Oggi voglio condividere con voi la richiesta di una moglie che mi ha profondamente toccato. Nelle sue parole ho colto una grande tenerezza, ma anche tanta confusione. Non sa come orientarsi, e ciò che più mi addolora è che alcuni sacerdoti, anziché aiutarla a fare luce, l’hanno confusa ancora di più. Lei sente nel cuore dov’è la verità, ma chi le sta intorno la spinge verso scelte che non le appartengono, che non sente giuste, e che – con coraggio – rifiuta.
Molti sacerdoti mi dicono che la sessualità tra marito e moglie può comprendere anche sesso anale e rettale per compiacere a lui …. credimi ma io sapevo che non è così…. dov’è la verità? In attesa che lui cresca anche nell’amore sponsale come mi devo comportare? Scusami se mi sono permessa di scriverti?
Carissima, grazie per il coraggio e la fiducia con cui poni questa domanda così intima. Non sei affatto bigotta, né sbagliata. La tua inquietudine è segno di un cuore che cerca la verità sull’amore, e questo è prezioso.
Ci sono sacerdoti che oggi, nel desiderio di non ferire o escludere nessuno, finiscono per dire che “tra marito e moglie tutto è lecito, purché vi sia consenso”. Ma la verità sull’amore sponsale cristiano è molto più grande e più bella di un semplice “se siete d’accordo, va bene tutto”. Quando ci si ama davvero, non basta acconsentire: bisogna domandarsi se ciò che si fa costruisce o distrugge, unisce o divide, nobilita o degrada.
La Teologia del Corpo di San Giovanni Paolo II insegna che l’unione sessuale nel matrimonio è un linguaggio del corpo, che dice: “Io mi dono a te completamente, senza trattenere nulla, né nel corpo né nel cuore”. Ma quando si praticano atti che imitano comportamenti pornografici (come il sesso anale), spesso quel linguaggio viene stravolto. Non è più “mi dono a te”, ma diventa “ti uso per soddisfare un mio desiderio”. E questo cambia tutto.
2. Aspetti fisiologici e sessuologici: cosa dice il corpo
Anatomicamente, il corpo femminile è fatto per l’unione vaginale, che è l’unico tipo di rapporto che può coniugare piacere, apertura alla vita e comunione profonda. L’ano non è un organo sessuale: non produce lubrificazione, non ha la stessa elasticità dei tessuti vaginali, è altamente innervato per la sensibilità al dolore, non al piacere.
Il sesso anale può provocare microlesioni, infiammazioni, infezioni e, a lungo andare, problemi di incontinenza. Non sono parole da moralista, ma dati medici condivisi da molti ginecologi e sessuologi. La nostra amica Luisa, ginecologa, ci dice spesso che tante donne durante le visite piangono raccontando l’insistenza dei mariti su questo tipo di pratiche, vissute come violente, umilianti, non desiderate. Dove c’è amore, non può esserci forzatura. E non basta il consenso per trasformare un atto in qualcosa di buono.
3. Aspetti psicologici: il bisogno di “andare oltre” è un campanello d’allarme
Spesso, chi chiede al partner pratiche spinte o degradanti non è mosso dal desiderio di intimità, ma dalla noia, dalla ricerca di stimoli sempre più forti per provare piacere. È un meccanismo ben noto in psicologia, legato alla desensibilizzazione tipica dell’uso abituale della pornografia.
Quando il piacere viene scollegato dall’amore e dalla tenerezza, diventa un bisogno insaziabile, e la sessualità si svuota del suo senso più profondo. Non unisce più, ma isola. Spesso, questo circolo porta nel tempo all’insoddisfazione, all’astinenza e perfino alla rottura della relazione.
4. La verità del corpo, la bellezza dell’unità
Tu hai scritto una frase bellissima e centrale: “in attesa che lui cresca anche nell’amore sponsale, come mi devo comportare?”. La tua domanda è già la risposta. Chi ama, accompagna. Ma non cede su ciò che è falso. Dire “no” a pratiche che umiliano, feriscono o degradano non è mancanza d’amore, ma il suo compimento. È difendere la bellezza del corpo e della comunione.
Può essere il momento di parlarne con chiarezza, magari anche con l’aiuto di un sacerdote che abbia a cuore il progetto di Dio sul matrimonio, o di un consulente esperto in sessuologia coniugale. Il punto non è dire: “questo è peccato, questo no”, ma riscoprire insieme una sessualità piena, tenera, creativa, che dia piacere senza mai perdere di vista l’altro come persona e non come strumento.
5. In attesa che lui cresca… non restare sola
Non portare da sola il peso di questo conflitto. Coinvolgilo con dolcezza ma anche con fermezza. Proponigli un cammino comune, un dialogo sincero, magari anche un percorso per coppie cristiane che approfondisca il significato profondo della sessualità. Se lui ti ama davvero, capirà. E se oggi non è pronto, la tua fedeltà alla verità lo aiuterà a maturare.
“La sessualità, vissuta secondo il cuore di Dio, è un linguaggio d’amore, non un luogo di sperimentazione”.
Non cedere alla paura di sembrare rigida. Sei libera di dire no a ciò che non parla d’amore, anche se oggi tanti — perfino alcuni sacerdoti — sembrano confusi. Il tuo corpo è sacro. Il tuo amore è degno di essere espresso in un linguaggio che unisce, non che divide.
E allora sì, abbi il coraggio di dire no. Non per giudicare, ma per custodire. Non per privare, ma per orientare verso un “sì” più pieno, bello e santo. E se oggi ti senti sola, sappi che non lo sei. Noi siamo con te. E Dio, che ha fatto dell’amore un sacramento, è il primo a lottare con te per questa bellezza.
Antonio e Luisa
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