Dalla «Lettera», detta di Barnaba (Capp. 5, 1-8; 6, 11-16; Funk, 1, 13-15. 19-21)[…] Il Signore, per mezzo della remissione dei peccati, ci fece creature nuove e innocenti come bambini.[…] Riferendosi poi alla seconda creazione, da lui operata, disse ancora: Ecco che io faccio le ultime cose come le prime. Di questo stato di nuova creatura parla l’autore sacro quando afferma: Entrate nella terra dove scorre latte e miele e prendetene possesso (cfr. Es 33, 3). Ecco allora che noi siamo stati formati una seconda volta. Lo afferma il profeta: Ecco, dice il Signore, strapperò da loro (cioè da quelli predestinati dallo Spirito divino) i cuori di pietra e vi metterò cuori di carne (cfr. Ez 11, 19). Per questo si fece carne e abitò fra noi. Da allora il nostro cuore è diventato tempio santo e dimora del Signore. […]
Oggi la Chiesa celebra la Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore, innalzata a Roma sul colle Esquilino, che il papa Sisto III offrì al popolo di Dio in memoria del Concilio di Efeso, in cui Maria Vergine fu proclamata Madre di Dio. L’Ufficio Divino ci propone alcuni spezzoni dall’epistola attribuita a Barnaba, l’aiutante di san Paolo, nella quale l’autore ci vuole aiutare a riconoscere la nostra dignità di battezzati.
Nel testo l’autore parla di remissione dei peccati, ovvero il Sacramento del Battesimo, quindi si rifà a quella figliolanza divina che ci rende i nuovi destinatari della famosa Terra promessa, nuovi perché figli nel Figlio, Sua preziosa stirpe, nati dal Sua sangue sparso sulla Croce.
Quindi ci spiega in maniera molto sintetica che il Signore ha operato una nuova creazione, migliore della prima, ed è l’opera della Redenzione. Ma la nuova creazione è su un altro piano rispetto alla prima, se della prima possiamo conoscere qualcosa grazie al progresso della scienza, della seconda creazione non possiamo vedere nulla con la nostra scienza poiché essa è sul piano spirituale, il nuovo popolo di Dio è un popolo segnato con un sigillo indelebile nell’anima che è il Battesimo, è indelebile però non si vede con gli occhi carnali come si vede un comune tatuaggio.
La frase su cui ci vogliamo concentrare è quella citata dal libro di Ezechiele: strapperò da loro (cioè da quelli predestinati dallo Spirito divino) i cuori di pietra e vi metterò cuori di carne (cfr. Ez 11, 19).
Potrebbe sembrare una frase poetica, ricca di significati, pregna di simbolismi, ma è quello che il Signore compie veramente con un cuore che si lascia amare da Lui.
Spesso però si riflette sul fatto che il Signore metterà dei cuori nuovi, ed è giusto e santo, ma per farlo c’è una “conditio sine qua non”, e cioè l’azione che precede questa: strapperò da loro i cuori di pietra.
Se qualcuno ha voglia di farsi strappare il cuore alzi la mano. Visto che nessuno l’ha alzata è meglio riflettere un momento, vi siete mai chiesti perché questo verbo (strappare) e non un suo sinonimo? Avrebbe potuto usare verbi come sostituire, rimuovere, asportare… belli ma non avrebbero reso l’idea della violenza dello strappo, della lacerazione, del ridurre a brandelli.
Cari sposi, volete un cuore nuovo, un amore nuovo creato di sana pianta da Dio? Volete essere destinatari della nuova creazione?
Bisogna essere disposti a subire la violenza dello strappo del nostro vecchio cuore di pietra, che non batte più, che è freddo come la pietra, ove dentro non scorre il sangue, cioè la vita. Coraggio sposi, questa distensione estiva ci aiuti ad essere pronti al trapianto di cuore.
Giorgio e Valentina
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