La fedeltà non è una bandiera

Alla fine del rito del Matrimonio, dopo la celebrazione del Sacramento, vengono letti agli sposi gli articoli del codice civile, perché oltre alla grazia divina e agli effetti stabiliti dai sacri Canoni, il Matrimonio produce anche gli effetti civili secondo le leggi dello Stato, con diritti e i doveri dei coniugi che sono tenuti a rispettare e osservare. Art. 143: …. Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione.

Quando mi sono separato, uno dei motivi che mi ha fatto desistere dal rifarmi una vita è stato quello di coerenza a una promessa fatta a Dio e davanti agli uomini, cioè per nessun motivo avrei voluto venir meno a un patto così importante. Tuttavia, sebbene questa scelta sia umanamente apprezzabile e lodevole, non è sufficiente per trascorrere una vita in solitudine; non è l’osservanza a una legge che ti permette di vivere libero e in pace. Infatti per noi cristiani non è questo quello che conta e che ci fa fare delle scelte in un certo modo: anche il matrimonio civile è indissolubile, basta rileggere l’articolo citato sopra.

Allora cosa c’è di diverso nel Sacramento del matrimonio? E’ presto detto: Gesù si fonde con gli sposi in maniera indissolubile (cioè non è solubile, non si può sciogliere) e la relazione degli sposi partecipa alla relazione di Cristo con la Chiesa e di Dio con l’umanità. Così gli sposi, prendendo spunto da quello che ha fatto Cristo con gli uomini e da come Dio fin dall’inizio della storia si è preso cura del suo popolo, possono continuare a promettersi amore eterno. In questo modo si passa da una promessa umana (fusione a pochi gradi) a una promessa divina (fusione a milioni di gradi).

Pertanto, anche noi separati fedeli, non siamo a sorreggere la bandiera dell’indissolubilità o a testimoniare quanti anni sappiamo resistere da soli, ma al contrario, con la grazia di Dio, ci impegniamo a passare dalla difesa all’attacco. Questo comporta che è perfettamente inutile essere fedeli al coniuge se poi trattiamo male gli altri; è senza senso non andare a letto con altre donne/uomini e poi essere sempre tristi o arrabbiati, mandando a quel paese il primo automobilista che rallenta per la strada o il collega di lavoro che non sopporto. Non deve limitarsi il tutto ad un’osservanza di un obbligo coniugale ma bisogna trovare il senso di quell’obbligo per donarsi a tutti. Per certi aspetti, limitarsi alla sola fedeltà al coniuge può essere la scusa o il pretesto per sentirsi con la coscienza pulita e non impegnarsi con tutti gli altri fratelli e le sorelle. E’ vero che un giorno saremo chiamati e rendere conto prima di tutto di come ci siamo presi cura del nostro coniuge, ma subito dopo di come abbiamo trattato tutti gli altri!

Ettore Leandri (Fraternità Sposi per sempre)

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Un pensiero su &Idquo;La fedeltà non è una bandiera

  1. “La fedeltà non è una bandiera”

    Quando si ama…si ama sempre, anche da separati o divorziati.
    Si continua a pregare e desiderare il bene dell’altro. Si spera.

    E’ quando non c’è vero bene che subentrano i problemi e la rabbia.

    La fedeltà non dovrebbe essere conseguenza di una promessa fatta, e quindi di un obbligo morale. Secondo me, quando si vuole bene davvero, si continua ad essere fedeli e basta.
    Perché questo è naturale e viene spontaneo.

    Il fallimento di un Matrimonio produce tanta tristezza, anche in Gesù.

    Ma l’amore è più forte della morte.
    L’amore salva quello che è stato, quello che è e sarà. L’amore spera e prega. Lascia andare ma…non lascia finire. Crede in un di più, in un oltre.

    Sì, anche secondo me non ha senso rimanere fedeli, se ci si sente prigionieri della propria “parola data”. In questo caso può succedere di sentirsi eroi, o vittime e “scoppiare”. Può subentrare il bisogno di riscatto, o di farsi una “bandiera”. Ma questo succede quando non c’è amore.

    Invece, custodire nel cuore l’amore, dona pace, fiducia, bellezza, sorriso.

    Grazie!

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