Cari sposi, con tanta gioia iniziamo l’Avvento, un tempo forte di grazia perché particolarmente ricco di occasioni spirituali attraverso cui il Signore Gesù offre a noi credenti aiuto, rinnovamento e crescita interiore. Sono solo tre settimane e mezzo e coincide con un periodo altrettanto intenso per svariati altri motivi: i preparativi del Natale con tutte le visite di familiari e parenti; la preoccupazione per le spese più elevate, tra cenoni e regali; poi, per chi ha figli piccoli, le inevitabili scadenze scolastiche quali recite, feste e colloqui con insegnanti; per non parlare dei pranzi o cene aziendali, il tutto in un contesto di giornate brevi, fredde e grigie, a cui si somma il carico emotivo di una festa che non può non far pensare alla nostra famiglia di origine, ai tempi passati e soprattutto a chi non c’è più.
Gesù però ha scelto apposta di nascere nei giorni più bui e oscuri dell’anno, perché Lui è la Luce che sconfigge ogni tenebra. Non dimentichiamo che nel fondo il motivo vero di tanto caos dicembrino è la nascita di Gesù e, se non possiamo fare a meno di correre come tutti attorno a noi, almeno sappiamo per Chi corriamo, corriamo con Gesù e non lo vogliamo dimenticare mai.
Abbiamo un estremo bisogno di ricordare che la storia che viviamo è già compiuta da Cristo. La sua Venuta 2000 anni fa ha cambiato tutto, anche se la percezione che molto probabilmente abbiamo, fortemente influenzata dal laicismo imperante, non ce lo fa assaporare e non ce ne rende consapevoli. La recente festa di Cristo Re ci ha introdotto all’Avvento, rimembrandoci che il mondo, con tutti i suoi avvenimenti, dalla grande cronaca fino a quel fatto che pare insignificante, è sottomesso a Cristo e può portare a Lui. Per questo la Chiesa ha istituito l’Avvento, come un’occasione di renderci consci che la nostra vita non è una giravolta impazzita ma ha una precisa direzione e una mèta finale: l’incontro personale con Cristo Salvatore.
La Liturgia odierna ci mette in guardia da una rischio reale e assai contagioso: la distrazione che prende forme simili nella superficialità o nell’alienazione. Lo fa utilizzando la vicenda di Noè, un patriarca dell’Antico Testamento, il quale riceve la missione di essere strumento di salvezza per gli uomini e gli animali, dinanzi alla minaccia di un imminente diluvio, ma tutti quelli che lo vedevano, non se ne sono curati affatto.
In tal senso, sono molto chiare le parole di Papa Francesco: la Parola di Dio fa risaltare il contrasto tra lo svolgersi normale delle cose, la routine quotidiana, e la venuta improvvisa del Signore. Dice Gesù: «Come nei giorni che precedettero il diluvio, mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti» (vv. 38-39): così dice Gesù. Sempre ci colpisce pensare alle ore che precedono una grande calamità: tutti sono tranquilli, fanno le cose solite senza rendersi conto che la loro vita sta per essere stravolta. Il Vangelo certamente non vuole farci paura, ma aprire il nostro orizzonte alla dimensione ulteriore, più grande, che da una parte relativizza le cose di ogni giorno ma al tempo stesso le rende preziose, decisive. La relazione con il Dio-che-viene-a-visitarci dà a ogni gesto, a ogni cosa una luce diversa, uno spessore, un valore simbolico (Angelus, 27 novembre 2016).
Chi vive alla giornata o affonda le sue certezze sulle cose che lo circondano corre il grave rischio di trovarsi sguarnito e disorientato quando queste vengano meno. Tutti ricorderemo lo shock della pandemia del Covid, quando, da un momento all’altro, il nostro modo di vivere è stato radicalmente modificato e chi aveva radici salde ha certamente sofferto ma ne è venuto fuori; purtroppo, chi non le aveva, paga ancora le conseguenze.
In cambio l’Avvento ci aiuta ad essere pronti perché ci ricorda qual è la destinazione della nostra vita e soprattutto ci dispone a realizzarla giorno dopo giorno, perché non sappiamo se saremo colti di sorpresa e avremo il tempo di prepararci.
È davvero impressionante la testimonianza di San Carlo Acutis che diceva: muoio felice perché non ho passato la mia vita a sprecare il tempo in cose che non piacciono a Dio. Pertanto, iniziare l’Avvento significa porsi in un profondo esame di coscienza su come stiamo nel rapporto con Cristo e con la sua Volontà. Tutto ciò non deve affatto incutere alcun timore perché, come affermava Papa Benedetto: la vigilanza cristiana non è paura del futuro, ma vivere il presente sotto il raggio della presenza di Cristo (J. Ratzinger, Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme alla Risurrezione, cap. sul discorso escatologico).
Come vivono, quindi, due sposi il tempo di Avvento? Con lo stesso spirito della parabola evangelica delle vergini che attendono lo Sposo. L’Avvento ha un profondo significato nuziale perché ricorda a voi sposi che è Gesù la chiave di volta che interpreta il vostro amore.
Nel recente documento “Una caro” la Chiesa afferma una verità bellissima: L’Apostolo, evocando soprattutto il passo della Genesi in cui i due, l’uomo e la donna, formano una carne sola (cf. Gen 2,24), definisce l’intimità d’amore tra marito e moglie come un emblema luminoso della comunione di vita e di carità che intercorre tra Cristo e la Chiesa (cf. Ef 5,32). Attraverso questa pagina della Lettera agli Efesini, così fragrante nella sua umanità ma anche così densa nella sua qualità teologica, Paolo non si limita a proporre un modello di comportamento matrimoniale cristiano, ma indica nell’unione perfetta e unica tra Cristo e la Chiesa la sorgente originaria del matrimonio monogamico. Esso non è solo un’immagine di quella unione, ma la riproduce e incarna attraverso l’amore dei coniugi. È segno efficace ed espressivo della grazia e dell’amore che sostanzia l’unione tra Cristo e la Chiesa.
Questo per dire che la fonte, la provenienza dell’amore sponsale è Cristo stesso e così il Natale si può comprendere anche come la nascita vera e propria dell’Amore nuziale. Quindi cari sposi, buon cammino di Avvento, certi che Lui non vi farà mai mancare la sua compagnia.
ANTONIO E LUISA
Le parole di don Luca per noi sono state importanti per riflettere sul nostro rapporto. Il tempo di Avvento può diventare anche un tempo per ritrovare una visione autentica del matrimonio. Non si tratta dell’idea greca delle “due metà della mela”, secondo cui l’altro sarebbe ciò che ci completa perché da soli siamo mancanti. La prospettiva cristiana è diversa: ciascuno è una persona intera davanti a Dio. Nel matrimonio non ci si unisce per colmare una mancanza, ma per entrare in comunione. È una comunione che non si chiude su se stessa, ma apre entrambi gli sposi a Cristo, che è il vero Sposo di ciascuno. In questo cammino, l’amore umano diventa via verso l’Amore più grande. L’Avvento ci chiede di fare posto allo Sposo che sta per nascere.
Acquista i nostri libri Il dono del corpo. L’ecologia dell’amore La grazia degli imperfetti
Vai al nostro store con tutti i libri