A quel garbo insolente e derisorio, Geppetto si fece triste e melanconico, come non era stato mai in vita sua, e voltandosi verso Pinocchio, gli disse: – Birba d’un figliuolo! Non sei ancora finito di fare, e
già cominci a mancar di rispetto a tuo padre! Male, ragazzo mio, male! E si rasciugò una lacrima.
Siamo ancora nel capitolo in cui Geppetto sta dando forma al burattino al quale, abbiamo visto in precedenza, ha già dato nome Pinocchio. La cosa straordinaria che si scopre in queste righe è che se dapprima l’intenzione di Geppetto era quella di fabbricarsi “un bel burattino di legno; ma un burattino maraviglioso, che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali“, ora invece scopriamo che in realtà questo burattino gli è già figlio, o meglio, è figlio in quanto il Geppetto si pone come suo creatore e padre.
Già questi dettagli ci danno modo di riscoprire la nostra figliolanza divina, il Creatore non limita la Sua azione nella potenza creatrice, ma va ben oltre, perché vuole esserci padre. Avrebbe potuto limitarsi a crearci per poi lasciarci vagare su questa terra allo sbaraglio, quasi fossimo degli orfani lasciati crescere da soli in mezzo alla strada, ed invece ci ha creati come figli perché vuole donarci il Suo amore di Padre e la gioia di vivere come Suoi figli destinati alla gloria eterna.
Quando due fidanzati si sposano non sono due che semplicemente si piacciono e desiderano amarsi per tutta la vita, ma sono anche due figli di Dio, figli dello stesso Padre, che si uniscono in una fratellanza ancora più stretta (ed indissolubile) di quella che già li accomuna, visto così il matrimonio si riveste di una connotazione eterna; questa consapevolezza ha dissipato tra noi – Giorgio e Valentina – tantissime liti, molti contrasti, parecchi bisticci e baruffe, perché se ci pensiamo bene la maggior parte delle dispute non serve a chiarirsi, ma a dichiarare quale sia il vincitore tra i due IO: praticamente una zuffa tra due egoismi che non accettano la sconfitta e vogliono averla vinta sull’altro ad ogni costo e con ogni mezzo.
Cari sposi, dobbiamo imparare sempre di più a vedere il nostro coniuge come un nostro fratello, fratello nella figliolanza dello stesso Padre Creatore e fratello nello stesso Cristo Redentore. Molte volte invece il nostro egoismo ci acceca e ci fa vedere l’altro come un nemico, avere un nemico in casa non è tra le più belle esperienze della vita. Ma c’è di più, perché Geppetto non chiama Pinocchio “burattino“, ma da subito è “ragazzo mio“.
A volte succede che qualche papà tratti il proprio figlio come se fosse un campione di calcio nonostante sia un novellino, questi padri non lo fanno di certo per canzonarlo con ironia o sarcasmo, ma semplicemente perché agli occhi di papà quell’esordiente è già un campione da pallone d’oro, vede nel bambino le potenzialità per diventarlo e già sogna ad occhi aperti il futuro del proprio figlio. Similmente anche noi per il nostro Padre Creatore è come se fossimo già dei figli degni di gloria, e così ci tratta, come dei figli specialissimi ed unici, non ci tratta mai con disprezzo e/o sbattendoci in faccia in primis i nostri peccati, ma ci tratta con tenerezza, i suoi richiami sono seducenti, vogliono sedurci a tornare a Lui con tutto il cuore affinché possiamo partecipare del Suo amore, della Sua pace, della Sua gioia, della Sua vita. E’ così che anche noi dobbiamo trattare il nostro coniuge, vedendo in lui/lei non il “burattino” che è ma il “ragazzo” che è destinato a diventare.
Purtroppo non tutti hanno avuto alle spalle dei genitori che li hanno spronati, incoraggiati, esortati, e forse tra questi c’è anche il nostro coniuge; sono ferite che, se non curate, possono causare molti dolori personali, ma poi inevitabilmente si riversano all’interno della coppia. La prima cosa necessaria è il perdono verso i propri genitori perché ci hanno dato solo ciò che avevano, non potevano darci ciò che a loro volta non hanno ricevuto, anch’essi sono stati genitori imperfetti come tutti, non esistono i genitori perfetti perché l’unico genitore perfetto è il nostro Padre Creatore. I genitori hanno il compito di fare le veci del Padre, sono come dei sostituti di cui Lui si fida per una porzione di anni, le madri hanno il compito di incarnare l’aspetto materno di Dio e i padri quello paterno, e tutto ciò nonostante, anzi no, attraverso i nostri difetti, le nostre finitezze.
Sembra un controsenso, ma in realtà se esistessero i genitori perfetti chi sentirebbe il desiderio e l’impulso a cercare un Altro che ci ami di più e meglio dei nostri genitori? Quindi il primo passo è il perdono e ringraziare il Signore per averci dato i nostri genitori, perché le loro imperfezioni, i loro difetti, le loro mancanze, ci hanno spinto a cercare e trovare/capire che esiste un vero Padre che non ha difetti, che non ha mancanze, che non ha imperfezioni, che non muore e che ci aspetta da tutta l’eternità.
Questa prospettiva è liberante anche vissuta dalla parte di genitori, noi che lo siamo diventati a nostra volta, perché sapere che il Padre si fida di noi due per crescere altri Suoi figli è già una Grazia grande, e secondariamente ci libera da tutti quei sensi di colpa per gli errori o i guai che abbiamo combinato più o meno consciamente. Lo ripetiamo spesso alle nostre figlie che noi siamo come dei genitori in prestito, come dei vicari temporanei, pieni di difetti (in gergo teologico: peccatori) e di limiti, ma perché il vero senso della loro vita non siamo noi genitori ma Il Genitore per eccellenza, Colui di cui noi siamo indegnamente una pallidissima immagine molto sfocata. Ma è Lui che devono cercare, amare e per cui devono vivere.
Coraggio sposi, il cammino è arduo sia come sposi che come genitori che come figli, ma il Padre non ci lascia mai soli.
Giorgio e Valentina.
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