La sessualità promette molto, ma raccoglie poco. Seconda parte.

Se sabato non avete letto la prima parte vi lascio il link. Riprendo ora da dove ho interrotto la precedente riflessione.

Quando riconosciamo il Creatore come origine e partecipe del nostro amore, la sessualità assume un significato che è più grande di se stessa, che la trascende e che è capace di riempire il cuore degli sposi. In questo modo, al piacere provato nell’atto coniugale fa seguito la gioia nel cuore di entrambi. Una gioia che dura nel tempo, e che li riempie. Questo perché gli sposi entrano in comunione tra loro, ma entrano anche in comunione con il Creatore, fonte inesauribile nella quale le anime cercano la gioiosa pienezza. Per noi è così! Dopo ventidue anni di matrimonio l’intimità diventa sempre più bella e piena. Non parlo di prestazione ma di comunione e nutrimento.

Solo quando viviamo la nostra sessualità così comprendiamo allora che l’atto coniugale non è un atto che riguarda solo i coniugi e che rimane unicamente in loro, ma che, vissuto nella sua verità, è un atto di abbandono a Dio. Possiamo affermare con assoluta certezza che l’amore dei coniugi non è questione di due, ma di tre: la moglie, il marito e Dio. Pertanto, poiché l’amore deve essere vissuto nell’integrazione di tutte le dimensioni, anche l’unione sessuale è, se gli sposi lo consentono, un momento di unione con il Creatore.

La meravigliosa Teologia del Corpo di San Giovanni Paolo II ci ha lasciato un dono enorme quando approfondiamo questo argomento. Egli spiega che nell’unione sessuale dei coniugi si sperimenta una vera “liturgia dei corpi”. In esso gli sposi esprimono fisicamente ciò che fanno anche con l’anima. Nell’atto coniugale si ascolta il linguaggio del corpo poiché esso è stato creato per essere sacramento della persona, cioè per manifestare in modo visibile – nella carne – una realtà invisibile – l’anima.

Per questo, quando i coniugi si aprono alla conoscenza di questa verità e al suo rispetto, vivono la loro intimità sessuale come un momento sacro di liturgia e di preghiera. Ciò non significa che sia noioso o monotono, ma al contrario: implica che la gioia della comunione sia vissuta nel quadro dell’eterno amore divino, che si rinnova continuamente con gioia e creatività. Gli sposi si donano nella loro totalità di corpo e anima, così come Cristo Sposo ha fatto per la sua Sposa, la Chiesa sulla croce.

Qui vediamo chiaramente che si tratta davvero di una “liturgia dell’amore”, con i suoi momenti ben definiti e la propria trascendenza. L’atto coniugale è una preghiera autentica che gli sposi elevano a Dio con tutto il loro essere, ringraziando per il dono d’amore ricevuto. È un momento sacro, in cui il letto nuziale diventa luogo di parto e di donazione. E lì sperimentiamo una piccola anteprima di ciò che ci aspetta in Paradiso.

L’atto coniugale è cammino di santità perché in esso gli sposi si trasmettono reciprocamente la Grazia. Come abbiamo più volte ricordato l’intimità fisica rinnova il sacramento del matrimonio con una nuova effusione di Spirito Santo. Nel rito del sacramento del matrimonio è la prima unione sessuale degli sposi a consumare (cum-summare portare alla sommità) il sacramento e il mezzo attraverso il quale entrambi si trasmettono reciprocamente la Grazia. I coniugi si rivolgono a Dio nel loro amore e comunicano tra loro i doni che Egli dona loro. Sempre Noriega afferma che: Il coniuge cristiano potrà trasmettere all’amato nella sessualità non solo una una presenza reciproca, ma anche il dono dello Spirito. Dio diventa protagonista anche della formazione dell’amore tra i coniugi, poiché non è estraneo a nulla di umano, compresa la sessualità, che Egli stesso ha creato.

Sappiamo che il matrimonio costituisce una vocazione, nella quale ciascuno dei coniugi aiuta l’altro a percorrere il cammino della santità. Ciò avviene attraverso i numerosi atti d’amore che hanno l’uno verso l’altro. Non sfugge a questo l’atto coniugale, che, vissuto nel rispetto dei suoi significati e della sua verità intrinseca, diventa occasione di crescita nella santità, poiché i coniugi crescono nella virtù della carità, ricercando il bene dell’altro e compiendo la volontà di Dio che cresce nell’amicizia con lui.

Antonio e Luisa

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