Qualche giorno fa ho fatto una testimonianza intitolata “La Forza del perdono”: riporto qui una sintesi di quello che ho detto, perché ritengo che il perdono all’interno della coppia sia indispensabile e da esercitare continuamente.
1. Quando il dolore ti toglie il respiro
Una delle ferite più profonde che si possono vivere in un matrimonio è quella del tradimento. Chi l’ha vissuto lo sa: è come se un gigante ti afferrasse con la sua mano e cominciasse a stritolarti, ti manca il respiro, ti fa male perfino il corpo. Ti svegli la mattina e non hai più gusto per niente, anche le cose belle ti sembrano sbiadite. È un terremoto dell’anima e non si esce da lì con due pacche sulle spalle. Il primo istinto è la rabbia, la voglia di vendicarsi, di dire a tutti quello che è successo, di far pagare all’altro il dolore che ti ha provocato.
Ma poi capisci che non serve, non guarisce, non ti ridà la pace. Io, personalmente, ho scoperto che l’unico modo per respirare di nuovo era pregare. Ma non la preghiera fatta di belle parole: era la preghiera dei sospiri, delle lacrime, dei silenzi. E piano piano, dentro quel buio, ho capito una cosa: non ero solo. Qualcuno quel dolore lo aveva già vissuto. E quel Qualcuno era Gesù.
2. La perla dell’ostrica
In uno dei nostri convegni abbiamo regalato un piccolo sacchetto con dei sassolini, una perla e una scritta: Vivi come l’ostrica: quando le entra dentro un granello di sabbia, non si abbatte, ma giorno dopo giorno trasforma quel dolore in una perla. Il dolore non si cancella. Non possiamo far finta che non sia successo. Però possiamo lasciare che Dio lo trasformi. Se oggi riesco a parlarne con serenità, è solo perché ho sperimentato che il Signore non butta via niente: neanche il dolore più grande. Anzi, proprio da lì può nascere qualcosa di nuovo. Ecco, io quella perla l’ho vista nascere, giorno dopo giorno, nel mio cuore. Credo che il perdono sia proprio questo: permettere a Dio di entrare nel nostro dolore, di lavorarci dentro, di farne qualcosa di nuovo. Da soli non ce la facciamo. Ma se il dolore lo viviamo con Gesù, in Gesù e per Gesù, allora sì, può diventare una perla.
3. Perdonare: un dono che libera noi stessi
La parola stessa lo dice: per-dono, cioè “dono per”. Ma spesso, il perdono non è un dono per chi ci ha feriti, a volte non gliene importa proprio niente e neanche lo vuole. È un dono che facciamo a noi stessi. Perché quando viviamo nel rancore, stiamo male noi, è come portarsi addosso una catena: ci pensi, ti arrabbi, ti viene in mente quella scena mille volte… e dentro non c’è pace. Quando invece decidi — anche solo inizi a desiderare — di perdonare, qualcosa cambia. Non succede tutto in un giorno, ma comincia un cammino di libertà che richiede tempo, mesi, a volte anni, ma ti libera dalle catene e ti dà la vera pace. E spesso, non è mai “una volta per tutte”: va rinnovato ogni giorno. Attenzione: perdonare non vuol dire far finta di niente, perdonare non è dimenticare.
Le ferite restano. Le cicatrici restano. Anche Gesù risorto aveva ancora i segni dei chiodi. Ma quel dolore non pesa più, perché lo hai consegnato a Lui. Chi perdona, in fondo, sceglie di guardare oltre l’errore per vedere la persona. E questo non può avvenire senza un lavoro profondo su sé stessi: riconoscere le proprie fragilità, i bisogni non ascoltati, le paure che si erano sedimentate da tempo. Il perdono, in questo senso, non cancella il passato ma lo redime. È come una cicatrice: non fa più male, ma resta a testimoniare che qualcosa è stato ferito e poi guarito. Bisogna però perdonare di cuore, non tenere pronte le munizioni da scagliare alla prima occasione possibile, o alla prima litigata.
4. Perdonare non è sottomettersi
Ci tengo a dirlo forte: perdonare non significa lasciarsi calpestare. Non significa dare all’altro il diritto di ferirci ancora. Non significa perdere la nostra dignità. Perdonare vuol dire dire: Io scelgo di non lasciarmi distruggere dal male che mi hai fatto. È un atto di forza, non di debolezza. È dire: Tu mi hai ferito, ma io non voglio che questa ferita decida la mia vita.
E questo vale anche per chi, come tanti, vive una separazione. Perdonare non vuol dire dover tornare insieme. Ma anche in quei casi, il perdono è l’unico modo per non rimanere prigionieri del passato.
5. Da perdonati a perdonatori
Nel Padre Nostro diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori. Ecco il punto: non possiamo perdonare davvero se non ci sentiamo perdonati. Chi pensa di essere “a posto”, di non aver nulla da farsi perdonare, fa più fatica a perdonare gli altri, perché il perdono nasce dall’esperienza della misericordia.
Io stesso, se mi guardo dentro, vedo tante piccole infedeltà quotidiane: mancanze di pazienza, parole dette male, egoismi, piccoli tradimenti verso gli altri e verso Dio. Quando ci si sposa promettiamo di onorare e rispettare il coniuge tutti i giorni della vita…….tutti i giorni, capite? Quanti lo fanno davvero? Piccole infedeltà, anche se non si tradisce fisicamente con un’altra persona. Quando sento che Dio non mi giudica ma mi abbraccia, allora sì che riesco, piano piano, a perdonare anch’io.
6. Perdonare se stessi
C’è poi un’altra forma di perdono, forse la più difficile: perdonare noi stessi. Quante volte ci portiamo addosso sensi di colpa che non finiscono mai: Non sono stato capace – È colpa mia – Non merito il perdono. Ma se Dio ci perdona, chi siamo noi per non perdonarci? A volte serve il coraggio di dire: Signore, mi fido del tuo sguardo più del mio. Perché Dio non guarda i nostri fallimenti: guarda i nostri desideri di bene. Dio ci ama indipendentemente dai nostri meriti e proprio perché la gente non se lo merita, io perdono (è un atto di fede).
7. Gesù sulla croce
Vorrei chiudere con l’immagine più importante: quella di Gesù sulla croce. Ferito, tradito, deriso…avrebbe potuto sterminarci tutti anche senza dire niente. Eppure dice: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno. Lì c’è la forza del perdono. Non è il perdono del “forte” che guarda dall’alto in basso il colpevole. È il perdono di chi ama fino in fondo, anche dentro il dolore. E allora forse il segreto è questo: accettare di essere amati, anche quando non lo meritiamo. Solo chi si sente amato davvero può perdonare. Solo chi ha ricevuto misericordia può donarla.
E quando questo succede, quando il cuore si apre, anche la ferita più profonda può diventare — come quella perla dell’ostrica — qualcosa di prezioso, che brilla e che testimonia la forza dell’amore. Non c’è matrimonio senza croce: lo diciamo spesso, ma raramente lo viviamo davvero. Tutti vogliamo un amore che ci faccia stare bene, ma il Vangelo ci propone un amore che ci faccia diventare santi. E la santità passa anche dal perdono.
Piccolo consiglio pratico per le coppie: alla sera, mettetevi uno di fronte all’altra, prendetevi le mani e, guardandovi dritto negli occhi, recitate insieme il Padre Nostro, soffermandovi sulle parole “come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori” .
Ettore Leandri (Presidente Fraternità Sposi per Sempre)
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