La santità in famiglia profuma di pane

Cosa è la santità? Può essere casa. Può essere profumo di pane, Questo è solo un racconto frutto di fantasia, ma sono sicuro che riconoscerete qualcosa che vi è familiare.

Marco si svegliò prima dell’alba. Nel silenzio della casa, la moka borbottava piano e il profumo del caffè si mescolava a quello del lievito: la sera prima, sua moglie Anna aveva preparato il pane, come faceva ogni sabato. Le piaceva impastare con le mani, diceva che il pane non viene bene se non ci si mette dentro un po’ di cuore.

Si avvicinò al forno e guardò quel pane che cresceva piano, come una vita che si forma lentamente. Quella mattina, però, Marco non riusciva a pregare. Aveva dormito male. La sera prima avevano litigato, per l’ennesima volta, per una sciocchezza diventata tempesta. Aveva detto parole che ora gli pesavano sul petto. Eppure, da fuori, la loro era una famiglia normale: lavoro, figli, parrocchia, qualche difficoltà come tutti. Solo che dentro di lui qualcosa si stava spegnendo.

Quando Anna scese in cucina, lui provò a sorridere, ma lo sguardo di lei restò freddo. «Il pane è pronto», disse semplicemente. Poi sedettero uno di fronte all’altra, in silenzio. Marco guardò le mani di sua moglie, stanche ma belle. Quelle mani avevano accarezzato i figli, preparato pasti, consolato, atteso. Eppure, quante volte le aveva giudicate “banali”, quante volte aveva pensato che la santità fosse altrove — nei monasteri, nei missionari, nei santi che avevano fatto cose grandi. Lui, invece, si sentiva piccolo, un uomo qualsiasi intrappolato nella routine.

“Non sono un santo”, si ripeteva spesso. Quella mattina, però, mentre Anna serviva il caffè, notò una cosa che non aveva mai visto: sul braccio, vicino al polso, c’era una piccola cicatrice. Si ricordò di quando lei si era bruciata sfornando una torta per il compleanno di uno dei bambini, anni prima. Era stata una ferita dolorosa, ma guarita in silenzio. Nessuno l’aveva vista. Nessuno, tranne Dio.

Fu in quel momento che gli venne in mente una frase ascoltata in un’omelia: “La santità non è fare cose straordinarie, ma vivere in modo straordinario le cose ordinarie.” Si chiese se forse non fosse proprio quella la chiave: non fuggire, ma restare; non brillare, ma amare.

Quel giorno, al lavoro, Marco ripensò a tutte le volte in cui aveva cercato di cambiare sua moglie, come se la santità del loro matrimonio dipendesse da lei e non dal suo cuore. Si accorse che, in fondo, la vera conversione che Dio gli chiedeva era un’altra: lasciare che fosse Lui a cambiare lui, non l’altro.

Il pomeriggio ricevette un messaggio da Anna: “Ti ho preparato la cena. Ci vediamo alle sette. Ti voglio bene.” Quelle parole lo spiazzarono. Non perché fossero romantiche — anzi, erano semplici — ma perché venivano da un cuore ferito che aveva deciso di donarsi per prima. Quando tornò a casa, trovò la tavola apparecchiata con cura. Il pane del mattino, dorato e fragrante, era sul tavolo. Anna sorrideva. «Hai voglia di spezzarlo tu?» gli disse.

Lui prese il coltello, tagliò piano e il profumo si sparse in tutta la stanza. Quel gesto gli sembrò improvvisamente sacro, come un piccolo altare domestico. Si guardarono negli occhi e, senza parole, si chiesero perdono. In quel momento Marco capì: la santità non è lontana, è lì, seduta di fronte a te. È nella pazienza con cui l’altro ti sopporta, nella decisione di non rispondere al male con il male, nel restare fedele anche quando costa. È nel ripartire ogni mattina, anche dopo un fallimento, dicendo: “Signore, oggi voglio ricominciare.”

Più tardi, mentre metteva a letto i bambini, pensò a tutte le immagini di santi che aveva visto in chiesa: San Francesco, Santa Teresa, Giovanni Paolo II. E poi pensò ad Anna, con le mani che odoravano di farina e la voce dolce anche quando era stanca. Non era una santa “da calendario”, ma la sua vita era un Vangelo vissuto. Allora comprese che la santità non è perfezione, ma dire sì ogni giorno al progetto di Dio. È un’opera a quattro mani: Dio opera, e tu non ti opponi. La santità è lasciare che Dio scriva nel caos della tua storia, senza strappargli la penna.

E capì anche che la santità non si raggiunge mai da soli. Anna, con la sua tenerezza silenziosa, era lo specchio attraverso cui Dio gli insegnava ad amare. Lei lo santificava — non con grandi discorsi, ma con la fedeltà delle piccole cose, con quella pazienza che sembrava debole e invece era forza.

Quella sera, prima di dormire, Marco tornò in cucina. Sul tavolo c’era ancora un pezzo di pane. Lo spezzò in due, ne assaggiò un morso e sorrise. Aveva il sapore della vita vera: dolce e amaro insieme, come ogni cammino d’amore. Poi chiuse gli occhi e sussurrò:

“Signore, rendimi santo qui, dove mi hai messo.
Nelle mie imperfezioni, nelle mie fatiche, nel mio matrimonio.
Fa’ che anch’io sappia donarmi, come fai Tu.”

Fu la preghiera più semplice, ma anche la più vera della sua vita. E forse, proprio quella notte, un nuovo santo cominciò a nascere — non in un monastero lontano, ma in una cucina qualunque, davanti a un pezzo di pane spezzato.

Antonio e Luisa

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2 Pensieri su &Idquo;La santità in famiglia profuma di pane

  1. Mi sono commossa nel leggere qst storia…bellissima e mi ha fatto capire che solo Dio sa’ cosa è meglio per noi e che la fede è un dono ,ma che va’ saputo coltivare come l’ Amore….soprattutto quando è ferito ,minato dalle cattiverie altrui

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