“Ti mangio di baci” è una frase che, al solo pronunciarla, evoca un’immagine vivida di affetto travolgente. Può essere rivolta a un dolcissimo neonato, a un bimbo oppure al nostro amore, fidanzato/a o coniuge. Voler “mangiare di baci” qualcuno ha un significato più profondo della semplice azione in sé perché, a seconda di chi è il destinatario, può racchiudere passione, desiderio, gioco o tenerezza. In questa espressione convivono dolcezza e intensità: il voler “mangiare” di baci l’altro è quasi un bisogno fisico, un’attrazione che spinge a colmare ogni distanza, a non lasciare spazio tra sé e la persona amata. Ma cosa significa davvero questa frase, e perché ha un così forte impatto nella vita di coppia?
Il bacio, nella storia dell’umanità, ha sempre avuto un significato profondo. Studi di psicologia evolutiva mostrano che il contatto labbra a labbra attiva aree cerebrali legate al piacere, rilasciando ossitocina, dopamina e serotonina — ormoni che alimentano il legame e il benessere emotivo. Il “ti mangio di baci” porta questo gesto a un livello più intenso: è come dire non riesco a saziarmi di te. È un comportamento istintivo, simile al modo in cui una madre riempie di baci il proprio bambino piccolo: un misto di protezione e amore incondizionato. Nella coppia, questo istinto diventa un segnale di forte connessione emotiva e attrazione fisica.
“Ti mangio di baci” non è solo passione ma anche intensa tenerezza. C’è un aspetto giocoso, quasi infantile, che si insinua in questa frase. È il lato spensierato dell’amore: quel ridere insieme, quello stare bene anche in silenzio, quel bagaglio di condivisione di vita che dura da anni. In molte coppie, “ti mangio di baci” diventa una frase rituale, quasi un piccolo codice segreto. Pronunciarla significa attivare immediatamente ricordi e sensazioni condivise: magari un bacio dato in un momento speciale, o un gesto affettuoso che ha segnato l’inizio della relazione. La forza dei rituali affettivi in coppia è ben documentata: generano continuità, stabilità e senso di appartenenza. Un bacio “appetitoso” improvviso, accompagnato da quella frase, può spezzare la routine quotidiana e riportare l’attenzione sul valore del legame.
Dietro tutto questo, però, c’è molto di più: chi è che, per eccellenza, si dona a tal punto da farsi magiare, letteralmente? “Prendete e mangiate: questo è il mio corpo” (Mt 26,). Con queste parole, Gesù non si limita a offrire un gesto simbolico ma istituisce un sacramento che diventa il cuore pulsante della vita cristiana, l’Eucaristia. Qui si nasconde una verità radicale: il Figlio di Dio sceglie di farsi cibo per l’uomo. Per gli uomini e le donne di tutti i tempi, da lì in avanti. Per i nostri avi, per noi, per i nostri figli, per i nostri posteri. Per tutti, ovunque e per sempre. Farsi mangiare significa farsi completamente disponibile all’altro, fino a diventare parte di lui. Non è un’offerta parziale, ma totale: non dona solo qualcosa, dona sé stesso. Dal punto di vista teologico, questo è il compimento dell’Incarnazione: Dio non solo si fa uomo, ma si fa nutrimento, entra fisicamente nella nostra vita, si unisce a noi dall’interno.
Nella cultura ebraica, mangiare insieme aveva un valore di comunione profonda. Qui Gesù va oltre: non si limita a sedere alla stessa tavola, ma diventa il cibo stesso. Questo gesto, letto alla luce dell’amore, esprime intimità assoluta perché non c’è unione più completa di quella che passa dal nutrimento. Ma esprime anche il desiderio di rimanere: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 6,56). È il contrario di un Dio lontano e intoccabile: è un Dio che si lascia “consumare” perché l’amore, per sua natura, si dona fino in fondo.
Mangiare, biologicamente, significa assimilare ciò che si consuma. Nel caso dell’Eucaristia, il processo si ribalta: non siamo noi a trasformare Cristo in noi, ma è Lui che trasforma noi in Lui. Sant’Agostino lo spiegava così: “Non sarai tu a trasformare me in te, come il cibo del tuo corpo, ma sarò io a trasformare te in me.” In questo senso, l’Eucaristia è un’esperienza di trasfigurazione: non solo ci nutriamo di Cristo, ma diventiamo più simili a Lui. Mangiare qualcuno di baci, allora, si configura come un’espressione di amore altissimo, al di là dell’espressione divertente e divertita. Significa, ancora una volta, che Gesù ci ha insegnato tutto. E che il vero cibo dell’amore è Lui che si fa dono. E noi, piccoli piccoli, se ci doniamo a nostra volta, rendiamo visibile nel concreto questo immenso regalo d’amore.
Fabrizia Perrachon
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