Dalla preghiera di Colletta di questa settimana: “O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici sempre con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo…”
La Chiesa in questa settimana fa pregare il sacerdote con questa invocazione di aiuto: è una preghiera accorata che il sacerdote rivolge al Padre a nome nostro, prega lui al posto nostro, si mette in mezzo tra noi e il Padre.
L’azione mediatrice tra Dio ed il suo popolo è quella propria del sacerdote, e normalmente non ci si fa troppo caso, però è in occasioni come questa che essa si rende evidente ed esplicita, e questo ci dà l’avvio alla nostra riflessione.
Quando una coppia si sposa, non lo fa per se stessa come se fosse una cosa privata che non ha a che fare con le altre persone, con la società, con la Chiesa tutta. La Chiesa ha tutto l’interesse a curare la preparazione dei fidanzati al Sacramento del Matrimonio, poichè essi si preparano a diventare un dono per tutta la Chiesa come sposi in Cristo.
L’amore che unisce gli sposi non è solo farina del loro sacco, ma ha un’origine in Colui che è l’Amore: Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore ( 1Gv 4, 7-8 ).
Non stiamo parlando del sentimento chiamato amore, ma della scelta di amare, della volontà di amare che si traduce in vita concreta di ogni giorno.
La Chiesa quindi dona agli sposi ciò che di più caro ha: Gesù e la Sua presenza nei Sacramenti di cui essa è amministratrice. La Chiesa dona il Sacramento del Matrimonio e poi lo custodisce attraverso diverse azioni, tra cui la preghiera sacerdotale di cui sopra ne abbiamo riportato un chiaro esempio.
Gli sposi confermano l’invocazione di tale preghiera di Colletta perché nel loro consenso così si esprimono : “[…] Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre […]”. Nel giorno solenne dell’inizio del loro matrimonio, gli sposi stessi dichiarano di non farcela da soli, ma di aver bisogno della grazia di Cristo per poter amare secondo le parole che esprimono nel consenso, ma anche il sacerdote usa quasi le stesse parole nella Colletta: poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici sempre con la tua grazia.
Senza il Suo aiuto, senza la Sua grazia si corre il rischio che tutto il nostro amore rimanga nelle intenzioni e non si traduca in azioni: perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere.
Cari sposi, nella difficile arte di amare il nostro coniuge non siamo mai soli se restiamo fedeli al Signore. Coraggio allora, come recita il vecchio adagio, “Aiutati che il Ciel ti aiuta”.
Giorgio e Valentina
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