Onorare il Corpo Porta in Cielo

Cari sposi, celebriamo oggi una solennità dal sapore più che mai celeste, la festa non solo del ritorno al Cielo di Gesù quanto del suo averci preceduto di là, accanto al Padre. Una festa, quindi, che ci riguarda in modo speciale perché “anche se il nostro corpo mortale passa attraverso la dissoluzione nella polvere della terra, tutto il nostro io redento è proteso verso l’alto e verso Dio, seguendo Cristo come guida” (Giovanni Paolo II, Udienza del 24 maggio 2000).

Infatti, nell’Ascensione si dà pieno compimento alla Risurrezione e in un certo senso anche alla stessa Incarnazione del Verbo. Difatti Gesù risorto vive una situazione provvisoria, desidera restare altri 40 giorni per far comprendere ai suoi la verità e la concretezza di quanto era accaduto: era proprio Lui! Era veramente Risorto! Non era sufficiente per gli 11 vederlo un paio di volte per rendersi conto dell’oggettività di quanto era accaduto il Terzo Giorno dopo la morte sul Golgota.

Ma trascorsi quei giorni, Gesù doveva tornare al Padre, stavolta però con il suo corpo umano. L’ascensione è quindi la glorificazione anticipata della nostra natura, di un corpo umano che già vive nella gloria del Padre. Ci ricorda sempre Giovanni Paolo II che:

«Le parole dei Sinottici attestano che lo stato dell’uomo nell’“altro mondo” sarà non soltanto uno stato di perfetta spiritualizzazione, ma anche di fondamentale “divinizzazione” della sua umanità. I “figli della risurrezione” – come leggiamo in Luca 20,36 – non soltanto “sono uguali agli angeli”, ma anche “sono figli di Dio”. […] Bisogna aggiungere che qui si tratta non soltanto di un grado diverso, ma in certo senso di un altro genere di “divinizzazione”. La partecipazione alla natura divina, la partecipazione alla vita interiore di Dio stesso, penetrazione e permeazione di ciò che è essenzialmente umano da parte di ciò che è essenzialmente divino, raggiungerà allora il suo vertice, per cui la vita dello spirito umano perverrà ad una tale pienezza, che prima gli era assolutamente inaccessibile» (Giovanni Paolo II, Udienza del 9 dicembre 1981).

Cosicché, la nostra vocazione cristiana è totalizzante e non si limita alla dimensione spirituale ma coinvolge tutta la persona, dalla testa ai piedi, psiche-corpo-spirito.

Quanto bene, pertanto, ci fa il ricordare che siamo fatti per il Cielo, per la nostra definitiva Casa e che Gesù si è anticipato là per prepararcela. Tutto ciò non fa che relativizzare ogni situazione, bella o difficile, che possiamo vivere nel presente. Un grande filosofo, mistico e scienziato quale Pavel Florenskij, durante la sua prigionia nel gulag nelle Isole Solovki, ce ne dà una testimonianza audace:

Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso nell’animo, guardate le stelle o l’azzurro del cielo. Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno, … intrattenetevi … col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete” (N. Valentini – L. Žák [a cura], Pavel A. Florenskij. Non dimenticatemiLe lettere dal gulag del grande matematico, filosofo e sacerdote russo, Milano 2000, p. 418).

Tutta questo grande patrimonio spirituale per voi sposi si può tradurre in modo molto concreto. Gesù anzitutto chiede agli apostoli di essere testimoni delle cose meravigliose che hanno vissuto assieme a Lui e perciò promette lo Spirito come quella forza necessaria per dare testimonianza. È quanto è accaduto anche nella vostra storia, dal momento che, nel rito, lo stesso Spirito è sceso su di voi con potenza, voi non siete così diversi da loro perché il medesimo Spirito ha preso dimora nel vostro amore.

Ma, lo sapete bene, la testimonianza sponsale non si misura sulla falsariga di un missionario sacerdote o religioso bensì ha uno stile proprio ed è sempre la festa odierna a insegnarcelo. È il vostro corpo e l’onore vicendevole che dimostrate il principale mezzo di testimonianza: “Il corpo, infatti, e solo esso, è capace di rendere visibile ciò che è invisibile: il spirituale e il divino” (Giovanni Paolo II, Udienza del 20 febbraio 1980).

Nel rito vi siete promessi di onorarvi mutuamente e questo passa in primo luogo dall’onorare i vostri corpi. Il matrimonio è il “sacramento del corpo”, che gli conferisce quella dignità e quell’onore proprio in virtù della nostra chiamata alla vita beata con tutta la nostra persona.

Cari sposi, non stancatevi anche con il passare del tempo di amarvi e onorarvi nel corpo, con quella delicatezza e tenerezza che vi è affidata come compito e missione speciale. Siate consapevoli del gran bene che fate non solo a voi stessi ma dell’autentica testimonianza che offrite verso l’esterno.

ANTONIO E LUISA

Padre Luca ha colto nel segno. Il Vangelo ci spinge a non separare mai l’amore da ciò che lo incarna: l’intimità non è un accessorio del matrimonio, ma una sua grammatica essenziale. Se il corpo diventa luogo di rispetto, ascolto e dono, allora tutto il resto sarà autentico. Ma se nella carne c’è dominio o freddezza, allora anche lo spirito vacilla. L’amore vero è totale, o non è. Da come viviamo la nostra intimità si può capire molto della qualità della relazione tutta.

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