Cari sposi, oggi il Vangelo ci mostra una scena davvero toccante, perché gli apostoli fanno una richiesta quanto mai lecita nel chiedere a Gesù di aumentare la loro fede. In realtà si tratta di una vera e propria supplica perché poco prima Egli ha parlato delle gravissime conseguenze di chi scandalizza un bambino così come del comando perentorio di perdonare sempre… Se queste sono le condizioni per seguire Gesù, meglio chiederGli subito di aumentare la nostra poca fede, altrimenti siamo perduti!
La risposta di Gesù in apparenza sembra alzare ancora il tiro e non pare li abbia rincuorati, infatti chiede qualcosa di paradossale, con l’immagine del gelso. Vediamo però di cosa si tratta, addentrandoci nel mondo di allora. Il gelso bianco o nero è un albero di origini antichissime in Palestina e che può raggiungere i 15-20 metri di altezza, per cui le radici sono ben robuste, elastiche con estensioni profonde nel terreno, cosa che rendeva il loro sradicamento estremamente faticoso e laborioso. Di contro, il seme della pianta di senape è notoriamente microscopico, cosicché Gesù sta giocando su un evidente contrasto: da un lato, la grandezza del lavoro e sforzo per estirpare un gelso, dall’altro la piccolezza del semino di senape. Contrasto che aumenta con la menzione del mare, che molto probabilmente non si riferiva al Mediterraneo bensì al “Yam ha-Melah”, ossia al Mar morto.
Gesù, a ben vedere, non chiede una fede “abnorme” per realizzare una cosa così difficile e ai limiti della ragionevolezza bensì proprio quella loro “fedina”, che spesso stentava e batteva la fiacca – pensiamo alla scena dell’esorcismo fallito. Quindi, in fondo, Gesù non sta esasperando i già provati apostoli, bensì con questo risposta nel fondo sta solo incoraggiandoli a ravvivare di continuo la loro fede.
Ci aiuta a comprendere il messaggio di Gesù la prima lettura nella quale il profeta Abacuc, riferendo le parole di Jahvé, afferma: “il giusto vivrà per la sua fede”. Ovvero, la fede non è un optional di cui si può fare a meno, o quel gadget di Amazon che ogni tanto può far comodo; è piuttosto questione di vita o di morte: se si ha, si vive e sennò, si perisce. Quel “per” sta a significare “a causa di, per mezzo di”, un significato molto forte.
È impattante che questo oracolo del Signore venga detto proprio ad Abacuc, uno dei dodici profeti minori, vissuto in Giudea nel VI secolo e testimone oculare di un dramma epocale, espresso chiaramente in questa prima lettura. Si tratta dello sfacelo che accadde nell’anno 587 a.C. quando Gerusalemme venne assediata, saccheggiata e distrutta – Tempio incluso -, dal poderoso esercito babilonese. A chi verrebbe spontaneo, vedendo la propria città, la propria casa, in preda alle fiamme e alla guerra, far leva sulla fede per sopravvivere?
Ora capiamo meglio Gesù e cosa vuol trasmettere nel fondo ai suoi accostando l’immagine del gelso sradicato e del granello. Di nuovo, ci scontriamo con il paradosso che Cristo ha incarnato con la sua vita: ha detto e fatto cose che la nostra povera mente, per quanto valida e capace di conoscere il vero e il bene, non riescono a comprendere. Diceva Papa Francesco, scrivendo proprio sulla figura del filosofo cristiano Blaise Pascal, che “la fede è di un ordine superiore alla ragione, ciò non significa affatto che vi si opponga, ma che la supera infinitamente” (lettera apostolica Sublimitas et miseria hominis).
Ecco perché, come gli apostoli, anche noi dobbiamo supplicarLo ogni giorno di farci crescere nella nostra relazione con Lui e mai accontentarci di quel che siamo. Da Abacuc fino al gelso e alla senape, tutto ciò ci insegna che credere vuol dire saper aspettare l’opera e l’azione di Dio. Fede è essere certi che Egli agisce nella nostra vita, come solo Lui lo sa. Nella vita ci possono essere tante difficoltà, tante croci, tanti mali e per questo la tentazione di mollare tutto è sempre dietro l’angolo, come lo smettere di pregare, di ricevere i sacramenti, di frequentare la chiesa. Ecco allora che Abacuc e con lui il Signore ci dice di non mollare, di restare nel servizio e nella fiducia verso il Signore. E quella fede lì ci salverà!
Gesù ci dice che basta un poco di fede per starGli vicino e permettere che Lui lo sia a noi: Diceva infatti San Tommaso d’Aquino “È meglio zoppicare sulla strada giusta che camminare a forte andatura fuori strada” (Esposizione su Giovanni, cap. 14, lectio 2). Ora è chiaro quanto tutto ciò si possa innestare nel matrimonio!
Anzitutto che il matrimonio è fondato sulla fede. Tutti voi ricorderete il momento iniziale della vostra celebrazione nuziale, quando davanti al fonte battesimale, avete fatto memoria e ringraziato la Trinità di essere figli amati. Questa è fede! Sapere che l’amore nuziale non sussiste se non crediamo all’Amore che Dio ha per noi. Ed è fede soprattutto continuare a crederlo anche quando il coniuge non corrisponde a questo Amore e si blocca o, peggio, se ne allontana.
Talvolta il matrimonio e la vita familiare presentano sfide assurde come sradicare a mani nude un albero possente e a metterlo a bagno maria in acqua salata. Che facciamo allora? Gesù vi sta incoraggiando a fare uso di quei pochi granelli di senape, simbolo della nostra fede, e di confidare che basterà ad andare avanti, a perseverare.
Che bello pensare che Gesù è lì con noi anche nelle situazioni più grige e meno sublimi: “Oggi possiamo dire anche che la Trinità è presente nel tempio della comunione matrimoniale” (Francesco, Amoris laetitia, 314). Questa fede ci aiuti vi aiuti non solo a perseverare ma anche a crescere in essa.
ANTONIO E LUISA
Quando pensiamo alla fede da sposi, l’anello che portiamo all’anulare diventa un segno concreto: non è soltanto un ricordo del giorno delle nozze, ma un richiamo quotidiano al fatto che non siamo soli. La fede nel matrimonio non è mai solo personale, ma condivisa: io credo anche per te, tu credi anche per me. Ci sono giorni in cui il peso della vita, le prove, le delusioni, possono farci dubitare della vicinanza di Cristo. Ma proprio allora l’altro diventa specchio della presenza di Dio: il suo “io credo” diventa sostegno al mio “faccio fatica a credere”. Questa è la bellezza della comunione sacramentale: non due cammini paralleli, ma un’unica strada percorsa a due, in cui la fede di uno diventa forza, luce e speranza anche per l’altro. Così l’anello non è solo oro, ma memoria viva di una promessa che sostiene la fede reciproca.
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Grazie!
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