Siamo ancora lì, in quei versetti del Cantico dove la Sulamita si lascia andare. Non sta semplicemente parlando: lo contempla. È il suo re, il suo amato. Lo guarda e lo descrive con stupore, con una meraviglia che non è solo estetica ma profondamente affettiva, quasi adorante. Si sono ritrovati, dopo il buio della notte. E adesso lei lo vede di nuovo. Lo riconosce. Lo ama. Clicca qui per leggere quanto già pubblicato. La riflessione come sempre è tratta dal nostro libro Sposi sacerdoti dell’amore (Tau Editrice).
In questo capitolo vogliamo restare qui, su quel confine misterioso tra il maschile e il femminile. Una differenza che, sì, a volte può sembrare notte – distanza, incomprensione, silenzio. Ma che in realtà è proprio ciò che rende possibile la luce, l’incontro, la rivelazione.
L’amore maturo richiede anche di accettare i limiti e le imperfezioni dell’altro, non solo di celebrarne i pregi. La differenza tra i due – temperamento, sensibilità, modi di comunicare – a volte genera incomprensioni. Uomini e donne, come sottolinea Costanza Miriano, sono differenti in molti aspetti del loro modo di pensare e sentire, ed è facile cadere in alcune trappole: “La tentazione femminile per eccellenza è quella di controllare tutto… essendo [la donna] l’elemento forte della coppia. … La tentazione per eccellenza dei maschi è invece quella dell’egoismo e di non mettere tutto di sé nella relazione… ritirarsi nella propria caverna”.
Questa osservazione, pur generale, riflette dinamiche comuni: spesso la donna, più attenta al dettaglio relazionale, vorrebbe plasmare il partner a sua immagine (“ti miglioro io”, ironizza la stessa Miriano altrove), mentre l’uomo tende a sfuggire quando il rapporto si fa impegnativo, chiudendosi in sé. Queste tendenze opposte possono essere fonte di attrito – lei si sente trascurata, lui si sente assediato – ma sono anche il frutto della complementarità con cui siamo fatti.
La donna è spesso dotata di una sensibilità particolare per le relazioni, una capacità di connessione emotiva e di cura che costituisce una forza per la coppia; l’uomo d’altro canto porta una stabilità diversa, un orientamento all’azione e alla protezione che completa e sostiene. Invece di essere motivo di conflitto perenne, le differenze possono diventare una ricchezza se vengono riconosciute e accolte con amore. “Dobbiamo imparare a volerci bene in questa differenza e a perdonarci quotidianamente”, esorta Miriano.
In fondo, il Cantico celebra proprio questa dinamica: due amanti diversi ma complementari, lui paragona lei a un giardino chiuso in fiore, lei paragona lui a un maestoso albero di cedro – immagini diverse ma entrambe poetiche e potenti, che messi insieme danno l’idea di un giardino dove convivono bellezza e solidità, delicatezza e forza.
Amarsi nella differenza richiede umiltà e ascolto: capire che l’altro non sarà mai un nostro doppio, ma proprio per questo può sorprenderci e arricchirci. Richiede anche quel perdono quotidiano di cui parla Miriano: saper sorvolare sui piccoli torti, o perdonare quelli grandi, mantenendo la rotta verso il bene che si vede nell’altro.
La crisi, allora, da minaccia diventa occasione. Come è accaduto alla sposa e allo sposo del Cantico, che dopo lo smarrimento della notte sembrano ritrovarsi con un amore ancor più forte, così ogni coppia può uscire da una tempesta più unita di prima. Costanza Miriano, parlando del matrimonio, lo descrive come “una chiamata alla conversione”, sottolineando che persino le difficoltà coniugali possono rappresentare “un’opportunità unica per il cambiamento personale e spirituale”.
Sono parole importanti: vuol dire che nell’affrontare i momenti difficili ciascuno dei due è chiamato a crescere, a limare il proprio egoismo, a tirare fuori una pazienza e un amore più grandi. “La diversità tra uomo e donna – afferma Miriano – è parte del disegno divino e la sfida per le coppie è imparare a crescere insieme, affrontando le difficoltà”. In tale prospettiva, ogni riconciliazione dopo un conflitto diventa un ri-partire insieme, su basi via via più solide.
L’amore non rimane statico: attraversa prove, cambia forma, ma può approfondirsi e rigenerarsi se i partner accettano di mettersi in gioco. Quante volte si sente dire da coppie mature che le crisi affrontate hanno insegnato loro qualcosa, rendendoli più uniti? Il matrimonio è un lavoro che va seguito ogni giorno… Sempre occorre ripartire e crederci perché l’amore non è un singolo atto, ma un processo vivo, un cammino a due che dura tutta la vita.
La scena del Cantico dei Cantici ci mostra proprio un momento di questo cammino: c’è stata una caduta, ma c’è anche una riparazione, e la passione rinnovata dei due amanti suggerisce che ora il loro legame è ancora più consapevole e saldo.
Antonio e Luisa
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