La Consolata che consola: una storia da riscoprire

È possibile essere consolati e, poi, essere in grado a propria volta di consolare? Avete mai sentito parlare della “Consolata”? Per cercare di rispondere a queste domande dobbiamo sfruttare un fatto comune: nella vita di ognuno di noi ci sono dei giorni speciali, scolpiti nel cuore e nella mente, giorni che evocano non solo ricordi di eventi passati ma che modellano presente e futuro sulla scia di fatti che ci hanno irrevocabilmente cambiati, fatti crescere, maturare.

Giorni che per il mondo scorrono  forse uguali a se stessi, impastati d’indifferenza, ma che per ciascuno hanno un valore unico e prezioso.  Per esempio oggi, 20 giugno, non è solo l’ultimo giorno di primavera ma una data speciale in cui s’intrecciano ricorrenze che desidero condividere con voi perché possono aiutarci a leggere la vita non come una sequenza di “cose che capitano” ma un piano della Provvidenza che si dispiega potente, benedicente, onnipotente.

Il 20 giugno è un giorno importante per la Chiesa piemontese, e non solo; sì perché Torino, città in cui sono nata, non è solo ricca di storia, arte, cultura, patria di Santi del calibro di Giovanni Bosco, Madre Mazzarello, Giuseppe Cottolengo o Giuseppe Cafasso o per essere il luogo che custodisce la Santa Sindone ma anche perché città che ha per patrona specialissima: la “Madonna Consolata”. È un titolo unico e legato a doppio filo con quello della città.

Chi è esattamente la “Consolata” e perché, qui, Maria è onorata con questo nome? Il titolo ufficiale sarebbe quello di Santa Maria della Consolazione ma per tradizione, derivata probabilmente dal dialetto locale, è diventata per tutti la Madonna Consolata. Si narra che la chiesa paleocristiana che sorgeva dove si trova l’attuale Santuario andò in decadenza e il quadro mariano che conteneva andò perduto. Un ragazzo francese non vedente di nome Jean Ravais sognò una signora che gli disse: “Vai nella città di Torino, trova il mio quadro e ti tornerà la vista“. Dopo diverse vicende, il fatto di non essere creduto e altre peripezie, Jean Ravais arrivò in città e avvenne quando preannunciatogli. Il Vescovo di Torino, presentando il ritrovato quadro alla comunità, esclamò: “Santa Vergine Consolata, prega per noi!” e proprio nello stesso istante il ragazzo tornò a vedere. Era il 20 giugno 1104.

Nel centro città si trova attualmente l’omonimo Santuario – il più importante non solo di Torino ma dell’intera Arcidiocesi – nel quale vi è la scritta latina “Augustæ Taurinorum Consolatrix et Patrona”, cioè “Consolatrice e protettrice della Città di Torino“. Dunque che consola o che è stata consolata? In Maria Santissima si fondono entrambe le cose perché, consolata dall’essere Madre di Gesù, diventa consolatrice dell’intera umanità. Ma non siamo chiamati, forse, a essere tali anche noi? Non è forse vero che siamo stati, più volte, consolati da Dio nel corso della nostra vita e che dobbiamo farci non solo testimoni ma portatori noi stessi di consolazione, di aiuto, di carità, di fraternità nei confronti degli altri? E il prossimo più prossimo – ossia più vicino – non sono forse il coniuge o i figli o i genitori? Ecco quindi che la Madonna Consolata ci svela la missione del cristiano autentico ossia ricevere e dare, che altro non è che ricevere la consolazione dal Padre per poi essere in grado di consolare chi ne ha bisogno.

Se, dunque, questo giorno è solenne per la Chiesa e in particolare per la comunità piemontese, per me e mio marito lo è ancora di più; infatti il 20 giugno del 2012 il nostro piccolo non nato, Chicco, ricevette il Battesimo di desiderio ed esattamente un anno dopo, il 20 giugno 2013, nacque il nostro secondogenito. Casualità? Sono convinta di no perché, come diceva Padre Pio: “Le coincidenze sono coincidenze. Ma c’è qualcuno lassù che organizza le coincidenze”.

Anche se non abito più a Torino da quasi due decenni, la Consolata mi è stata vicina, donando ai miei due figli – proprio il 20 giugno – la vita: ad uno quella che più non muore e all’altro quella terrena. La consolazione arriva per tutti, magari in tempi e modalità differenti, ma non esclude nessuno; ecco allora che il riacquistare la vista dopo una Grazia significa è metafora di riacquistare quella spirituale ossia allenare il nostro cuore a riconoscerla ed accettarla, a ringraziare e a testimoniare, a viverla e a donarla, in un incessante flusso tra terra e Cielo.

Fabrizia Perrachon

P.S.: non c’è nulla di casuale nella vita e la fede deve insegnarci a leggere negli eventi quotidiani la mano di Dio che guida i nostri passi. Nel mio libro “Se il Chicco di frumento – storia vera di speranza oltre la morte prenatale” (disponibile in tutte le librerie fisiche e online nonché su Amazon) parlo approfonditamente di questo, oltre che dell’aborto spontaneo e dei bambini non nati. Leggendolo, forse, riuscirai anche a tu a dare un senso al dolore e scoprire quanto è grande il Signore!

2 Pensieri su &Idquo;La Consolata che consola: una storia da riscoprire

  1. Davvero Maria Santissima è la Consolata, la nostra Mamma Avvocata. Davvero Lei intercede per noi quando siamo nel buio della Fede. Davvero lassù Qualcuno organizza le coincidenze! Grazie della bellissima Testimonianza di Fede e di Amore alla Vita. Grazie!

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