Dai «Discorsi» di san Cesario di Arles, vescovo (Disc. 25, 1; CCL 103, 111-112) «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia » (Mt 5, 7); dolcissima è questa parola «misericordia», fratelli carissimi, ma se è già dolce il nome, quanto più la realtà stessa. Sebbene tutti vogliano che nei loro confronti si usi misericordia, non tutti si comportano in modo da meritarla. Mentre tutti vogliono che sia usata misericordia verso di loro, sono pochi quelli che la usano verso gli altri. O uomo, con quale coraggio osi chiedere ciò che ti rifiuti di concedere agli altri? Chi desidera di ottenere misericordia in cielo deve concederla su questa terra. Poiché dunque tutti noi, fratelli carissimi, desideriamo che ci sia fatta misericordia, cerchiamo di rendercela protettrice in questo mondo, perché sia nostra liberatrice nell’altro. C’è infatti in cielo una misericordia, a cui si arriva mediante le misericordie esercitate qui in terra.[…]
L’Ufficio delle letture di oggi ci propone la lettura di un brano di questo santo che va dritto al punto senza troppi giri di parole. Naturalmente non possiamo esaurire il tema della misericordia in poche righe, ma ne tratteremo un piccolo aspetto che riguarda il perdono.
Prima di addentrarci in questo delicato aspetto dobbiamo fare una premessa importante sulla misericordia, intesa come La misericordia per eccellenza, cioè Dio stesso: il perdono è un frutto della misericordia, esso non esaurisce tutta la misericordia, ne esplicita un aspetto; nel linguaggio comune, anche quello del nostro omileta di cui sopra, la parola misericordia è intesa proprio nella sua accezione di perdono.
Senza entrare nel filosofico, ci basti pensare che Dio ci perdona poiché è misericordioso, ovvero la sua misericordia anticipa il perdono, Egli ci perdona poiché vede nel profondo del nostro cuore e quindi conosce le nostre miserie e, compatendole, è pronto a perdonarci a patto che noi riconosciamo il nostro peccato, a patto di fare il famoso “mea culpa”; per esempio il risveglio della coscienza è un altro atto di misericordia da parte di Dio, a noi la decisione di accettarla o meno.
Tornando all’accezione di perdono, san Cesario ci rimprovera ricordandoci che quando ci viene usata misericordia ne siamo grati, mentre quando si tratta di usarla nei confronti degli altri siamo un po’ più restii, per usare un eufemismo.
Se siamo davvero sinceri, dobbiamo ammettere che quando riceviamo misericordia, a volte riusciamo ad accoglierla con umiltà e a riconoscere i nostri errori. Ma spesso, più che riceverla con gratitudine, finiamo per pretenderla. Ci rifugiamo nella nostra fragilità, nella nostra miseria, in mille attenuanti, che tra l’altro ci siamo procurati da soli con molta scaltrezza, tanto da mettere l’altro nella posizione di doverci perdonare quasi per forza. E se non lo fa subito, lo facciamo sentire in colpa, come se la sua mancata misericordia fosse un’ingiustizia.
Cari sposi, il perdono è un punto chiave nel matrimonio, senza di quello non si va molto lontani in due, si corre il rischio di camminare in una relazione zoppa, dove l’uno è sempre perfetto e l’altra è sempre manchevole, oppure dove l’una è sempre quella che usa misericordia e l’altro è sempre quello che la deve ricevere perché sbaglia a priori, e molti altri esempi simili.
Ma san Cesario ci mostra la via d’uscita, praticamente ci spiega quale tipo di investimento dobbiamo fare per il nostro futuro: Chi desidera di ottenere misericordia in cielo deve concederla su questa terra. Se in questa terra ci è di protezione, nell’altro mondo ci sarà liberatrice. Quindi lo slogan da tenere a mente è: protetti di qua e liberi di là.
Coraggio sposi.
Giorgio e Valentina
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