Oggi un contributo molto gradito da parte di due coniugi impegnati da tanti anni a favore della famiglia e dell’amore. Si tratta di Maria Lubrano e Raimondo Scotto. Ci hanno scritto per arricchire il confronto nato da un articolo di alcuni mesi fa Mio Marito è Anaffettivo. E Io ho Fame d’Amore. Il loro contributo prende spunto da ul libro che hanno publicato nel 2011 Inseguendo l’anima gemella. Nelle pagine che hanno deciso di condividere con noi c’è la storia di Elena e di suo marito.
Elena ha fame di amore ma fin dal fidanzamento si è accorta che il marito è anaffettivo perché nella sua famiglia nessuno gli aveva insegnato ad esprimere l’amore, mai abbracci, mai baci, mai empatia. C’erano stati dei primi segnali dolorosi. Tutte le coppie di fidanzati loro amici si tenevano per mano, oppure camminavano abbracciati ma per lei non c’erano abbracci.
Eppure lei stimava quell’uomo introverso ma seriamente impegnato a costruire il loro legame affettivo. Dopo il fidanzamento le nozze. Elena vorrebbe lasciarlo dopo pochi mesi dal matrimonio ma decide consapevolmente la via della fedelta al sacramento e di continuare ad amarlo per riempire quel serbatoio di amore che nel marito è rimasto vuoto. Nelle righe che seguono viene raccontato il momento cruciale in cui lei “sceglie” di restare con suo marito
LA FABBRICA DELLA TENEREZZA.
Entra l’aria fresca del mattino dalle imposte accostate. Gui è andato via salutandola frettolosamente, la credeva forse ancora un po’ addormentata, ma Elena era ben sveglia. Si è alzata ed ha guardato il limoneto ancora in fiore. Quel verde l’ ha abbagliata, stordita, ma solo per pochi istanti, subito è ritornata alla sera prima, all’odio che avevano saputo generare tra loro. Nella sua anima è sceso il gelo. Il suo meraviglioso mese di maggio che le piaceva tanto, adesso le è indifferente.
Si guarda intorno, le arance mature, la brocca rossa, il letto disfatto, le pareti immobili… tutto è senza vita, non c’è più lo smalto, manca la luce… Ha nel cuore una sensazione di sconfitta, di danno irreparabile… Vorrebbe gridare : “Ti prego Gui, te lo chiedo in ginocchio, non distruggere così quello in cui abbiamo creduto… aiutami a ritrovarti”.
L’aria ancora un po’ pungente si colora di tenero verde, di giallo, di pallido viola. I tetti riflettono allegri il cielo luminoso. Elena si appoggia all’ inferriata del balcone, lo sguardo si perde nel limoneto. Quanti anni sono passati da quel giorno di aprile quando le campane di Sant’Antonio la chiamavano: sposa… sposa… sposa. Con quanto entusiasmo era cominciata la loro vita a due, poi, per quell’incapacità di Gui di esprimere le sue emozioni, per quella frequente mancanza di gentilezza, tutto aveva iniziato a sgretolarsi. Le sembra adesso di trovarsi in un vicolo cieco, le sembra di non trovare via d’uscita. La tentazione di fuggire, di buttare all’aria la loro relazione, da mesi è forte.
Un pensiero imprevisto ad un tratto le attraversa la mente… forse ancora possono riprovarci? imparare a volersi bene, arginando le piene del cuore, scavalcando gli ostacoli, evitando di farsi del male, urtando gli spigoli?
Qualche mese dopo.
Elena e Gui sono ancora insieme, non sono cambiati, alcune ferite radicate nell’infanzia rimangono per sempre, alcune pieghe dell’anima sono indelebili ma è accaduto qualcosa di nuovo, di sorprendente. Sono cambiati quel poco che basta per guardarsi negli occhi senza rancori, lui sempre incapace di esprimere sentimenti e emozioni, lei sempre assetata di gentilezza, di tenerezza.
Elena si domanda stupita: come ha potuto sopravvivere, come le sono scivolati addosso tutti quei giorni senza versare più lacrime? Ancora se lo chiede, ancora si stupisce di fronte alla voragine impensata delle potenzialità umane, alle straordinarie energie del cuore, al fedele aiuto di quel Dio in cui aveva ricominciato a credere.
Momenti di riflessioni ce ne sono stati tanti e tanti sono stati i suoi propositi, le proposte accorate per Gui, per poter ricominciare a credere nel “noi”. Era come spostare una montagna appuntita, saltare da un muro alto nel vuoto, ma ogni volta era riconoscere orizzonti nuovi, ampi panorami sconosciuti, e atterrare al suolo su di un tappeto erboso senza ferite, solo qualche leggera ammaccatura simile al dolore che si prova dopo una frizione rigenerante sul corpo. Nonostante i tanti momenti bui, ogni dolore, piccolo o grande, era stato sempre per loro due, uno spazio creativo, dove poter intravedere piccole strade nuove per incontrarsi.
Il miracolo era avvenuto, si era sciolto nel suo cuore il rancore, la pretesa, aveva accolto le fragilità di Gui, buttando all’aria, lei per prima, la guerra fredda che avevano entrambi generata. La sua fame di amore si era saziata cibandosi dell’amore di Dio e Dio le aveva insegnato a dare tenerezza.
La tenerezza, la gentilezza di cui aveva bisogno, Elena aveva iniziato a fabbricarsela da sé, la generava nel suo cuore e nasceva anche negli altri. Se lei si fermava, se si stancava di produrla, tutti si fermavano. A volte era stanca di essere quella sorta di fabbrica di gentilezza, a volte come oggi che si appoggia al balcone e si perde con lo sguardo nel limoneto per ritrovare energia, oggi che è senza forze.
Un’idea le sfiora l’anima: ognuno nella vita in fondo, per essere utile, deve fabbricare qualcosa. C’è chi fabbrica musica, chi arte, chi studio, chi idee, chi poesie, chi cultura ecc…ella non può tradire la sua natura, gli ideali che l’hanno affascinata fin da quando era bambina… lei potrebbe fabbricare gentilezza. Ricorda di aver letto una volta la storia di una ragazza che si chiamava “Dona Musica”. Ella, dovunque entrava, doveva donare note per far felici i presenti…
Nell’impeto dei suoi tredici anni aveva deciso subito, con determinazione, di voler fare anche lei così. Le occasioni nella vita non le sono mancate, ed è contenta di non essersi tirata indietro, anche se la tentazione di farlo è stata a volte così forte come un vortice nel mare in tempesta; ma ogni volta una piccola cordicella, un’idea, un piccolo filo d’oro, l’hanno tirata fuori. Quell’ improvviso ricordo di “Dona Musica” quella storia sarà forse il filo d’oro di oggi per ritrovare la forza di essere gentile?
Le foglie verdi ondeggiano piano, si sente il fischio di una nave, la brezza del mare vicino culla i suoi pensieri.
Quel giorno quando Gui ritorna dal lavoro, come sempre stanco, taciturno, schiacciato dai suoi pensieri, trova Elena, più accogliente del solito, che gli sorride e lo blocca sulla porta di casa con un abbraccio coinvolgente. Come ormai accade negli ultimi due mesi, si meraviglia di quel cambiamento, di quei suoi sorrisi inaspettati, di quell’abbraccio che scioglie tutta la tensione accumulata in quell’ufficio dove non c’è mai tregua, dove i problemi si accavallano, si accumulano senza soluzioni. La tenerezza di Elena scende nel suo cuore come una musica dolce che lo rasserena, che lo porta a sciogliere quel nodo che gli blocca le parole da sempre, da quando bambino si sentiva invisibile, davanti a un padre che sapeva solo lanciare messaggi di sfiducia. Allora, come un prodigio, fiorisce per la prima volta, sulla sua bocca una frase: Grazie Elena, tu non sai quanto sei importante per me…
Raimondo e Maria Scotto
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