Il mio augurio per un Natale Santo, sereno e autentico passa attraverso le parole di Maria Winowska, che fu amica di Giovanni Paolo II nonché apprezzata scrittrice. Tempo fa ha pubblicato questo racconto vero che le fu narrato da un parroco ungherese.
“Chiunque potrebbe prendermi per pazzo o per un esaltato – le disse P. Norbert – se non ci fossero trentadue scolaretti a testimoniare la verità dell’accaduto. Nella mia parrocchia in Ungheria, un piccolo paese di 1500 anime, da dove poi mi scacciarono, successe una volta un fatto strano.
La maestra elementare era una militante atea. Tutte le sue lezioni erano imperniate sul tentativo di eliminare Dio dalla vita di quei bambini, per farne dei giovani atei. Ogni occasione era buona per sminuire la nostra Santa Religione, deriderla e screditarla. I bambini intimiditi non osavano difendersi. Le loro famiglie erano credenti e fedeli nell’adempimento dei loro doveri religiosi. In genere, le sciocchezze con cui la maestra, signorina Gertrud, bombardava continuamente i bambini, non avevano un grande effetto su di loro. Io in parrocchia mi impegnavo con tutte le mie forze a sostenere spiritualmente i bambini per abituarli a ricevere spesso il Sacramento della Comunione.
E, caso strano, la signorina Gertrud sembrava avere un fiuto misterioso per individuare chi si era comunicato e queste sue “pecore nere”, come lei le chiamava, le trattava con sfrenata rabbia. Sembrava che lo avesse saputo da questa o da quella spia. Nella IV/a c’era Angela di dieci anni. Era molto intelligente e capace […] la maestra riversava su di lei la sua cattiva luna e la maltrattava in ogni modo.
La bambina sopportava tutto pazientemente però divenne visibilmente sofferente. «Senti Angela, ma non è troppo pesante?». «No, Signor Parroco. Gesù ha sofferto molto di più quando gli sputavano addosso. Questo non mi è ancora capitato». Il coraggio che dimostrava mi riempì di grande ammirazione. Angela non venne mai a lagnarsi da me del pessimo trattamento che riceveva, ma le sue compagne mi raccontavano piangendo degli attacchi della maestra. Dal lato del profitto, questa non poteva dire niente e così si inventava ogni giorno qualcosa di nuovo per toglierle la fede. […].
Poco prima di Natale, esattamente il 17 dicembre, la signorina Gertrud escogitò un piano crudele che, come lei pensava, avrebbe eliminato la fede inutile che impestava la sua scuola. Il fatto merita di essere raccontato in tutti i suoi particolari. Angela fu involontariamente coinvolta in un gioco di domande e risposte. «Che cosa fai se i tuoi genitori ti chiamano?». «Vado», rispose la ragazzina timidamente sottovoce. «Molto bene. Ti senti chiamare e vai subito, come fa una brava bambina. Che cosa succede se i tuoi genitori chiamano lo spazzacamino?». «Viene» rispose Angela […]. «Bene mia piccola. Lo spazzacamino viene perché c’è, perché è vivo».
Un momento di silenzio. «Tu vieni perché sei viva. Però, per esempio, i tuoi genitori chiamano la nonna che è morta. Verrà?». «No non credo». «Brava. E se chiamano Barbablù? Oppure Cappuccetto Rosso? Oppure Pollicino? Ti piacciono le fiabe, no? Allora cosa succederà?». «Non verrà nessuno, perché sono fiabe» […] «Molto bene – gongolò la maestra – mi sembra che oggi tu riesca a pensare più chiaramente. Dunque bambini vedete che qualsiasi vivente che esiste, viene se lo si chiama. E chi non viene quando è chiamato, o non esiste oppure non è più vivo. è chiaro, vero?
E adesso supponiamo di chiamare Gesù Bambino. C’è ancora qualcuno di voi che crede in Gesù Bambino?». Per un attimo tutto tace. Poi, alcune voci timide dicono: «Sì, sì…». «E tu, Angela, credi tu che Gesù Bambino ti senta se lo chiami?». Angela si sentì improvvisamente sollevata da un peso. Ecco dunque il tranello di cui non poteva immaginare la portata. Con grande slancio rispose: «Certo, credo che mi senta». «Molto bene, adesso facciamo un tentativo. Se Gesù Bambino c’è, entrerà se voi lo chiamate.
Chiamate dunque tutti insieme molto forte: Vieni, Gesù Bambino! Uno, due, tre, tutti insieme». I bambini abbassarono la testa e in un silenzio di tomba si sentì una risata satanica. «E qui vi volevo. Questa è la mia prova. Non avete il coraggio di chiamarlo, perché non esiste, come Pollicino, Barbablù, perché sono semplicemente delle favole… storie per vecchietti seduti di fronte al camino, storie che nessuno prende seriamente perché non sono vere».
I bambini, sconvolti, tacevano ancora. Angela era sempre muta e mortalmente pallida. Improvvisamente successe una cosa inaspettata. Angela saltò in mezzo alla classe, i suoi occhi lanciavano scintille: «Noi lo vogliamo chiamare! Ascoltate! Tutti insieme diciamo: “Vieni, Gesù Bambino!“». In un attimo tutta la classe si alzò. Con le mani giunte, sguardi invocanti e cuori gonfi di una smisurata fede gridarono: «Vieni, Gesù Bambino!». […]
La porta si aprì silenziosamente. Videro che una forte luce si concentrava sulla porta. Questa luce cresceva, cresceva, poi divenne un globo di fuoco. Ebbero improvvisamente paura, però tutto accadde così in fretta che non ebbero nemmeno il tempo di gridare. Il globo si aprì e dentro apparve un Bambino splendido come non ne avevano mai visto. Il Bambino sorrideva loro senza dire una parola. La Sua infinita presenza era una infinita dolcezza.
Non avevano più paura, c’era solo gioia. Durò… un momento? Un quarto d’ora? Un’ora? Le opinioni a questo punto stranamente erano diverse. Certo è che l’accaduto non superò un’ora di lezione. Il Bambino era vestito di bianco e sembrava un piccolo sole. La luce proveniva da Lui stesso. La luce del giorno sembrava scura al confronto. […] Quasi impazzita e con gli occhi che le uscivano dalle orbite, la maestra gridò: «E’ venuto, è venuto!», poi scappò e sbatté dietro di sé la porta.
Ad Angela sembrava di svegliarsi da un sogno. Disse semplicemente: «Avete visto, Gesù Bambino esiste. E adesso ringraziamo». Tutti si inginocchiarono commossi e recitarono un Padre Nostro, un’Ave Maria ed un Gloria al Padre. Poi uscirono dalla classe perché era arrivato il momento della pausa. La cosa si sparse molto in fretta. I genitori mi chiesero di interrogare i bambini ed io li interrogai singolarmente. Posso testimoniare sotto giuramento di non aver trovato nei loro racconti la benché minima contraddizione. E ciò che mi ha più sorpreso è che l’avvenimento non sembrò loro niente di straordinario. «Avevamo bisogno di aiuto – mi raccontò una delle ragazze – Gesù Bambino doveva venire ad aiutarci».
Gesù era venuto in loro aiuto. Angela, dopo la scuola, riprese la sua vita in famiglia ad aiutare la mamma.”
Santo Natale a tutti e a ciascuno,
Fabrizia Perrachon
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