un cammino. Restare nel matrimonio non basta: bisogna restare da vive. Ecco alcune strade possibili:

  • Vita sacramentale costante, in particolare l’Eucaristia e la Riconciliazione: lì si riceve l’Amore che colma.
  • Accompagnamento spirituale: qualcuno che ascolti e accompagni, senza giudicare.
  • Percorso psicologico individuale: per curare le proprie ferite e uscire dal copione infantile.
  • Cura di sé: corpo, tempo, relazioni. La donna che si ama, risplende anche nel dolore.
  • Relazioni sane: amiche, comunità, gruppi di condivisione. L’amore circola, anche altrove.

Conclusione: una fedeltà che libera

Rimanere in un matrimonio dove l’amore non si sente più può essere una scelta di santità, ma solo se è fatta con libertà e verità. Non per paura. Non per masochismo. Ma per amore: di Dio, dell’altro e di sé. Chi resta così non è sconfitta, ma è già risorta. Perché sa amare senza essere amata come vorrebbe, e trova in Dio ciò che il cuore umano non riesce a donare. E questa, sì, è la pace vera. Quella che il mondo non dà, ma che lo Spirito sa custodire nel cuore delle donne forti.

Antonio e Luisa

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5 Pensieri su &Idquo;Trasformare la Fame d’Amore in Libertà Personale

  1. carissimi, due considerazioni pratiche e dall’esperienza professionale e parrocchiale su questo argomento della anaffettività di un coniuge nella modernità :

    1. C’è un rapporto 10:1 fra mogli anaffettive e mariti anaffettivi;
    2. l’anaffettività è un effetto non una causa, e si cura la causa non l’effetto. Quale è il motivo per cui un coniuge diventa anaffettivo? Il motivo è la frustrazione o somma di frustrazioni che ha portato ad una delusione biologica , ovvero uno svuotamento passionale e si reputa il coniuge colpevole di tale svuotamento, per cui non abbiamo forza di ricambiare amore con un colpevole. Però ciò accade prevalentemente nella modernità, ove l’educazione assistenziale produce personalità a prevalenza passionale, abituate a ricevere ciò che soddisfa le proprie aspettative, per questo a voler cambiare il comportamento del coniuge. Occorre educare ed educarsi in modo collaborativo corresponsabile fin da piccoli, maturando la volontà razionale , mettendo al centro i progetti fuori di noi e non se stessi , così da vedere le differenze come risorsa per la coppia, l’unicità del coniuge, che è il motivo di Amarlo.

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