La Sinodalità si impara in famiglia

Cari sposi,

            lo scorso martedì 20 giugno è uscito l’attesissimo l’Instrumentum Laboris, o documento base per affrontare la questione centrale che si è prefissata il Sinodo che si terrà in due sessioni, una a ottobre 2023 e l’altra esattamente l’anno successivo nello stesso mese. Ho seguito la conferenza stampa dei prelati, delle religiose/i e laici che guideranno i lavori e poi ho letto sia il testo come anche il documento che l’ha ispirato, ossia quanto ha pubblicato la Commissione teologica internazionale (CTI) nel 2018 con il titolo: “La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa”.

Non sono qui a complicarvi la vita con dei paroloni teologici ma tutto il contrario, vorrei anzi fare chiarezza e rendervi comprensibile quello di cui stiamo parlando. Anzitutto è bello vedere che il Sinodo cerca solo e unicamente la comunione con Cristo nella Chiesa, da cui il titolo che ne svela il senso profondo: “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, cioè solo dalla comunione in Cristo può nascere la missione di predicarLo al mondo. È quindi interessante notare quante volte ricorre la parla “Comunione” nei due testi e nel documento della Commissione teologica ben 126 volte e nell’Instrumentum Laboris 13.

Leggiamo agli inizi del documento della CTI questo bell’esordio per spiegare come nasce la comunione: “L’Antico Testamento attesta che Dio ha creato l’essere umano, uomo e donna, a sua immagine e somiglianza come un essere sociale chiamato a collaborare con Lui camminando nel segno della comunione, custodendo l’universo e orientandolo alla sua meta (Gen 1,26-28)” (n° 12). E poi ancora: “Dio realizza l’alleanza nuova che ha promesso in Gesù di Nazaret, il Messia e Signore, il quale rivela con il suo kérygma, la sua vita e la sua persona che Dio è comunione di amore che con la sua grazia e misericordia vuole abbracciare nell’unità l’umanità intera” (n° 15).

Non lo dice mai chiaramente in entrambi i testi ma Amoris Laetitia è lapalissiana circa il modo con cui si inizia a “esportare” in terra la Comunione che sgorga da Dio, infatti: “Il Dio Trinità è comunione d’amore, e la famiglia è il suo riflesso vivente” (n° 11). È poi da qui, dalla coppia-famiglia, che si irradia la comunione attorno a sé: “La Chiesa è famiglia di famiglie, costantemente arricchita dalla vita di tutte le Chiese domestiche. Pertanto, «in virtù del sacramento del matrimonio ogni famiglia diventa a tutti gli effetti un bene per la Chiesa. In questa prospettiva sarà certamente un dono prezioso, per l’oggi della Chiesa, considerare anche la reciprocità tra famiglia e Chiesa: la Chiesa è un bene per la famiglia, la famiglia è un bene per la Chiesa. La custodia del dono sacramentale del Signore coinvolge non solo la singola famiglia, ma la stessa comunità cristiana»” (Amoris Laetitia 87).

È questo il senso ultimo dell’espressione che Francesco usa sempre in Amoris Laetitia, “la Chiesa famiglia di famiglie”. Parafrasando l’espressione, vale a dire che è in famiglia, grazie all’esempio, seppur imperfetto, dei genitori che tutti, coniugi e figli, imparano il linguaggio dell’amore e dalla famiglia si può contagiare il mondo circostante. Per cui, cari sposi, sappiate che la Chiesa, nel fondo, conta su di voi, sul vostro dono di essere strumenti di comunione, per imparare a camminare assieme (appunto sinodo) verso Cristo.

padre Luca Frontali

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