Contemplando l’unità della famiglia

Dal 18 al 25 gennaio, nel nostro emisfero nord, si celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Tale data è stata proposta nel 1908 da padre Paul Wattson, perché compresa tra la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo, assumendo quindi un significato simbolico. Invece nell’emisfero sud, in cui gennaio è periodo di vacanza, le chiese celebrano la Settimana di preghiera in altre date, per esempio nel tempo di Pentecoste, periodo altrettanto simbolico per l’unità della Chiesa.
Dunque in questa settimana (ma non solo) ogni cristiano è chiamato ha pregare insieme per il raggiungimento della piena unità, che è il volere di Cristo stesso “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa (Ut unum sint); come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 20-21). Come sposi cristiani, anche noi siamo chiamati ha pregare per l’unità della nostra Grande Famiglia che è la Chiesa, ma contemporaneamente ci sentiamo ancor più chiamati a pregare per l’Unità della Famiglia, definita appunto Piccola Chiesa Domestica. Per questo, partendo dal passo del profeta Isaia 1,17 “Imparate a fare il bene, cercate la giustizia” scelto dal Gruppo di lavoro locale nominato dal Consiglio delle chiese del Minnesota come testo di riferimento per la Settimana di quest’anno, condividiamo il percorso di preghiera che come sposi seguiremo durante gli otto giorni (tracciato sulla base dell’Esortazione Apostolica di papa Francesco Amoris Laetitia) per contemplare l’unità insieme ad ogni famiglia.
INTRODUZIONE
Interiorizzando il versetto di Isaia, comprendiamo che Dio chiede rettitudine e giustizia da tutti, in ogni momento e in tutte le sfere della vita. Il mondo di oggi “ripropone”, anche all’interno delle famiglie, le sfide della divisione che Isaia fronteggiò nella sua predicazione. La giustizia, la rettitudine e l’unità hanno origine dal profondo amore di Dio per ognuno di noi e rispecchiano chi è Dio e come Dio si aspetta che ci comportiamo gli uni con gli altri, partendo innanzitutto dal nostro piccolo ambiente in cui viviamo quotidianamente. “IMPARATE A FARE IL BENE” in famiglia Siamo consapevoli che non è facile fare il bene: dobbiamo impararlo, sempre. Fortunatamente c’è il Signore che c’è lo insegna. Perciò dobbiamo farci bambini e imparare. Ciò significa che nel cammino della vita, della vita familiare, si impara tutti i giorni. Ci si deve impegnare tutti i giorni a fare qualcosa di buono per ogni membro della famiglia, per essere così migliori del giorno prima. Ma prima di tutto fare il bene richiede la decisione di impegnarsi in un esame di coscienza quotidiano che, non solo singolarmente, ma anche come coppia dovremmo intraprendere. Vi suggeriamo allora, al termine di ogni giorno di questa settimana, di riflettere su due quesiti:
1) Oggi, che cosa Dio mi ha insegnato? Quale virtù mi ha aiutato a coltivare mediante la presenza
e/o le parole del mio coniuge e dei miei figli?
2) Come famiglia in che modo “esportiamo” il bene “accumulato” all’esterno del nostro nido
familiare ed essere così portatori di unità?
“CERCARE LA GIUSTIZIA” in famiglia. La giustizia è un tesoro che va cercato, desiderato, è la meta del nostro agire. Isaia ci suggerisce che praticare la giustizia è un modo concreto di fare il bene. È saper cogliere la volontà di Dio, che è il nostro bene, anche nella vita familiare. Nessuno è giusto, ne il marito, ne la moglie, ne i figli ma, come leggiamo nei Proverbi (24,16) “Se il giusto cade sette volte, egli si rialza”, ogni famiglia può risollevarsi ogni qualvolta cade sotto il peso di una prova, di una tribolazione (anche la più piccola). Vi suggeriamo allora, all’inizio di ogni giorno di questa settimana, di recitare insieme l’ Antifona al Benedictus che alcune volte si prega nelle Lodi: “In santità e giustizia tutti i nostri giorni serviamo il Signore (nella nostra famiglia)”


SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DELLA FAMIGLIA


18 GENNAIO: RIMANERE UNITI NELLA DISABILITÀ (Amoris Laetitia n 47)
“Le persone con disabilità costituiscono per la famiglia un dono e un’opportunità per crescere nell’amore, nel reciproco aiuto e nell’unità. […] La famiglia che accetta con lo sguardo della fede la presenza di persone con disabilità potrà riconoscere e garantire la qualità e il valore di ogni vita, con i suoi bisogni, i suoi diritti e le sue opportunità”. Oggi preghiamo per l’unità di tutte le famiglie che vivono l’esperienza della malattia
19 GENNAIO: RIMANERE UNITI NELLA FEDELTÀ (Amoris Laetitia n 77)
“Risulta particolarmente opportuno comprendere in chiave cristocentrica le proprietà naturali del matrimonio, che costituiscono il bene dei coniugi (bonum coniugum)», che comprende l’unità, l’apertura alla vita, la fedeltà e l’indissolubilità, e all’interno del matrimonio cristiano anche l’aiuto reciproco nel cammino verso una più piena amicizia con il Signore”. Oggi preghiamo per l’unità di tutti gli sposi che vivono l’esperienza dell’infedeltà
20 GENNAIO: RIMANERE UNITI PERDONANDO (Amoris Laetitia n 88)
“L’amore vissuto nelle famiglie è una forza permanente per la vita della Chiesa. Il fine unitivo del matrimonio è un costante richiamo al crescere e all’approfondirsi di questo amore. Nella loro unione di amore gli sposi sperimentano la bellezza della paternità e della maternità; condividono i progetti e le fatiche, i desideri e le preoccupazioni; imparano la cura reciproca e il perdono vicendevole”. Oggi preghiamo per l’unità di tutte le famiglie che non vivono il quotidiano alla “scuola del perdono”
21 GENNAIO: RIMANERE UNITI IN DIO E CON DIO (Amoris Laetitia n 121)
“Il matrimonio è l’icona dell’amore di Dio per noi. Anche Dio, infatti, è comunione: le tre Persone del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo vivono da sempre e per sempre in unità perfetta. Ed è proprio questo il mistero del Matrimonio: Dio fa dei due sposi una sola esistenza”. Oggi preghiamo affinché si possa ricostituire l’unità di tutti gli sposi che vivono l’esperienza della separazione
22 GENNAIO: RIMANERE UNITI NEL SACRAMENTO (Amoris Laetitia n 134)
“L’amore che non cresce inizia a correre rischi, e possiamo crescere soltanto corrispondendo alla grazia divina mediante più atti di amore, con atti di affetto più frequenti, più intensi, più generosi, più teneri, più allegri. Il marito e la moglie «sperimentano il senso della propria unità e sempre più pienamente la conseguono»”. Oggi preghiamo per l’unità di tutti gli sposi che non sono consapevoli della grazia ricevuta con il Sacramento del Matrimonio
23 GENNAIO: RIMANERE UNITI NELLA DIVERSITÀ (Amoris Laetitia n 139)
“L’unità alla quale occorre aspirare non è uniformità, ma una “unità nella diversità” o una “diversità riconciliata”. In questo stile arricchente di comunione fraterna, i diversi si incontrano, si rispettano e si apprezzano, mantenendo tuttavia differenti sfumature e accenti che arricchiscono il bene comune”. Oggi preghiamo per l’unità di tutti le famiglie che sono chiuse in se stesse e non accolgono le diversità sia al loro interno che all’esterno
24 GENNAIO: RIMANERE UNITI PER UNA FECONDITÀ GRANDE (Amoris Laetitia n 165)
“L’amore dà sempre vita. Per questo, l’amore coniugale « non si esaurisce all’interno della coppia […]. I coniugi, mentre si donano tra loro, donano al di là di se stessi la realtà del figlio, riflesso vivente del loro amore, segno permanente della unità coniugale e sintesi viva ed indissociabile del loro essere padre e madre »”. Oggi preghiamo per l’unità di tutti gli sposi che vivono l’esperienza dell’infertilità
25 GENNAIO: RIMANERE UNITI NELLA PREGHIERA (Amoris Laetitia n 227)
“Non bisogna dimenticare di invitare a creare spazi settimanali di preghiera familiare, perché «la famiglia che prega unita resta unita»”. Oggi preghiamo per l’unità di tutte le famiglie che non credono o sono lontane da Dio.

Carissimi sposi pregare per l’UNITÀ DELLA FAMIGLIA fa parte della nostra missione affinché si conservi la bellezza del Sacramento nuziale nonostante tutti i “venti contrari” che oggi “soffiano” su di esso. Unitevi a noi con questa Preghiera quotidiana: Dio, Padre Onnipotente, che hai creato l’uomo e la donna affinché formassero una sola carne, custodisci, con la tua paterna bontà, la famiglia umana nel vincolo dell’unità e dell’amore, affinché possa testimoniare al mondo la tua paternità, la tua pazienza, la tua eterna misericordia. Signore Gesù, che a Cana di Galilea sei venuto incontro alle prime difficoltà degli sposi cambiando l’acqua in vino, trasforma il cuore di tutte le coppie affinché possano donarsi l’un l’altro con sacrificio perenne e oblazione totale. Spirito Santo Paraclito, conserva nella fedeltà coniugale tutte le famiglie del mondo affinché formino un cuor solo e un’anima sola. Maria, Madre della Chiesa, difendi ogni famiglia dalle insidie del Maligno, aiuta i genitori nelle prove della vita e intercedi per coloro che ricorrono a te. O Trinità Santissima, modello del Vero Amore, custodisci e rafforza la fede, la speranza e la carità delle nostre famiglie, affinché siano nel mondo sacramento del Tuo Amore. Amen!
Buona settimana, Daniela & Martino

La pesantezza dell’ordinario

E’ finito il tempo del Natale. Ci avete fatto caso? Nella messa di ieri il sacerdote indossava la casula verde, quella del tempo ordinario. Anche la Chiesa è caratterizzata da tempi diversi durante l’anno liturgico. Ci sono i momenti forti. C’è la Pasqua e c’è il Natale. E poi c’è il tempo ordinario. Non so voi, per quanto mi riguarda trovo molto più bello e coinvolgente partecipare alla messa di Natale o di Pasqua piuttosto che a quella di una domenica di metà luglio. Credo sia normale. Nei tempi forti è tutto amplificato. La liturgia è più solenne, c’è il coro, ci sono le chiese piene. C’è un’atmosfera che si sente e che fa mi fa provare delle emozioni. E’ bello andare a messa. Invece che tristezza certe messe estive! Gente annoiata, magari che entra in chiesa con pantaloncini ed infradito. Certe volte non avverto sensazioni positive ma quasi desolazione.

Il tempo ordinario può essere così. Può essere difficile scorgere la bellezza di certe liturgie. Eppure anche in quelle celebrazioni c’è la presenza di Cristo, esattamente come a Natale. Così è la nostra vita personale e di coppia. Anche noi abbiamo gran parte della nostra vita caratterizzata dalla casula verde. Tante volte si fatica a riconoscere che la nostra storia è abitata da Dio. Il tempo ordinario è un tempo che spesso ci pesa. Un tempo che spesso viviamo come triste e pesante. Non troviamo il senso e la motivazione per viverlo. Tutto uguale, tutto si ripete in una routine che ci distrugge. Un tempo che non ci piace. Un tempo che diventa di attesa, dove non viviamo assaporando il presente, ma sopravviviamo in attesa che arrivi la vita, perché quella non è vita. Nel tempo ordinario siamo come morti, non viviamo, ma tiriamo avanti con fatica in attesa di quella botta di vita che ci riempia il vuoto o che almeno ci permetta di distrarci dalla miseria. 

Questo stato emotivo ha un nome: accidia. L’accidia è uno dei vizi capitali perché impedisce di vivere in pienezza. Perché è come una palla di cemento che ci impedisce di donarci e di nutrire gioia e speranza. C’è una canzone che esprime benissimo questa sensazione. Si chiama weekend degli 883. Una canzone vecchia, degli anni novanta, quando la ascoltavo da ragazzo e mi ci riconoscevo molto. E’ una vita da disperati, da gente che non vive se non in pochi attimi in cui si illude di bastarsi e di avere tutto. Così anche la vita familiare diventa una serie di impegni: la scuola, il lavoro, le faccende di casa. Tutta una serie di impegni che ci distruggono nell’attesa che accada qualcosa o che arrivi quella vacanza o quel viaggio dove potremo finalmente evadere da una vita che ci sta stretta e che non ci piace, è quasi una prigione.

Chi ci salva dall’ordinarietà? Naturalmente Gesù. Gesù ci apre al suo mistero. Gesù ci mostra che proprio nel quotidiano possiamo trovarlo e trovare il senso. Ed è così che l’ordinario diventa occasione per amare, tempo che riempie e dove fare esperienza di Dio e incontro dell’altro. Gesù ci chiama ad essere suoi apostoli proprio nel matrimonio, nel sacramento che maggiormente si vive nell’ordinario. Il matrimonio non ci chiede di fare cose straordinarie, ma di vivere con sempre più amore l’ordinario in modo che l’ordinario sia riempito della presenza di Dio. Così non avremo bisogno di evadere, di cercare emozioni e sensazioni nello straordinario, magari in qualche relazione extraconiugale, ma avremo tutto nella nostra vita ordinaria, perché Dio ci ha chiamato a realizzarci nell’ordinario, perché lo straordinario può regalare emozioni, ma queste sono destinate ad esaurirsi e lasciare spazio alla disperazione se non abbiamo dato un senso e un valore alla nostra vita di ogni giorno. Un ultimo consiglio. Anche la vita ordinaria può nascondere dei momenti di bellezza straordinaria. Prendetevi del tempo per contemplarvi, per nutrirvi l’uno dell’altro. Basta davvero poco. A volte basta anche uscire e fare una colazione al bar guardandosi negli occhi. Basta poco ma tante volte non facciamo neanche quel poco e poi tutto è più pesante e difficile.

Antonio e Luisa

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Fare l’amore da re e da regina (3 parte)

Ed eccoci alla terza ed ultima parte del capitolo del nostro nuovo libro che uscirà in primavera (maggio o giugno) che ho deciso di condividere con tutti i lettori del blog. Per rileggere le parti già pubblicate cliccate qui parte 1 parte 2. Ci eravamo lasciati con una domanda: quali gesti sono buoni durante i preliminari?

A differenza di ciò che si pensa non ci sono molti limiti nei preliminari secondo la morale cattolica. La Chiesa non fa un elenco di cosa si possa o non possa fare. La richiesta è sempre la stessa: il rapporto deve essere unitivo e aperto alla vita. Quindi, detto in parole povere, l’eiaculazione deve avvenire in vagina e non si deve urtare la sensibilità dell’altro (dove sarebbe l’amore altrimenti). Ci riferiamo in particolare al cosiddetto sesso orale (senza raggiungere il piacere! L’eiaculazione solo in vagina). Abbiamo deciso di citarlo perchè è una delle questioni che più spesso ci viene chiesta. Di per sé non c’è nulla di male, si tratta di un bacio d’amore. Se però l’altro non gradisce questa pratica, non è giusto chiederla. Non si possono fare ricatti morali all’altro, rischiate di distruggere tutta la comunione e l’autenticità del gesto. L’altro diventerebbe qualcuno da usare e non un mistero da amare. In alcuni casi, quando questo preliminare è rivolto alla donna può essere un modo per prepararla alla penetrazione. Quindi se gradito non c’è assolutamente nulla di sbagliato. Invece i rapporti anali (altra pratica che sembra essere molto in voga) sono completamente fuori da ogni gesto che possa esprimere amore. Il sedere ha una funzione ben precisa: quella di espellere e non di accogliere.

I preliminari sono necessari alla donna anche per una questione puramente fisica. All’uomo spesso basta l’idea dell’incontro per essere pronto fisicamente. L’uomo si eccita con tatto e vista. Per la donna la natura ha previsto tempi e modi diversi. Per permettere al corpo della donna di modificarsi ed essere nella condizione ideale per la penetrazione servono dai 20 ai 30 minuti. Perchè è così difficile comprenderlo? Quando suggeriamo alle coppie che ci contattano di dedicare il giusto tempo ai preliminari, sembra che sia tutto chiaro e poi, quando li risentiamo, scopriamo che sono arrivati a malapena a 10 minuti. Perchè invece è importante dedicare il giusto tempo? Cosa succede ai genitali della donna? In questo tempo la vagina si allunga internamente (non lo sapevate vero?) da circa 6/7 cm a circa 9/10 e si posiziona in maniera diversa per agevolare l’entrata del pene. Oltre a ciò, durante i preliminari la vagina si lubrifica. Quindi, ci rivolgiamo a quelle persone che credono che abbandonarsi ai preliminari sia abbandonarsi alla lussuria, i preliminari sono assolutamente necessari in un amplesso autenticamente vissuto. Fare l’amore senza preliminari, a secco, è distruggere tutta la bellezza dell’incontro intimo. Uomo e donna sono differenti anche nel modo di eccitarsi. L’uomo ha bisogno di vedere e toccare, basta poco; la donna cerca altro, è più complessa. La donna vuole tenerezza, dolcezza, carezze, abbracci. Vuole percepire di essere preziosa e importante. Vuole sentirsi desiderata e amata. La pornografia mette al centro dei preliminari sempre l’uomo e i suoi genitali. Dimentichiamolo! Al centro poniamo la sposa, con tutto il suo corpo e nel modo che piace a lei. Non preoccupatevi cari mariti sarete ripagati per questa sensibilità. La vostra sposa vivrà con molto più desiderio e trasporto l’intimità e sarà molto più bella anche per voi. I preliminari non sono quelli che ci presenta la pornografia. Ci siamo accorti che spesso in ambito sessuale tanti problemi nascono proprio dalla differenza uomo-donna. Tanti che ci contattano hanno difficoltà a comprendere come l’altro viva la sessualità. Soprattutto come ami viverla in modo differente da lui o da lei. Anche nei tempi. E non si tratta di un dettaglio. La donna ama i preliminari, ama sentirsi al centro delle attenzioni del proprio uomo. Ama essere accarezzata, baciata, toccata. In tutto il corpo e non solo in alcune parti di esso. Ama sentire parole dolci e cariche di desiderio nei suoi confronti. La donna ama il tempo dei preliminari. L’uomo no. L’uomo ha spesso fretta. L’uomo durante il rapporto vuole andare subito al sodo. Per l’uomo spesso esistono due sole parti del corpo della donna che sono interessanti, anzi tre: sedere, genitali e seno. Per molti uomini durante il sesso non esiste altro. L’uomo spesso desidera la cosiddetta sveltina: pochi minuti e poco impegno. Capite bene che così non va. La donna ha bisogno di altro. Ha bisogno di tempo che le faccia accrescere il desiderio e che le permetta di abbandonarsi al marito. Capite ora come nasce l’insoddisfazione sessuale? Certo è una delle molteplici cause. Importante però. Il tutto è spesso aggravato dalla mancanza di dialogo su questi temi. Per l’uomo se lei non dice nulla va tutto bene. Invece lei si sente sempre più lontana dal marito. Si sente usata. Si sente incompresa. Non si sente appagata da una sessualità di questo tipo. Cosa fare allora? La soluzione è sempre la stessa: se c’è un problema parlatene. E poi donne, abbiate il coraggio di dire a vostro marito cosa vi piace e cosa non vi piace. Voi mariti abbiate la sensibilità di comprendere come la donna abbia bisogno di essere amata e messa al centro anche durante il rapporto sessuale. Cercate di vivere dei preliminari lunghi. cercate di goderne e di abbandonarvi anche voi alla tenerezza. Non c’è bisogno di correre. Il sesso è bello quando è vissuto fino in fondo e per farlo serve il giusto tempo e anche il giusto impegno. Che cosa volete voi? Unirvi a vostra moglie o scaricarvi su di lei? E’ un po’ brutale detto così, ma rende l’idea. Se sarete capaci di mettere l’altro al centro tutto sarà più bello. Tu donna sarai capace di apprezzare la fatica che l’uomo farà per non essere troppo precipitoso, per darti il tempo di cui hai bisogno, e tu uomo non correrai e cercherai di preparare al meglio la tua sposa godendo di tutto il suo corpo e non solo di tre parti di esso. Quello che entrambi ne avrete in cambio sarà un’intesa meravigliosa che vi permetterà di sperimentare un piacere completo dato non solo dalle sensazioni del piacere fisico ma anche dal dono che siete stati capaci di farvi vicendevolmente.

PENETRAZIONE

Quando la donna è finalmente fisicamente ed emotivamente pronta, l’uomo entra dolcemente nella donna e lei lo accoglie in sé per formare insieme un solo corpo: espressione tangibile e concreta della fusione dei cuori, di quell’amore esclusivo, totale e per sempre che rende uno. La pornografia distrugge questa immagine. Non mostra delicatezza, ma ci insegna che più la penetrazione è violenta e profonda e più è piacevole per entrambi. Invece la nostra natura vuole la delicatezza, stiamo entrando in un luogo sacro, il luogo dove nasce la vita e dove la coppia salda e accresce il proprio amore. Luogo sacro della donna e luogo che è solo per lo sposo, che può e deve entrare con tutto il rispetto che quel dono richiede. Stiamo entrando nel santuario del nostro amore, dove stiamo celebrando un sacramento è importante sottolineare che si deve rispettare l’ecologia delle dimensioni corporee. La mentalità pornografica insegna che più il pene è lungo e spesso, più la donna sarà soddisfatta. Tutte scemenze. È evidente, basta osservare come la donna è fatta. La vagina normalmente ha una profondità di 7 cm e quando è eccitata (se avete fatto bene i preliminari) si allunga al massimo fino a 9/10 cm. Cosa significa? Significa che il pene può entrare solo per quella profondità, tutta la parte in eccesso deve restare fuori. Se l’uomo cerca di replicare quanto imparato della pornografia, cioè entra nella vagina con tutto il pene e con violenza, certamente impedisce alla sua sposa ogni piacere (spesso generando in lei anche sensi di colpa e sospetti di frigidità) e spesso le provoca dolore, nei casi peggiori, escoriazioni ed emorragie. E poi attenzione allo sguardo. Guardatevi! Scegliete posizioni che permettano di guardarvi negli occhi. Gli occhi sono sorgente del sentimento e sono la porta per accedere alla profondità della persona, che non può essere esclusa in un gesto tanto totalizzante. Se sottraete al rapporto fisico lo sguardo, vi private di una fetta di comunione grandissima. Non esistono quindi posizioni più o meno moralmente accettabili, ma posizioni che permettono più o meno la comunione tra gli sposi e la partecipazione di tutta la persona. Non si tratta quindi di esercitare il kamasutra per ottenere orgasmi più intensi e duraturi, ma di vivere questo momento con dolcezza e tenerezza per raggiungere un piacere molto più profondo del semplice orgasmo, un piacere generato dalla comunione profonda di anima e corpo e dono meraviglioso del nostro Creatore. Quindi, l’orgasmo non è che una parte superficiale di un benessere molto più completo e di una gioia autentica che investe tutta la persona. Il piacere è qualcosa di bello, un dono, un talento da perfezionare. È molto importante, durante questa fase, ricercare e vivere il piacere sessuale. Non facciamoci influenzare da un falso moralismo che vede in questo qualcosa di sporco. Gustare il piacere è importante, è un’esperienza esaltante di unità. Il piacere sessuale è una cosa bella, non abbassa lo spirito, ma lo rende uno con la carne, unisce cuore e corpo in una gioia completa e totale. E’ auspicabile che il rapporto conduca entrambi all’orgasmo. Non è importante che avvenga in simultanea. Quindi se la donna non dovesse raggiungere il piacere fisico durante la penetrazione non solo è moralmente accettabile ma doveroso che attraverso una stimolazione diretta del clitoride anche lei possa arrivare all’orgasmo. Ci teniamo a specificarlo perché più di una volta abbiamo ricevuto domanda proprio su questo. Non c’è nessun peccato se ciò avviene dopo un rapporto completo.

ASSIMILAZIONE

Una volta raggiunto il culmine del piacere e dell’unione, gli sposi avvertono la necessità di un abbraccio finale. Ci rivolgiamo ai mariti in particolare. Sappiamo benissimo che l’uomo è capace di dedicarsi immediatamente ad altro. Magari è capace di girarsi e dormire o di prendere il cellulare e di guardare i social o di giocare a Candy Crush. Ecco non fatelo. Sarebbe il modo migliore per mortificare e irritare la vostra sposa. Quello è il momento della massima comunione e lei ne sente la necessità. Dopo aver accolto l’uomo dentro di sè avverte il desiderio di essere accolta nell’abbraccio del marito. Un abbraccio che è speciale anche per il marito se si abbandona ad esso. È un momento in cui si assapora e si gusta l’esperienza appena vissuta. Abbracciati e senza parlare, gli sposi assimilano la gioia della comunione profonda. Il piacere e la gioia sperimentati nella carne vengono assimilati dal cuore. Questa assimilazione porta un frutto di pace molto profondo. Una pace, una gioia, un amore e un’effusione di Spirito Santo, che ci daranno forza e sostegno nelle ore e nei giorni a venire. Tutti questi doni aumentano in proporzione all’intensità con cui ci siamo donati l’uno all’altra.

Non resta che mettere in pratica questa bellezza. Avanti tutta cari sposi!

Antonio e Luisa

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Fare l’amore da re e da regina (2 parte)

Riprendiamo da dove ci siamo interrotti ieri. Per chi non avesse letto la prima parte lascio il link. L’articolo di ieri si è interrotto al momento di analizzare le fasi del rapporto fisico. Iniziamo quindi con la prima. Secondo la sessuologia moderna la prima fase non è quella dei preliminari. Inizia ancor prima con il desiderio. Quindi inziamo con questa fase.

IL DESIDERIO

Noi pensiamo sempre al desiderio in riferimento alla pulsione sessuale. Qualcosa che è legato solo al nostro corpo. Il desiderio sessuale è in realtà generato da tre diverse dimensioni. C’è sicuramente l’aspetto biologico. Il desiderio è molto innescato dagli ormoni. In particolare dal testosterone. Per questo il desiderio prettamente fisico è nettamente maggiore negli uomini. I maschi hanno dieci volte il testosterone delle donne. Questo, care donne, non significa che voi vi dovete sentire meno capaci di amare e di desiderare un rapporto con vostro marito. Torniamo al discorso iniziale, siamo differenti. Va preso atto di questo. C’è una differenza oltretutto anche nella costanza. Nell’uomo l’impulso ormonale è molto più costante rispetto a quello femminile che è invece molto più fluttuante nel breve e nel lungo preriodo. L’uomo è poi soggetto ad un lento declino negli anni. Il testosterone di un giovane di vent’anni non è lo stesso di un uomo di sessanta. Le donne invece fluttuano per tutto l’arco della loro vita. Il ciclo ne è l’evidenza. Ce lo dice l’umore della donna e tutta una serie di stati d’animo e di sensazioni fisiche. E quando il ciclo finisce e comincia la menopausa? Il desiderio generato dagli ormoni ha letteralmente un crollo. Capite come la differenza vada accolta e compresa? Faccio un esempio concreto che mi è successo proprio durante la scrittura del libro. Mi contatta una moglie che mi apre il cuore e mi racconta della sua difficoltà con il marito. Hanno entrambi una quarantina d’anni e lei lamenta il fatto che non riesce più a mantenere i ritmi richiesti dal marito. Intendo più rapporti a settimana. E’ arrivata a vivere con angoscia il pensiero dell’amplesso con il marito. Per questa coppia è importante il dialogo. Per tutte le coppie è importante il dialogo. E’ importante prendere atto che siamo differenti e che se lei ha delle difficoltà non significa che ami meno il marito, ma che il suo corpo e i suoi ritmi stanno cambiando. E’ importante saperlo per evitare delle sofferenze ad entrambi. Per evitare che lei abbia paura di mortificare il marito con un rifiuto e che il marito si senta meno amato e desiderato. Non c’è nulla di sbagliato nella situazione di questa coppia. Semplicemente siamo fatti così, ma bisogna parlarne per evitare fraintendimenti e rancori nascosti. Io ho vissuto questa situazione prima di altri. Luisa ha otto anni più di me ed è già entrata in menopausa. Io invece ho ancora meno di cinquant’anni e un desiderio ormonale ancora molto alto. Ne abbiamo parlato e nel dialogo rispettoso ed amoroso ci siamo capiti e venuti incontro. Calibrare la frequenza dei rapporti alle varie stagioni della vita è fondamentale per continuare a desiderare l’intimità e per viverla con gioia e abbandono.

Il desiderio biologico non è influenzato solo dagli ormoni ma va inserito in un contesto più completo della salute psicofisica di uomo e donna. Avere una malattia, anche non inerente l’apparato genitale, può comportare un calo del desiderio. C’è poi un aspetto psicologico. Come mi vedo? Quanto mi amo? Se ho parti del mio corpo che non piacciono e mi vedo brutto o brutta, questo naturalmente incide sul desiderio. Nell’intimità sessuale ci doniamo. Se non mi piaccio cosa dono? Come posso aver voglia di donarmi?

La seconda dimensione che genera il desiderio è la relazione di coppia. Se la nostra relazione è caratterizzata da un contesto di amore e di fiducia (abbiamo già scritto della corte continua) il desiderio ne beneficerà moltissimo. Soprattutto per la donna, che ha meno spinta ormonale, più altalenante e meno duratura (con la menopausa crolla), è fondamentale attingere alla relazione di coppia per nutrire il desiderio sessuale. C’è una sessuologa canadese Rosemary Besson che ha fatto degli studi importanti nei primi anni duemila proprio su questo aspetto. Ha dimostrato come, in particolare nelle coppie di lunga durata, il desiderio nella donna sia innescato non tanto da una spinta ormonale e istintiva, ma molto di più dalla motivazione generata nella relazione. Il desiderio di stare con chi ti ha fatto stare bene in tanti piccoli gesti e situazioni. 

Poi, infine c’è una dimensione culturale. Questo riguarda in particolare noi cristiani che viviamo un cammino di fede. Attenzione a dare il giusto valore al corpo. Se consideriamo il rapporto sessuale come un tabù o qualcosa di sporco come possiamo desiderarlo? Cercheremo di spegnere anche il desiderio ormonale. Insomma, poi nella coppia possono accadere disastri. Per questo è importante che il fidanzamento sia casto ma nella continenza e non nell’astinenza. Avere un fidanzamento casto non significa viverlo in modo arido. I gesti di tenerezza e di amore come baci, abbracci e carezze non vanno lesinati. Vivere la castità nel fidanzamento deve costare fatica. Se non ho desiderio di unirmi all’altro, beh, c’è qualcosa che non va. Questa mancanza di desiderio potrebbe essere proprio dovuta a questi blocchi culturali che poi nel matrimonio causano sofferenza e divisioni.

Quindi care donne spesso avete meno desiderio di vostro marito. Meno desiderio pulsionale. Non fatevene una colpa. Siamo differenti. Avete bisogno di essere condotte a desiderare l’intimità fisica attraverso i gesti d’amore di vostro marito. E avete bisogno anche del suo desiderio per abbandonarvi e far nascere il vostro. C’è proprio un nome per questa dinamica: desiderio responsivo. Non sempre avete voglia di fare l’amore, ma l’amore che provate per vostro marito e il suo desiderio per voi vi motiva ad iniziare un rapporto e, durante i preliminari, a far nascere anche in voi il desiderio sessuale.

ECCITAZIONE – PRELIMINARI

Abbiamo desiderio di fare l’amore. Iniziamo il nostro rapporto. Entriamo quindi concretamente nel nostro rapporto fisico con la fase dell’eccitazione. Questa fase contiene tutti i gesti e le parole atti a preparare i due sposi al rapporto. A preparare il corpo ma non solo il corpo. Va preparata tutta la persona. Questi gesti sono comunemente chiamati preliminari. Anche in questo caso dobbiamo prestare attenzione alla differenza che c’è tra l’uomo e la donna. La sessuologia ci insegna che la risposta sessuale maschile è molto rapida mentre quella femminile cresce più lentamente. La donna necessita di molto più tempo per essere pronta alla penetrazione. I preliminari sono necessari. Non possono essere un’opzione. Servono all’uomo e ancor di più alla donna. Perché servono? Sicuramente per entrare in relazione, in comunione. Servono per preparare i cuori dei due sposi al dono reciproco di tutto se stessi attraverso l’amplesso. Il momento della compenetrazione dei corpi dovrebbe essere posto al culmine di un dialogo d’amore tra i due sposi. Un dialogo parlato con il linguaggio dell’amore che è la tenerezza. Baci, abbracci, carezze, sguardi, parole possono aiutare i due amanti ad aprirsi sempre di più e a vivere il momento successivo nel modo giusto. Viverlo come due persone che desiderano amarsi e donarsi nella comunione e non come due individualità che si usano per qualche secondo di piacere intenso ma superficiale ed esclusivamente fisico. Quali gesti sono buoni durante i preliminari? Lo vedremo domani con l’ultima parte del capitolo.

Antonio e Luisa

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Fare l’amore da re e da regina (1 parte)

Come abbiamo scritto tempo fa su questo blog e sui nostri social, Luisa ed io, con collaborazione di altri amici, stiamo scrivendo il terzo libro della trilogia riguardante le dimensioni battesimali. Dopo aver scritto Sposi sacerdoti dell’amore e Sposi profeti dell’amore, siamo giunti a questo terzo lavoro intitolato Sposi re nell’amore. Ho deciso di regalare a tutti i lettori un capitolo di questo nuovo testo in anteprima sperando possa essere utile e incuriosire il lettore sull’intero libro che sarà in uscita nella primavera del 2023.

L’intimità sessuale è quel gesto degli sposi dove maggiormente sono visibili in modo tangibile le tre dimensioni. L’intimità è una vera liturgia dove viviamo il nostro sacerdozio. Nell’intimità siamo profeti, siamo immagine di quel Dio che è amore. La Trinità letta come circolo di vita e di amore in un continuo donarsi ed accogliersi. L’intimità sessuale è il punto più alto del nostro amore coniugale. Nell’intimità sessuale noi sposi rendiamo concreta e presenta quell’unità di cuore e di corpo che ci ha resi sacramento. Cari sposi, siamo belli! Il nostro corpo è bello! È creato da Dio. Attraverso il nostro corpo possiamo vivere in modo pieno il nostro sacramento e la nostra intimità può davvero diventare un’esperienza meravigliosa. Lo so l’ho già scritto tante volte, in questo e negli altri libri, ma voglio scriverlo ancora perché non ci crediamo abbastanza. L’intimità è bellissima ma spesso è difficile.

Iniziamo con il ribadire che i nostri organi genitali parlano. Dicono come siamo fatti, raccontano la nostra identità. Soprattutto evidenziano la nostra complementarietà di uomo e di donna. La complementarietà uomo donna è scritta nel nostro corpo. Gli organi genitali maschili sono fatti per penetrare quelli femminili, che sono fatti per accogliere. Attenzione: l’accoglienza non è un atteggiamento passivo ma è un dono anch’essa. La complementarietà è possibile perché siamo differenti. Solo grazie alla nostra differenza noi possiamo realizzare l’unità. Unità che, non dimentichiamolo, contiene la generatività. Se pensiamo alla cellula uovo femminile e allo spermatozoo maschile, comprendiamo come se non fossero differenti non potrebbero incontrarsi e generare.

La differenza è fondamentale. Essere differenti non divide ma unisce. Ce lo dice la stessa etimologia della parola. Differenza viene dal latino fero (portare). Io porto ciò che sono a te. Ti rendo più ricco con la mia differenza. Che bello! Le differenze non sono diversità. La diversità ci allontana. Lo dice la parola, ci diverge. La differenza non va negata ma va amata. La differenza è generativa perché non solo permette di generare i nostri figli, ma anche il nostro amore. La nostra intimità va costruita. L’intimità è un vestito costruito su misura su di noi, su come siamo fatti noi. Per questo, a differenza di ciò che dice il mondo, il matrimonio è un’occasione meravigliosa per conoscerci sempre meglio, anche sessualmente. Vivere il rapporto sessuale sempre con la stessa persona non perde bellezza con il tempo. Al contrario, quando vissuto nel dono, diventa sempre più bello e profondo, perchè è l’amore che trasmette e concretizza ad essere sempre più bello e profondo. Sta a noi fare in modo che questa esperienza non scada nell’abitudine ma diventi un momento di vero amore. Perchè dell’amore non ci si stanca mai. Non esiste solo un modo giusto o sbagliato di vivere la nostra intimità. Esiste il nostro modo e dobbiamo costruirlo attraverso la relazione, il rispetto e il dialogo. Costruire la nostra intimità implica fare fatica. Se facciamo esperienza di questa fatica non significa che stiamo fallendo ma che stiamo uscendo dalle nostre convinzioni e dai nostri pregiudizi per avvicinarci all’altro. La fatica nell’avvicinarsi alla sensibilità l’uno dell’altra non indica che ci sia qualcosa che non va ma che stiamo camminando. Entriamo ora in una dimensione ancora più concreta. Partiamo dalla biologia e da quella che è la risposta sessuale. La risposta sessuale è composta da diverse fasi: desiderio, eccitazione, plateau, orgasmo e risoluzione. Vediamo ora fase per fase. Le vedremo nell’articolo di domani.

Antonio e Luisa

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La vocazione si trova nella vita di tutti i giorni

Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.

Il Vangelo di oggi presenta la chiamata dei primi 4 apostoli. La vocazione di Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni. E’ utile, secondo me, esaminare punto per punto le parole del Vangelo perchè possono dire tanto anche del nostro rapporto con Gesù.

Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone. Gesù non stava camminando in un luogo qualsiasi. Certo Pietro e Andrea erano pescatori e lungo la riva del mare era il luogo più probabile dove incontrarli. Credo però che il Vangelo voglia dire anche altro. Almeno alcuni studioso lo fanno intuire. Il mare, nella Bibbia, indica spesso la rappresentazione del male. Il mare è abitato da creature mostruose. L’unico capace di dominare il mare e il male è Dio stesso. Lo stesso Gesù cammina sulle acque e seda la tempesta. Quindi Pietro e Andrea sono in riva al mare. Come ognuno di noi sono insidiati dal male. La nostra vita è un continuo combattimento tra il male e il bene. Entrambe queste forze abitano la nostra persona. Anche Andrea e Pietro sono in questo combattimento. In quel momento arriva Gesù. Arriva la luce che illumina le tenebre. Non so per voi ma ricordo esattamente la prima volta che ho fatto esperienza di Gesù, che ho incontrato il Suo sguardo. Credo di poter comprendere ciò che hanno provato Pietro e Andrea.

Mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Pietro e Andrea incontrano Gesù nella vita di tutti i giorni. Non stavano facendo nulla di straordinario. Noi spesso crediamo di dover fare chissà quale percorso o pellegrinaggio per incontrare Gesù. Non è così! Attenzione! Spesso crediamo che i momenti straordinari, dove l’emozione riempie il cuore, siano i luoghi privilegiati dove incontrare Gesù. Spesso è solo un’illusione. Passata l’euforia del momento passa anche la nostra “conversione”. La vera conversione è quella che resiste alla vita di tutti i giorni. La vera conversione è vivere il nostro matrimonio alla presenza di Gesù. Non succede nulla di grandioso magari, ma sarà il nostro amore che farà la differenza nelle piccole cose e nei piccoli gesti.

Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». Non basta essere chiamati da Gesù. Essere cristiani significa metterci del nostro. Alzarci e seguirLo. Alzarci e metterci al servizio l’uno dell’altra. Alzarci e impegnarci a fondo affinchè il nostro amore sia sempre più aderante al Suo amore. Significa cercare dando tutto quello che abbiamo di amare il nostro coniuge come Dio lo ama. Allora la salvezza entrerà nella nostra vita e nella vita del nostro coniuge.

Arriviamo ora alla seconda coppia di fratelli. Si tratta di Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo. Ecco da loro possiamo trarre un insegnamento proprio dal loro essere figli. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono. Il padre indica la sicurezza della famiglia e dei beni materiali. Una vita tranquilla, fatta di lavoro e di una certa agiatezza economica (Zebedeo non resta da solo ma con i suoi garzoni). Eppure non basta. Giacomo e Giovanni vogliono di più! E’ lampante un parallelismo. Quello con il giovane ricco. Ricordate? Quello che voleva sapere come avere la vita eterna.

Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!».

Giacomo e Giovanni hanno invece detto sì! Hanno lasciato tutto per Gesù. Hanno intravisto in Lui qualcosa che nessun altro avrebbe potuto dare loro. Noi spesso siamo come il giovane ricco. Non vogliamo lasciare tutto per seguire Gesù nel nostro matrimonio. Almeno per me è stato così. C’era una parte di me che non voleva rinunciare ai “privilegi” della vita da single. Non volevo rinunciare a quelle che credevo essere le mie ricchezze. Non volevo rinunciare agli amici, al calcetto, alla tranquillità quando tornavo a casa. Leggevo tutta la mia vita come rinuncia a qualcosa che prima avevo. Ero così proiettato su quello a cui dovevo dire no che non riuscivo ad assaporare tutta il gusto di quella relazione così unica. Non riuscivo a scorgere la meraviglia di una donna che si offriva totalmente a me e per me. Che faceva di Cristo il centro di tutto.  Cosa ci può essere di più bello di questo? Lei era il dono più prezioso che Dio mi aveva fatto ed io, non solo non rendevo grazie, ma mi lamentavo per quel poco che mi aveva tolto. Solo quando sono riuscito anche io a fare questo salto, tutto è cambiato. Non ho dovuto, in verità, rinunciare a tutto. Mi è rimasto il tempo per il mio sport e per gli amici. Sono tutte cose, che però, hanno una nuova collocazione. Non sono più una priorità. Hanno preso il loro giusto posto. La priorità è la mia famiglia. Questo racconto del Vangelo io lo leggo in questo modo e in questo modo l’ho concretizzato nella mia vita.

Buon cammino!

Antonio e Luisa

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Come magi in cammino

Come consuetudine verso l’Epifania condivido questo articolo. Per chi lo ha già letto è comunque un modo per fare memoria. Il cammino dei magi può essere letto anche come una trasposizione della nostra vita matrimoniale, della nostra vocazione all’amore. Ripercorrendo il loro viaggio possiamo trovare la mappa del nostro.

 1) I magi come prima cosa decisero lo scopo del loro viaggio. Conoscevano bene la Parola di Dio  e fecero di quel viaggio lo scopo della loro vita. Volevano adorare il Re. “Siamo venuti per adorarlo” (Mt 2:2). I fidanzati fanno lo stesso. Sentono attrazione e simpatia vicendevole, ma non devono ridurre tutto solo alla sola emozione. Un cristiano non vive alla giornata senza progettare. Cerca di discernere e di programmare alla luce della fede in Dio, certo dell’esistenza di un progetto di Dio unico sulla sua vita. La relazione per essere autentica va letta con uno sguardo alla vita eterna e alla salvezza, nella sua dimensione escatologica, i fidanzati devono cercare in quella relazione il realizzarsi della loro vocazione. Vocazione che è la nostra personalissima modalità di risposta all’amore di Dio.

Non basta decidere di partire, 2) si deve preparare il viaggio.  I magi non erano persone stravaganti che così, ad un tratto, decidono di mettersi in viaggio senza sapere dove andare. Tutt’altro è il loro atteggiamento. Essi saggiamente, prima di partire, hanno fissato la meta che avrebbero dovuto raggiungere, preparando ogni cosa con cura e prendendo ogni informazione necessaria per poterla raggiungere. Il fidanzamento è la preparazione del viaggio. Serve a conoscersi e a conoscere Dio insieme. Serve a parlare dei desideri, della propria idea di matrimonio, dei figli, delle aspirazioni personali. Questo è preparare il viaggio che sarà il nostro matrimonio. La nostra meta sarà trovare finalmente Gesù nella nostra unione e, alla fine, nell’abbraccio eterno con Lui.

I magi sono partiti quando hanno avuto 3) una guida sicura per raggiungere la meta. Per raggiungere il Salvatore. Seguirono la stella con fiducia e costanza, fissando lo sguardo e facendone bussola del loro viaggio. Il matrimonio è un  sacramento della Chiesa cattolica. La nostra stella è lo Spirito Santo che scende nella nostra unione e ci plasma. La nostra stella è anche la Chiesa. Solo all’interno di essa saremo sicuri di non sbagliare strada. La Chiesa con il suo insegnamento, i suoi documenti, la sua tradizione e i suoi pastori ci aiuta a rimanere nei giusti binari del bene e della verità e a non deragliare.

4) I magi partirono senza aspettare, senza paura ed esitazione.  All’apparire della stella, i magi partirono senza esitare. Lasciarono prontamente tutte le cose del loro mondo: la propria dimora, la propria terra, i propri parenti, i propri amici, per andare ad adorare il Signore. Lo scopo che si erano prefissati riempiva totalmente il loro cuore, la loro anima e la loro mente ed è per questo che non esitarono. Quanti uomini e donne aspettano. Quanti uomini e donne esitano e non cominciano il viaggio per paura. Solo accettando la sfida e abbandonando le nostre sicurezze per iniziare il viaggio, che è tutto il nostro matrimonio, potremo essere felici e realizzare la nostra vocazione

5) I magi non si lasciarono turbare dagli eventi.  Arrivati a Gerusalemme probabilmente non videro più la stella ed allora, come strumenti nelle mani di Dio, si fermarono e, tramite il colloquio con Erode, annunciarono a coloro che avrebbero dovuto attenderlo, che era nato il loro Messia. Quale sarà stato il loro turbamento nel vedere che, pur conoscendo dove doveva nascere, nessuno lo aspettava e meno che mai nessuno pensava di rendergli l’omaggio dovuto?!?
Impariamo dai magi, i quali rimasero fermi nel loro proponimento e non si lasciarono coinvolgere dai turbamenti esterni, ma proseguirono il loro viaggio con un cuore pieno di ardore verso Dio. Anche noi sposi nella nostra vita sperimenteremo l’aridità, la sofferenza, la divisione e il lutto, ma se avremo fiducia in Dio ritroveremo la strada e la stella e allora 6) sperimenteremo la vera gioia. Quando i magi ripartirono da Gerusalemme, videro che la guida sicura mandata da Dio era di nuovo apparsa nel cielo, ed essa li guidò fino a Betlemme, dove era Gesù e lì si fermò; allora si rallegrarono di grandissima gioia.

Sì,  perchè vivere alla presenza di Gesù è meraviglioso, amare la propria sposa in Gesù è un’esperienza che riempie e dona forza e sostegno. Il cammino è già una meta. Il matrimonio è un bellissimo viaggio, un’avventura meravigliosa che ci porterà a desidera sempre di più l’incontro con Gesù e alla fine del viaggio al suo incontro ed eterno abbraccio.

Antonio e Luisa

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Onlyfans: l’amore a 10 euro al mese

Alla fine ho ceduto. Non volevo parlarne perchè preferisco raccontare il bello dell’amore e della sessualità piuttosto che le povertà delle nostre relazioni. Alla fine però non posso ignorare quello che ormai è un vero fenomeno sociale. Mi riferisco, per chi ancora non lo ha capito, a Onlyfans. La piattaforma a pagamento dove usufruire di contenuti più o meno erotici e pornografici. Per chi ne ha sentito parlare, ma non lo conosce se non molto superficialmente, viene una domanda spontanea: perchè una persona arriva a spendere da una decina di euro fino a migliaia di euro ogni mese per ottenere foto e video più o meno pornografici quando in rete si può trovare tantissimo materiale dello stesso genere in modo completamente anonimo e gratuito? Io, da conoscitore molto superficiale di questo “servizio”, mi sono fatto questa domanda. Ho deciso di darmi una risposta e di condividerla con voi tutti. Mi sono informato, ho cercato in rete articoli e interviste che mi potessero aiutare a capire meglio. Ora ho un’idea molto più chiara. Desolante ma chiara.

Purtroppo quello che ho trovato ha confermato quelli che erano i miei sospetti. Onlyfans è diverso dalla semplice pornografia. E’, per certi versi, una finzione ancora più dannosa perchè può illudere di vivere una relazione vera. Onlyfans non offre principalmente immagini pornografiche. Non offre attrici e attori più o meno famosi che offrono prestazioni a degli spettatori anonimi. Anzi solitamente le immagini e i video offerti a pagamento dai vari creator (sì, chi pubblica questi contenuti è chiamato creator) sono molto più soft rispetto alla pornografia che si può trovare in rete, dove si può scegliere, a seconda delle preferenze, diverse sezioni. Preferenze che nascondono spesso feticismo e devianze. Onlyfans è tutta un’altra cosa che mette forse ancor più in evidenza tutta la povertà che c’è dietro questo fenomeno che è esploso durante i mesi del lockdown.

Serve fare un passo indietro per capire di cosa stiamo parlando. Cosa è Onlyfans e come nasce? Onlyfans è una piattaforma relativamente molto recente. Nata nel 2016 per condividere qualsiasi contenuto a pagamento dietro il versamento di un abbonamento mensile che va dai 5 dollari ai 49 dollari. Nel tempo c’è stata però una “naturale” inclinazione verso contenuti hard. Molti non lo sanno ma Onlyfans non nasce come piattaforma pornografica, come Youporn per intenderci, ma si possono trovare anche corsi di Yoga a pagamento o personal trainer che offrono contenuti personalizzati per gli abbonati. E tanto altro. Poi, come già scritto, il lockdown e la possibilità di postare contenuti di nudo espliciti, invece vietati su altri social (Instagram Facebook TikTok), hanno indirizzato Onlyfans verso il porno. Pensate che oggi ci sono ben un milione e mezzo di creator (per la maggior parte ragazze) e più di 150 milioni di utenti. Onlyfans ha dichiarato di aver pagato ad oggi ai creator ben 5 miliardi di dollari. Cifre astronomiche. Ma ora torniamo ad esaminare i motivi di questo successo e proverò a rispondere alla domanda iniziale.

La differenza con il porno tradizionale è principalmente una: con Onlyfans il fruitore ha un rapporto diretto con l’oggetto del suo desiderio. Non ho usato le parole oggetto e fruitore a caso. L’uomo che si approccia a questa piattaforma sente il bisogno di una relazione con una donna. Non è però capace nè di amare nè di relazionarsi con una donna in modo paritario e sano. Di solito ha paura ed è frustrato. Pensa di valere poco e di non essere amabile per una donna carina. Per questo paga e pagando sa che quella donna sarà ben disposta e accogliente verso di lui e verso quelle che saranno le sue richieste sessuali. Non rischia un rifiuto che lo distruggerebbe nella sua autostima ancor di più. Insomma l’utente medio di Onlyfans non cerca del sesso. Si cerca anche quello ma non gli basta. Cerca considerazione, cerca una donna che si accorga di lui. Cerca un rapporto umano. Un rapporto umano con una donna che magari sia anche bella, giovane e disponibile. Onlyfans offre un legame umano a tutta quegli uomini soli, che sono tantissimi, se pensate che il 30% dei ragazzi sotto i 30 anni non ha una vita affettiva, illudendoli di superare così le difficoltà di avvicinare l’altro sesso, di corteggiare una ragazza, di intessere amicizie e di condurre una relazione affettiva. Non sono capaci, hanno paura delle donne e di un possibile rifiuto e hanno aspettative altissime. Tutte situazioni dovute alla cultura occidentale che rende il sesso sempre più facile e banale, ma l’amore sempre più difficile e complicato. Allora si risolve pagando. Ma è una soluzione finta che non riempie il cuore e non è una soluzione per quella nostalgia che abbiamo tutti dentro di un amore totale.
Le ragazze, dal canto loro, credono di aver trovato un modo facile per fare soldi. Le ragazze si tengono stretti i propri abbonati. Se li coccolano, li fanno sentire importanti. Quasi amati. Poi, se il follower non si accontenta dei messaggini e dei contenuti postati per tutti gli abbonati, non c’è problema. Ogni abbonato può contattare la donna dei suoi sogni e chiederle foto e video fatti solo per lui. Certo possono costare centinaia se non migliaia di dollari, ma essere al centro dei pensieri della propria beniamina mentre prepara quei contenuti solo per lui non ha prezzo. Capite la povertà di tutto questo. La pornografia mercifica il sesso e il corpo. Che è già qualcosa di molto desolante. Onlyfans mercifica tutto. “L’amore” a 10 dollari al mese.

Per concludere posso affermare che Onlyfans è una piattaforma che permette a due povertà di incontrarsi. Da una parte ci sono le creator che pensano di arricchirsi facilmente ma stanno solo svendendo il mistero di ciò che sono e danno un prezzo al proprio corpo. Illudendosi che vendere il corpo e fare prestazioni umilianti non abbia conseguenze poi nella loro vita. Noi siamo spiriti incarnati e ciò che avviene nel corpo non può non toccare anche il resto della persona, cuore e anima compresi. Dall’altra uomini che spesso stanno anche bene economicamente, ma che sono sostanzialmente soli e con una nostalgia atavica di essere amati come persone uniche e irripetibili. Voglio concludere con una riflessione di Elisa Esposito. Non la conoscete? Allora vi do un aiutino. E’ la “professoressa” di tiktok che ha inventato il modo di parlare in corsivo. Sicuramente è più conosciuta così. Elisa è una bella ragazza che è anche una creator di Onlyfans. Sentite cosa ha affermato ad una recente intervista rilasciata a Radio 105: ormai ho OnlyFans da quasi un anno e vi giuro che psicologicamente vi distrugge. È un lavoro di m…, se così si può definire. Vi porta soldi o cose, ma vi distruggerà tutto il resto. La scelta è vostra: o i soldi o la vera felicità. 

Per questo la risposta che noi cristiani possiamo portare a tutta questa solitudine e banalità è sempre la stessa. Possiamo testimoniare come il solo che ti può amare davvero e che ti può fare sentire amato e desiderato non ti chiede nessun abbonamento. Lo trovi entrando in chiesa e mettendoti in ginocchio davanti al tabernacolo. E voi creator ricordate che siete preziose, che il vostro corpo non vale l’abbonamento mensile di un mendicante in cerca d’amore. Il vostro corpo merita molto di più. Merita la promessa del per sempre, merita un uomo che sia disposto a donarsi completamente a voi. Allora sarete davvero ricche anche con una casa minuscola in periferia e con pochi soldi sul conto.

Antonio e Luisa

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Non ci rendiamo conto!

Il 22 dicembre, nel tardo pomeriggio, mi sono recato nel più grande Ipermercato della mia città: non mi piace andarci, ma dovevo comprare delle cose particolari per il pranzo di Natale e lì ero sicuro di trovarle. Con il mio carrello mi metto in coda e una cassiera bionda, di mezza età, mi fa il conto; finisco di imbustare, la guardo e le dico: “Buona serata e le auguro Buon Natale”. Lei rimane un attimo perplessa, poi risponde: “Siamo così stanchi che non ci rendiamo conto”.

Quella signora, che vedevo per la prima volta, non lo sa, ma le sue ultime 4 parole, “non ci rendiamo conto” mi hanno accompagnato in queste feste e mi hanno fatto riflettere, più di tutte le omelie che ho sentito. Innanzitutto mi sono calato nei panni di questa signora: è noto che nei supermercati e in tutti gli esercizi pubblici, durante le festività, i turni sono più massacranti del solito, e inoltre se non aprono tutti i giorni, domenica e festivi compresi, sembra che rischiamo di morire di fame! È vero che a volte ci stanchiamo e ci preoccupiamo per fare i regali a tutti, per preparare il presepe, gli addobbi, il mangiare, il bere, per l’organizzazione e rischiamo di tralasciare il festeggiato, Gesù. Chissà in quella giornata quante persone sono passate davanti a quella signora e in quante l’hanno guardata per quello che è, una sorella, amata da Dio, certamente non meno di me o di te che stai leggendo: infatti una delle missioni degli sposi è rendere visibile che Gesù sta amando.

Ho ripensato a tutte le volte in cui non mi sono reso conto, in passato: non mi sono reso conto di cosa fosse davvero il Sacramento del Matrimonio fino a quando non mi sono trovato solo, non mi sono reso conto che mia moglie aveva già deciso di lasciarmi mesi prima della separazione, non mi sono reso conto del suo malessere, non mi sono reso conto che l’obiettivo non era fare la mia famiglia, ma quella dei figli di Dio.

E oggi non mi rendo conto che dovrebbe ampiamente bastare la presenza di Gesù per rendermi felice, non mi rendo conto di questi giorni natalizi di Grazia, non mi rendo conto di quanto sono amato, altrimenti griderei continuamente l’amore, anche nella separazione. Don Renzo Bonetti qualche giorno fa, per gli auguri di Natale, ci ha detto: ”Ciascuno di voi (separati fedeli) ha una presenza di Gesù che supera tutti i presepi di questo mondo, messi insieme. Vorrei poter mettere un bue e un asinello accanto a voi per farvi capire che c’è una presenza stabile di Gesù, che per il Sacramento del Matrimonio il presepio siete voi”. Ha proprio ragione, faccio fatica a rendermi conto che il presepe è immagine di una realtà infintamente più grande che vive dentro di noi e in tutti gli sposi! Allora all’inizio di quest’anno, l’augurio che faccio a me e a tutte le coppie è di renderci conto di questa Presenza in tutte le cose ordinarie che facciamo!

Ettore Leandri (Presidente Fraternità Sposi per Sempre)

Come sta il vostro matrimonio?

Inizia un nuovo anno. Per noi sposi non riguarda soltanto noi stessi, la nostra personale vita, ma c’è un altro anno di matrimonio che è passato. E’ bello fermarsi, almeno un attimo, e leggere l’anno passato alla luce del nostro matrimonio. Il nostro matrimonio è la cartina al tornasole di tutto ciò che siamo, della nostra fede e della nostra vita spirituale. Come è stata la nostra relazione? Poi il matrimonio è strano perchè è indubbiamente una relazione a due (anzi a tre per chi come noi crede) ma poi ne possiamo valutare i frutti non solo esaminando la relazione ma forse ancor di più cercando di capire cosa ha cambiato in noi stessi. Cosa ci dice un anno che finisce ed uno che comincia?

Il nostro corpo è più vecchio di un anno. Lo scorrere del tempo, è inutile negarlo, cambia il nostro corpo. Non cambia in meglio. Siamo soggetti ad un lento deperimento e all’invecchiamento. Con il tempo appaiono le rughette, i capelli bianchi e perdiamo tono, forza ed elasticità nei muscoli. Luisa ed io non abbiamo più il corpo di vent’anni fa quando ci siamo sposati. Ora ho 48 anni. Eppure ricordate che se avete vissuto bene il vostro matrimonio i vostri occhi saranno capaci di vedere nell’altro una bellezza ancora più grande. Come è possibile? E’ il miracolo dell’amore. Papa Francesco in un documento ha scritto di sguardo photoshoppato. Io vedo il corpo di Luisa invecchiato e lei sicuramente vede il mio. Eppure la desidero tantissimo. Mi pare la più bella di tutte. C’è una spiegazione anche molto semplice. Il segreto è nell’amore vissuto. Per un altro anno abbiamo vissuto insieme la nostra quotidianità, donandoci reciprocamente attenzioni, cura, tenerezza, dialogo, intimità. Questo fa tutta la differenza del mondo. Perchè ciò permette di conoscere la vostra sposa o il vostro sposo in modo così profondo da rendere quella bellezza visibile nel corpo. Il corpo è capace di trasfigurarsi con la bellezza di tutta la persona che abbiamo accanto. Naturalmente una bellezza che posso scorgere così bene solo io con Luisa e lei con me. Padre Raimondo Bardelli la chiamava bellezza soggettiva. Quindi la domanda da porsi è: come vedo mia moglie? Come vedo mio marito? E il proposito per il nuovo anno deve essere: cercherò di donarmi ancora di più per vederlo/la sempre più bello/a.

Siamo più amabili? Una persona è amabile quando è bello stare vicino a lei. Una persona è amabile quando è facile amarla. La bellezza che sprigiona come persona è tale che rende bello stare con lei. Devo impegnarmi, è l’amore che me lo chiede, a coltivare la mia bellezza interiore ed esteriore per il mio sposo o per la mia sposa. Devo impegnarmi a coltivare la mia persona, il modo di agire, di rapportarmi, di parlare, di affrontare la vita, in modo che io diventi sempre più bella/o per lui o per lei. Badate bene non significa farci manipolare o condizionare dall’altra persona. Non c’è violenza o costrizione. Tutt’altro. Significa arrenderci all’amore. Scegliere per amore di cambiare noi stessi. Non è la stessa cosa. Io sono libero ed è proprio l’amore che ho per Luisa, che mi sta accanto da 18 anni, che mi induce a cambiare. L’amore per lei, la gratitudine e la meraviglia che sento per il dono di se stessa che ogni giorno mi offre senza chiedermi nulla mi danno quella determinazione e quel desiderio profondo di cambiare quelle parti buie di me che ancora possono provocarle sofferenza o che non mi permettono di accoglierla pienamente. Lei mi amerebbe comunque, mi ha dimostrato più volte di amarmi per quello che sono. Questa è la forza salvifica dell’amore che ti porta a dare il meglio. Non è lei che mi fa suo, ma sono io che mi faccio suo, liberamente e nella verità. Molto diverso. La domanda che mi devo porre è quindi: quanto sono stato amabile? Ho cercato di amare l’altro secondo la sua sensibilità e non la mia? Il proposito per il nuovo anno deve essere proprio questo. Essere amabile sempre di più per coltivare la mia bellezza integrale.

Abbiamo cercato di darvi due piccoli suggerimenti per il nuovo anno ma che possono fare la differenza nel vostro matrimonio. Tocca a voi ora. Buon 2023 che sia fecondo per voi e attraverso di voi per il mondo intero.

Antonio e Luisa

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Testimoni dell’amore che vince il male

Oggi vorrei tornare sull’Angelus di lunedì scorso. Il giorno di Santo Stefano, il giorno dopo Natale. Papa Francesco dice tante cose ma vorrei soffermarmi solo su una parte della sua riflessione, quella che mi ha colpito di più. Il Papa ha affermato:

Perché il Natale non è la fiaba della nascita di un re, ma è la venuta del Salvatore, che ci libera dal male prendendo su di sé il nostro male: l’egoismo, il peccato, la morte. Questo è il nostro male: l’egoismo che portiamo dentro, il peccato, perché siamo tutti peccatori, e la morte. E i martiri sono i più simili a Gesù. Infatti, la parola martire significa testimone: i martiri sono testimoni, cioè fratelli e sorelle i quali, attraverso le loro vite, ci mostrano Gesù, che ha vinto il male con la misericordia. E anche ai nostri giorni i martiri sono numerosi, più che nei primi tempi. Oggi preghiamo per questi fratelli e sorelle martiri perseguitati, che testimoniano Cristo. Ma ci farà bene domandarci: io testimonio Cristo? E come possiamo migliorare in questo, nel testimoniare meglio Cristo? Ci può aiutare proprio la figura di Santo Stefano.

Un Salvatore che ci libera dal male e dalla morte. L’abbiamo sentito dire tante volte; eppure, è bene soffermarsi su questa verità di fede. E’ fondamentale nella nostra vita ma lo è anche nel nostro matrimonio. Il nostro matrimonio è salvato da Gesù. Non per nulla è un sacramento. Certo se lo vogliamo. Gesù non fa mai le cose da solo, aspetta la nostra aderenza. Non ci forza a volerci bene davvero. Io ne sono molto consapevole di questo. Credo che molto del bene, che riesco a portare nella mia relazione con Luisa, dipenda proprio dal fatto che sono ben consapevole che da solo porterei ben poco bene e tanto egoismo e tanto male. Perchè il peccato originale viene sì cancellato con il battesimo ma resta dentro di noi la concupiscenza. La nostra è una continua lotta tra il nostro egoismo e il desiderio di voler bene alla persona che abbiamo accanto. Per questo è importante essere capace di mettersi a nudo con Gesù e anche con la moglie o il marito. E’ importante accedere ai sacramenti per essere più forti, è importante conoscere cosa è male e cosa è bene e quindi conoscere la morale cattolica ed affidarsi ad un buon direttore spirituale. La morale non è una serie di regole astratte senza senso e ormai sorpassate. La morale ci insegna ad essere pienamente uomo e donna nel dono totale reciproco. E poi è importante saper chiedere scusa all’altro e perdonare l’altro per ricominciare e non lasciare che il male possa distruggere tutto il bene che in tutti i matrimoni validamente celebrati c’è.

I martiri amano come Gesù. Anche questa seconda riflessione del Papa è decisiva. I martiri non sono solo quelli come Santo Stefano che affrontano la morte pur di testimoniare Gesù. Ci sono tantissimi martiri anche nei nostri matrimoni. Lo sono quegli sposi che scelgono di restare fedeli alla promessa anche quando l’altro decide di rifarsi una vita con qualcun’altro. Non è forse quello un amore che vince il male con la misericordia? Sono martiri quegli sposi che sono capaci di accompagnare il coniuge nella malattia e nella disabilità dando tutto e magari non avendo in cambio nulla perchè l’altro nulla può dare. Non è forse quello un amore che vince il male con la misericordia? Sono martiri quegli sposi che non riescono ad avere figli e si sentono defraudati di un loro desiderio. Non per questo rinunciano ad essere fecondi in altro modo riuscendo comunque a testimoniare amore e misericordia. Potrei andare avanti ma mi fermo qui.

Vi lascio con la domanda che lo stesso pontefice ci rilancia: Io testimonio Cristo? E come possiamo migliorare in questo, nel testimoniare meglio Cristo?

Antonio e Luisa

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Jack e Rose del Titanic? Si chiamavano Sebastiano e Argene.

Di recente ci siamo imbattuti in un articolo molto interessante nel quale si raccontava del ritrovamento di ciò che resta dei corpi delle persone morte durante il naufragio del Titanic, avvenuto il 14 aprile 1912. Centodieci anni fa. Questa notizia ha fatto scalpore e causato alcune polemiche. Molti, a nostro parere giustamente, sostengono che il relitto della nave sia ormai un cimitero e che i morti che riposano in quel relitto sommerso non vadano disturbati. Non vogliamo però occuparci di questo ma di una storia riguardante una famiglia italiana che è stata colpita direttamente dal naufragio. Ci siamo imbattuti in un’intervista fatta alla Signora Salvata Del Carlo, al momento dell’intervista era l’ultima superstite italiana al naufragio del Titanic (la signora è morta nel 2008 a 96 anni). All’epoca dei fatti era solo una bimba nella pancia della mamma. Lei quindi era su quella nave ma non poteva certo ricordare nulla. Ha raccontato quanto a lei stessa i suoi parenti le hanno riportato, cioè la stupenda storia d’amore della sua mamma Argene e del suo papà Sebastiano.

I due si erano conosciuti durante una festa di paese, erano entrambi originari della provincia di Lucca e abitavano in due paesini vicini. Secondo il racconto di Salvata, papà Sebastiano aveva subito sentito nel cuore che Argene era la donna giusta per lui. Si sposano il 20 gennaio 1912 proprio il giorno di San Sebastiano. Lui aveva 29 anni e lei 26. Una coppia come tante, e come tante persone del tempo Sebastiano emigrò negli Stati Uniti dove trovò subito lavoro. Sembrava tutto andare per il verso giusto. Sebastiano non vedeva l’ora di riunirsi con la famiglia, quindi, non appena potette, tornò a casa per portare con sé la sua dolce metà che era già in dolce attesa. Lei rimase infatti incinta subito dopo le nozze prima della partenza del marito.

Avrebbero dovuto partire da Genova, il porto a loro più vicino, ma la nave era piena. Sebastiano non si perse d’animo, decise così di fare un regalo a sua moglie. Comprò dei biglietti di seconda classe del Titanic, si proprio la famosa nave, la nave più avanzata tecnicamente e lussuosa di quei tempi, per quello che sarebbe stato il viaggio inaugurale dello stesso transatlantico. Sebastiano non badò a spese per la sua Argene. Pensate che un biglietto di seconda classe costava circa 1000 euro di oggi. Non poco per un emigrante. I due erano sposati da soli quattro mesi e la traversata sul Titanic sarebbe stato il loro viaggio di nozze. Sebastiano pensa inoltre che in seconda classe la sua sposa avrebbe potuto riposare meglio, presa dai malesseri del primo trimestre di gravidanza.

La fatidica notte del 14 aprile 1912, Argene non riusciva a dormire, sentì quindi il forte impatto con l’iceberg che avvenne alle ventitré e quaranta. Spaventatissima, chiese al marito di correre sul ponte superiore per capire cosa fosse successo. Sebastiano in pochi minuti tornò da lei spiegandole, cercando di mantenere la calma, che non c’era un minuto da perdere. Fece indossare ad Argene il giubbetto di salvataggio e riuscì con tutta la sua determinazione a farla salire su una scialuppa con sole donne e bambini. Prima di lasciarla fece in tempo solo a darle un bacio e a rassicurarla. Le disse di non temere e che si sarebbero ritrovati una volta tratti in salvo. Non si videro più. Lui annegò nelle gelate acque dell’oceano. Quel bacio e quell’amore sono però passati alla storia. Perché l’amore di Sebastiano per la propria sposa è affascinante, è davvero un amore più forte della morte di cui narra il Cantico dei Cantici; Argene, una volta che fece ritorno in Italia, dette alla luce quella bambina sopravvissuta al naufragio, che già nel grembo della mamma era stata riempita di amore e cure da quel papà tanto innamorato della sua mamma. La bambina fu chiamata Salvata e scoprirà la sua storia solo all’età di circa venti anni, quando al cinema diedero il primo film sul Titanic. Il figlio di Salvata prenderà poi il nome di Sebastiano, in onore del nonno e per tre generazioni questo nome verrà tramandato ai figli maschi.

Questa vicenda ci ha fatto giungere la riflessione che non abbiamo bisogno di immergerci in nuove ricerche scientifiche analizzando ciò che resta del Titanic sul fondo dell’oceano, perché il messaggio più grande quelle persone c’è lo hanno già lasciato. Non possono dirci nulla di più che non sia la grandezza e la potenza dell’amore sponsale, un amore capace di ispirare addirittura un film per la sua magnificenza! L’amore e la vita di quella bambina in grembo che si è salvata sono l’ultima parola. Sebastiano non esitò un attimo, si sacrificò per salvare la vita di Argene con sua figlia in grembo; non era facile arrivare alle scialuppe, chi ha visto il film con Di Caprio può immaginare la confusione che si generò sui ponti superiori, ma Sebastiano riuscì a farsi spazio fra la folla per mettere in sicurezza non sé stesso, ma la persona che il Padre gli aveva affidato. Probabilmente sapeva anche che non si sarebbero più rivisti, ma fece di tutto affinché sua moglie non si dovesse preoccupare per lui in quelle condizioni estreme. Ricorda davvero Gesù sulla croce. Gesù che non pensa a sé stesso ma pensa a Maria e Giovanni. Ecco l’amore sponsale autentico è come quello di Gesù. Per questo è tanto affascinante.

Quante volte noi sposi abbiamo la tendenza a pensare a tutto quello che abbiamo fatto e facciamo per l’altro, soprattutto quando non ci sentiamo ricompensati, nel caso di questa coppia l’amore non è stato pesato, ma solo vissuto alla luce di Cristo che per primo si è sacrificato per il nostro bene più grande.

Alessandra e Riccardo

Il matrimonio non è una fiaba ma è la nostra vita

I magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo».
Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto,
dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio.

Il Vangelo della liturgia di oggi ci offre il racconto della fuga in Egitto della Santa Famiglia. Giuseppe prende con sé Maria e il piccolo Gesù, raccoglie pochi oggetti che possono essere loro utili, e parte verso l’Egitto, attraversa il deserto, compiendo a ritroso il cammino attraverso cui Mosè condusse gli Ebrei verso la Terra Promessa. Comprendete quanti spunti interessanti per noi sposi cristiani ci siano in questo breve racconto? Cercherò di mettere in evidenza i più evidenti.

Il matrimonio come Terra Promessa. Primo grande fraintendimento. Tanti giovani si sposano perchè credono che con il matrimonio tutto andrà bene. Che problemi e sofferenze saranno cancellati da Gesù che diventa parte integrante della relazione sponsale. Altrimenti cosa mi sposo a fare? Il matrimonio è la conclusione di una bella fiaba: è vissero felici e contenti. Non è esattamente così. Giuseppe ci riporta alla dura realtà. Il matrimonio non cancella imprevisti, ingiustizie, male, difficoltà, sofferenza. Non lo ha fatto neanche per Giuseppe e Maria che erano santissimi e avevano in mezzo a loro quel Dio bambino che si era fatto carne. Lo potevano toccare, abbracciare, baciare e averlo sempre tra loro. Eppure non hanno avuto una vita matrimoniale facile. Fin da subito hanno dovuto affrontare le incertezze della vita e la cattiveria di alcune persone. Siamo pronti anche noi ad accogliere tutto nel nostro matrimonio? D’altronde la promessa matrimoniale è chiara. La Chiesa non ci prende in giro: io Antonio, accolgo te, Luisa, come mia sposa. Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. Non sono cancellati dolore e malattia ma con la grazia di Cristo ci viene promesso che potremo affrontare ogni situazione. Noi promettiamo e Gesù lo fa con noi. Il matrimonio diventa così esso stesso un viaggio verso la Terra Promessa. Come? Lo spiego nel secondo punto.

Il deserto come occasione di crescita. Giuseppe, come abbiamo letto, deve fare i bagagli, prendere moglie e figlio, e scappare in tutta fretta verso l’Egitto. Deve quindi attraversare il deserto verso un Paese straniero. Il deserto è necessario per tutti. Il deserto è luogo di purificazione, non solo di aridità e di sofferenza.  Nel deserto facciamo i conti con le nostre ferite e con i nostri peccati. E’ quindi l’occasione per crescere nella fede e nel nostro matrimonio. L’occasione per passare da un matrimonio concepito come relazione dove prendere e appagare ad una vera comunione d’amore dove donarsi completamente accogliendo la nostra povertà e quella dell’altro. Il matrimonio ci insegna la sola cosa che davvero dobbiamo imparare in questa vita: io sono felice quando riesco a rendere felice l’altro, quando mi dono all’altro, quando sono capace di sacrificio per l’altro. La promessa matrimoniale, che è una promessa nostra di donarci completamente, diventa così promessa di Dio di farci trovare la felicità. Che non è la gioia ebete e superficiale di certe caricature di cristiani, ma è la pace che viene dalla pienezza di vita e di senso che si riesce a sperimentare. La felicità dei santi. La perfetta letizia di san Francesco che riesce ad essere lieto in ogni situazione, anche la più difficile.

Antonio e Luisa

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Buon Natale di salvezza

E’ mattina. E’ il 25 dicembre del 2022. Anche quest’anno è arrivato il Natale. Il Natale arriva tutti gli anni. Sempre uguale. Il Natale è sempre lo stesso ma io no. Io accolgo questo giorno sempre in modo diverso. E’ mattina. Sono le sette. Fa freddo, per le strade non c’è in giro nessuno. Io sono già fuori perchè devo portare a passeggio il cane di casa. La mattina tocca a me. Eppure questo silenzio, questo freddo mi fa sentire tutta la solitudine della nostra vita.

Sono giorni che sto vivendo come in attesa. Non la solita attesa del Natale ma qualcosa di più profondo. Ho tutto. Ho una moglie fantastica che amo ogni giorno di più, ho dei figli che mi sembrano essere sereni seppur nelle difficoltà della loro adolescenza, ho un lavoro che mi permette di vivere senza lussi ma anche senza preoccupazioni economiche. Eppure ho un’inquietudine che non mi lascia la pace nel cuore.

Ripenso all’omelia del nostro parroco ieri notte, durante la Messa, e do un nome a quel malessere che mi rode dentro. Il mio cuore ha bisogno di salvezza. Ho bisogno di dare salvezza alla mia vita ma in modo molto concreto. Ho bisogno di dare un senso a tutto, in particolare alla mia quotidianità. Altrimenti rischio di perdere tutto. Perchè alla fine stare in famiglia, stare con mia moglie e con i miei figli diventa qualcosa di anche bello, che sul momento scalda il cuore e mi fa sentire vivo, ma poi non lascia nulla se non un bel ricordo. Allora arriva quel bimbo tanto piccolo e sembra inutile. Ma è quello che fa tutta la differenza del mondo.

Il parroco ha usato un paragone che spiega molto bene quello che voglio dire. Gesù è come il comando salva sul nostro PC. Quel comando che ci permette di salvare i file che racchiudono il nostro lavoro. Quel comando che ci permette di non perdere tutto quello che abbiamo fatto fino ad ora. Guardate il caso. Quel comanda si chiama salva. Esattamente come Gesù che salva. Ecco! La spiegazione alla mia pesantezza di questi giorni è racchiusa in questo significato. Ho bisogno di salvezza. Ho bisogno di Gesù che mi permette di non perdere tutto quello che ho fatto fino ad ora, che mi permetta di dare un senso alle cose belle e brutte della vita. Ho bisogno di salvezza che mi permette di non aver paura di perdere le persone che ho accanto perchè Gesù è quello che salva loro e me e permette di non perderci per l’eternità.

Sono convinto che non importa come stiamo, cosa abbiamo. se siamo ricchi o poveri, nella gioia o nel dolore, nella salute o nella malattia. Qualsiasi sia la nostra situaziozione tutti, senza alcuna eccezione, abbiamo bisogno di salvezza. Prima ce ne rendiamo conto e prima troveremo quel senso che non sempre siamo capaci di dare. Concludo con una frase che mi è piaciuta molto di don Manuel Belli, conosciuto sui social attraverso il suo canale Scherzi da prete. Don Manuel dice: il Natale non ci rende tutti più buoni ma ci rende tutti più salvi. E’ esattamente così. Buon Natale di salvezza a tutti. Perchè il Natale se non serve a prendere coscienza che abbiamo bisogno di essere salvati non serve assolutamente a nulla.

Antonio e Luisa

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Vocazione o autorealizzazione?

Qualche tempo fa, leggendo un libro, non ricordo ora il titolo, mi ha colpito una riflessione dell’autrice. Non era un testo specifico sul matrimonio, ma c’erano diversi spunti interessanti. Non ci avevo mai pensato, ma vocazione e autorealizzazione possono sembrare solo in apparenza due parole che indicano la stessa cosa. In realtà possono essere molto diverse e fare tutta la differenza del mondo poi nel nostro matrimonio.

Noi ci sposiamo per vocazione o per autorealizzarci? Dove sta la differenza? La vocazione implica un noi, una relazione, uno scambio, un mettere al centro la relazione stessa e non me stesso. L’autorealizzazione mette al centro me stesso e non la relazione, non l’altro. La relazione, e di conseguenza l’altro, diventa funzionale alla mia autorealizzazione. Capite bene che così non funziona. Che così siamo completamente fuori da ogni verità sull’amore. Ciò che salva, che mi salva, non è la mia autorealizzazione, ma la mia capacità di comprendere e di entrare fino in fondo nella mia vocazione.

La vocazione ti spinge a fare posto dentro di te, ti spinge a donarti, ti spinge all’empatia, ti spinge a condividere gioie e dolori della persona che hai accanto, ti aiuta a combattere l’egoismo. L’autorealizzazione nulla di tutto questo. L’autorealizzazione ti spinge solo ad usare chi hai accanto. Ti porta a buttare quella persona quando non sarà più capace di darti quello che vuoi. Nell’autorealizzazione non c’è nulla di amore ma c’è solo uno sguardo ripiegato su di sè.

Metterò ora in evidenza alcuni diversi atteggiamenti del cuore di chi vuole autorealizzarsi e di chi invece cerca di amare in una vocazione sincera.

La promessa del per sempre. Questa è una grande prima diversità. Chi si vuole autorealizzare nel matrimonio dovrebbe essere coerente e non sposarsi in chiesa. Sono troppo cattivo? No per nulla, solo realista. Chi si vuole autorealizzare non può promettere il per sempre. La relazione sarà costantemente messa sotto esame. Se stare con quella persona non mi dà quello che cerco oppure se trovo qualcuno che mi fa stare meglio devo avere tutto il diritto di cambiare. E’ stato bello ma tanti saluti e buona vita. E i figli? I figli desiderano dei genitori felici e realizzati e capiranno! Capite il centro sono sempre e solo io. In questa modalità non c’è amore. Non c’è la capacità di farsi pane spezzato per l’altro. Questa modalità di amare non mi cambia e non mi fa crescere e maturare. Chi vuole invece realizzare la propria vocazione, sa che in quella promessa può trovare senso e pace. Perchè amare dando tutto di te, senza chiedere nulla, è il modo di amare di Cristo e nel dono puoi trovare chi sei davvero e fare esperienza di Gesù nella tua vita. Restare fedele alla promessa nella gioia e nel dolore permette a te di crescere e alla persona che hai accanto di sperimentare l’amore gratuito di Gesù.

Passione o amore? Altra differenza fondamentale. Chi si vuole autorealizzare mette al centro, di tutto il matrimonio, la passione e il sentimento. Cosa c’è di male? Non c’è nulla di male a desiderare che nel matrimonio si possa mantenere passione e sentimento. Ciò che non va affatto bene è farci influenzare da questa parte più emotiva. Perchè poi diventa un cane che si morde la coda. Quando il vino verrà a mancare cosa si fa? Si smette di curare la relazione? Ci si ignora oppure ci si rivolge all’altro solo per la lista della spesa? Comprendete la menzogna che c’è dietro questo significato che possiamo dare all’amore? Quando c’è passione facciamo fuoco e fiamme. Fuoco di paglia però! Un fuoco che si può spegnere facilmente e poi? Chi vive il matrimonio come vocazione è capace di andare oltre. Sa che i momenti in cui la passione latita sono quelli in cui deve donarsi ancora di più all’altro. Perchè l’amore va curato e nutrito come una piccola pianta. Se non bagno spesso la piantina in casa poi questa muore. Stessa cosa vale per il matrimonio. Mi devo donare che ne abbia voglia o meno. Questa modalità è quella vincente perchè l’altro si sente amato per quello che è e non per quello che fa (quindi sarà riconoscente) e la passione sarà stimolata dall’intimità che non faremo mai cessare.

Un’ultima puntualizzazione. Non si nasce imparati. Io mi sono sposato probabilmente con un’idea più vicina all’autorealizzazione che alla vocazione. Poi, però, con il tempo, se non ti tiri indietro e ci provi a dare tutto, il matrimonio ti cambia, poco alla volta, ma radicalmente. Se ora ho capito qual è la mia vocazione devo solo dire grazie a Dio e a Luisa che mi ha sostenuto e sopportato in questi anni.

Antonio e Luisa

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La bellezza di Dio nella differenza

Un argomento che ritorna spesso nei social e nelle discussioni con le figlie è quello riguardante il maschile e femminile. Un po’ li capisco questi giovani, vivono in un mondo davvero strano, a volte mi sembra di essere in una società distopica dove anche le cose più normali e naturali vengono alterate. Questa è anche la conseguenza della famosa finestra di Overton: un’idea sbagliata viene alla fine accettata senza problemi, se fatta “digerire un po’ alla volta”. Quindi non destano più scalpore ad esempio due donne che si baciano su una panchina di un parco giochi, oppure due uomini che partecipano come coppia ad un quiz televisivo. Se poi provi a dire qualcosa, subito arriva la replica: Se si vogliono bene, che male c’è? Vivi ancora nel Medioevo. A parte il fatto che il Medioevo è uno dei miei periodi storici preferiti (con Dante e Giotto patrimonio dell’umanità, costruivano cattedrali che sono ancora in piedi e non capannoni industriali come oggi), per capire se una cosa è male o bene, è indispensabile guardare cosa ne pensa Dio.

Dio ha creato maschi e femmine, diversi e complementari a Sua immagine e somiglianza, cioè Dio ha scelto fin dall’inizio con che volto vuole farsi conoscere: in altre parole l’uomo e la donna, sposo e sposa rivelano le realtà intime di Dio (solo in seguito viene mostrato completamente il volto di Dio con Gesù). Con il Sacramento del matrimonio i due diventano una carne sola e assomigliano ancora di più a Dio, massima espressione sia del femminile, che del maschile.

Io credo che in questo periodo storico di grande confusione sia quanto mai urgente la missione di noi sposi riguardo all’essere veri maschi e vere femmine: senza esibizionismo, i coniugi dovrebbero gareggiare nell’esaltazione della bellezza del maschile e del femminile, nel farsi belli l’uno per l’altra, cercando di avvicinarsi a quella bellezza che Dio ha visto in noi, prima di creare il cielo e le stelle. Anche noi separati fedeli, se/quando non curiamo il nostro aspetto, cosa che verrebbe naturale, visto che non abbiamo una persona accanto, perdiamo occasioni di testimoniare e di rimandare a Colui che è Il Bello e che ha creato un mondo bellissimo per noi.

Come uomo penso che le donne siano davvero affascinanti! Oltre all’aspetto esteriore, quello che mi attrae è il modo di ragionare, di pensare, i punti di vista diversi, le capacità a me sconosciute: tuttavia, quando mi sono separato, ho passato un periodo in cui avevo un giudizio negativo sul genere femminile, perché ero rimasto tanto deluso e amareggiato. Per fortuna, grazie ad alcune sante donne della Fraternità (Sposi per Sempre), ho curato le mie ferite e ho compreso che non potevo portare la mia esperienza negativa come metro di giudizio per tutte le altre e che, in entrambi i sessi, ci sono persone sante e peccatrici.

E’ spesso il nostro “sentire” che è sbagliato e che dovrebbe essere guarito e non assecondato, come per chi prova attrazione verso persone dello stesso sesso. Io, da solo, come maschio, rappresento solo metà del volto di Dio ed è per questo che quando vengo chiamato a fare una testimonianza, oppure quando devo organizzare degli incontri, chiedo sempre di essere accompagnato da una donna: infatti è solo insieme, uomo e donna che esprimono la pienezza, sotto tutti gli aspetti, dalle parole, alla sensibilità, alle idee e alle emozioni. Così in questa società in cui si cercano le pari opportunità (se uno fa una cosa, allora lo deve fare anche l’altro per non essere inferiore), si è travisato il motivo per cui Dio ci ha fatti diversi: per collaborare insieme e creare così un mondo in cui tutti, dai bambini agli anziani possano vivere felici nell’aiuto reciproco.

Ettore Leandri (Presidente Fraternità Sposi per Sempre)

Dio parla attraverso i sogni.

Ieri, la liturgia della quarta domenica di Avvento, ci ha offerto il sogno di Giuseppe. Un angelo, messaggero di Dio, è apparso in sogno a Giuseppe e gli ha fatto conoscere la volontà di Dio. I sogni sono spesso usati da Dio per far conoscere la Sua volontà. Mi viene in mente un personaggio del presepe. Un personaggio di quelli minori, ma che non può assolutamente mancare. Si tratta del pastore Benino. Voglio raccontarvi di lui e lo faccio attraverso le parole di un sacerdote di Napoli che ho avuto la grazia di ascoltare. Si, perchè questo personaggio nasce nell’affascinante e centenaria tradizione del presepe napoletano. Benino è il pastore addormentato. Quello sdraiato a terra che sembra disinteressarsi di tutto quello che sta accadendo. Non come gli altri pastori che, avvisati dall’angelo, si incamminano verso la grotta per adorare il Re. Benino è perso nei suoi sogni. Eppure ricopre un ruolo fondamentale. Benino è una delle DUE porte attraverso cui si può entrare nel mondo del presepe. Una è la Parola di Dio e l’altra è proprio il sogno di Benino. Secondo la tradizione napoletana infatti se Benino si svegliasse tutto il preseppe scomparirebbe come accade anche ai nostri sogni quando ci si svegliamo dal sonno. In tutto questo c’è un simbolismo molto profondo. Voglio riprendere solo due aspetti per non appesantire ed allungare troppo questa mia riflessione.

Dio parla attraverso i sogni. Benino dorme attorniato, sempre secondo la tradizione napoletana, da 12 pecore, che rappresentano le 12 tribù di Israele. Dorme e Dio parla ad Israele e ad ognuno di noi. Parla nel sogno di Benino e mostra la Sua volontà. La volontà di farsi come noi per essere accanto a noi, nella nostra storia fatta di carne e di umanità. Fatta di difficoltà, di problemi, di famiglia, di relazione, di gioia e di morte. Attraverso questo sogno diventato realtà Dio ha portato la Sua salvezza nel nostro mondo.

Benino dorme come dormiva Adamo. Il sonno nella Bibbia non simboleggia la sterilità e l’inoperatività. Un po’ come nel nostro proverbio chi dorme non piglia pesci. In realtà nella Bibbia il sonno è spesso un tempo molto fecondo. Dio per creare la donna ha addormentato l’uomo. Questo perchè nella tradizione ebraica assistere a come Dio opera, significa carpire i segreti di ciò che ha fatto. Significa farne cosa nostra. In realtà nella Genesi l’uomo viene addormentato proprio per sottolineare che la donna è diversa da lui, seppur simile. Diversa e misteriosa. Non potrà mai farne cosa sua. Sarà sempre un mistero davanti al quale mostrare rispetto e stupore. Quando l’uomo cerca di impossessarsi della donna e di farne cosa sua, tutto diventa più brutto e più povero. Non c’è più la ricchezza dell’amore. Questo vale anche per il presepe. Quando pensiamo di aver compreso la nascità di Gesù e la Sua incarnazione, riduciamo il tutto alle nostre convinzioni e alle nostre interpretazioni. Ne facciamo cosa nostra. Non è più Dio che parla al nostro cuore, ma ci facciamo un bel soliloquio. Tutto perde bellezza. Dio ci chiede, in questi giorni che precedono il Natale, di sostare davanti al presepe e di contemplare con meraviglia un avvenimento che ha cambiato la storia, che ha cambiato soprattutto la nostra storia personale. Ci chiede di fermarci e di leggere tutta la nostra vita e il nostro matrimonio alla luce di quel bambino che viene custodito da un papà e da una mamma, da una coppia di sposi che si vogliono bene. Pensate che quel bimbo non nasce soltanto a Natale, ma è nato il giorno delle nostre nozze. E’ nato nella nostra relazione sponsale e il nostro noi è diventato Sua dimora. Non fa nulla se non siamo una reggia dove tutto è bello e comodo. Non fa nulla se sentiamo il nostro matrimonio povero e puzzolente come in una stalla. Dio ci abita e ci chiede di custodirlo così, inerme come un bambino, con il nostro amore fatto di impegno e di dono reciproco. Con tutte le nostre povertà. Ci chiede di dare ciò che siamo. Il resto lo farà Lui.

Antonio e Luisa

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Sono al mio posto?

Papa Francesco da alcune settimane sta dedicando le sue catechesi del mercoledì ad un tema molto importante ed interessante: il discernimento. Vorrei soffermarmi su una frase pronunciata da lui nell’udienza del 7 dicembre: Un altro elemento importante è la consapevolezza di sentirsi al proprio posto nella vita – quella tranquillità: “Sono al mio posto” -, e sentirsi parte di un disegno più grande.

Questa frase è decisiva per noi sposi. Certo il papa si riferisce ad una dimensione più generale, parla ad ogni persona e per ogni scelta della vita, però io voglio leggere questa sua riflessione specificandola al nostro stato di vita e alla nostra scelta di donarci nel matrimonio. D’altronde la scelta di sposarsi è una di quelle che indirizzano più di altre la storia presente e futura di ognuno di noi. Decidere di donarsi totalmente e per tutta la vita ad una persona significa che poi non si può cambiare idea e tornare al via per ricominciare. Non stiamo giocando a Monopoly. Ci stiamo giocando la nostra vita. Ci stiamo giocando la nostra vita eterna.

Perchè ci tengo a mettere in evidenza questa frase del papa? Perchè nella nostra esperienza è una di quelle tentazioni che maggiormente colpiscono gli sposi. Fortunatamente io, seppur ho attraversato momenti di crisi più o meno pesanti, non ho mai pensato di non essere nel posto giusto. Ho sempre messo in discussione me stesso, a volte alcuni comportamenti di Luisa, ma mai il nostro matrimonio. Non ho mai avuto dubbi sulla bontà di quella scelta. Non è così per tante persone che ci contattano. Una delle recriminazioni che più spesso raccogliamo dalle telefonate e dalle mail è proprio questa: ho sbagliato a sposarmi, non è la persona giusta.

Non entriamo nel discorso nullità matrimoniale. Sono consapevole che molti matrimoni non sono celebrati con la giusta consapevolezza. Non è questo il tema che mi preme affrontare oggi. Premettiamo quindi che il matrimonio sia valido. In questo caso la scelta è diventata alleanza. Una scelta quindi indissolubile. Una scelta che diventa sacramento. Una scelta che ha saldato i due sposi con il fuoco dello Spirito Santo. In questo caso non c’è dubbio quale sia il posto dei due sposi. Se decidete di rimanere nel matrimonio siete nel posto giusto. Non c’è dubbio su questo. Perchè lì, in quell’unione, in quella scelta, in quell’alleanza, in quel sacramento c’è la presenza reale di Cristo. C’è un posto migliore dove stare? C’è qualcosa che può dare più pace e più senso di questo?

Ma lui non mi fa sentire amata! Lui pensa sempre ai fatti suoi! Non mi capisce! Lei è sempre fredda! Non ha voglia di fare l’amore! Io lavoro tutto il giorno e lei sa solo lamentarsi! Lui non è dolce, non mi dà quella tenerezza che vorrei e poi vuole fare l’amore! Lui non mi ascolta! Lei sa solo lamentarsi! Potrei andare avanti ancora molto. Io capisco benissimo tutte queste obiezioni. Sentirsi amati ed apprezzati è bellissimo e va ricercato. Ma tutto ciò non può mettere in discussione il matrimonio. Perchè altrimenti non abbiamo compreso cosa il matrimonio sia. Non è un semplice modo per riempire i nostri bisogni affettivi e sessuali. Il matrimonio è l’occasione che Dio ci dà per decentrare il nostro sguardo, per imparare a donarci, a farci pane spezzato per l’altro. E la cosa scandalosa è che dovremmo imparare a farlo senza chiedere nulla in cambio. Perchè farlo? Perchè nel dono totale di noi incontriamo Cristo e la Sua pace. Una pace che non dipende dal comportamento di qualcuno ma che ci rende liberi.

Questo non significa accettare qualsiasi comportamento da parte dell’altro. Possiamo essere fedeli al matrimonio, essere nel nostro posto in tanti modi. Possiamo decidere in certi casi di allontanarci fisicamente dall’altro. Questo in caso di violenze psicologiche o fisiche. Possiamo decidere di allontanarci anche in caso di gravi mancanze come tradimenti. Allontanarci non significa però smettere di essere dentro il matrimonio e fedeli alla promessa. Semplicemente nella libertà scegliamo il bene per l’altro e per noi, ma sempre lasciando la porta aperta alla Grazia e all’unione. Possiamo essere nel posto giusto, restando nel nostro matrimonio anche nella separazione. Tra gli autori di questo blog c’è Ettore che da sposo separato e fedele racconta il senso della sua scelta mai rinnegata. Ha compreso che il matrimonio è il suo posto. Nella gioia e nel dolore. Perchè lì ha trovato e trova tutt’ora Gesù.

Vorrei concludere con le parole di don Fabio Rosini che trova sempre il modo per essere chiaro e diretto:

Se sei santo amerai lì dove sei. Inventandoti come amarli lì per lì, con le cose che hai a disposizione. I buoni cuochi non sono quelli che hanno i migliori ingredienti e fanno piatti eccezionali. Sono quelli che aprono il frigorifero e con quello che c’è si inventano un piatto. Bisogna valorizzare (il nostro matrimonio). Con quali strumenti? Con quelli che Dio ti dà. In quale comunità (matrimonio)? La tua. Quale storia? La tua storia! Dio non sta sbagliando. Con nessuno di noi! La verità però è che da noi dipende la bellezza delle nostre realtà: se viviamo la vita come una missione di amore verso le persone che abbiamo accanto, allora qualunque posto può diventare un piccolo pezzo di Paradiso.

Smettiamo quindi di piangerci addosso e di guardare fuori, come se la salvezza possa essere trovata fuori dal nostro matrimonio. Vogliamo essere santi? Vogliamo trovare Dio? Cerchiamolo nel nostro matrimonio, impegniamoci a fondo lì, perchè ne vale la pena. Anche se alcune volte non sembra. L’altro forse resterà con quel carattere e con quei peccati. Forse resterà stronzo e si comporterà male ma noi non resteremo gli stessi. Questo è certo!

Antonio e Luisa

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La speranza aiuta ad amare

Non so se condividerete questa mia riflessione. Mi è venuta così, rileggendo un mio vecchio articolo. Uno dei primi scritti su questo blog. Era il 2016, ancora non avevamo affrontato questi anni terribili. Eppure già notavo nelle nostre generazioni una diffusa mancanza di speranza. Questo è terribile perchè non avere speranza ci rende incapaci di amore vero. Ci rende sempre più egoisti. Sempre più soli.

Ci si sposa sempre meno, sempre meno i giovani si decidono per la vita consacrata. C’è sempre più paura perchè non siamo più capaci di scorgere l’opportunità delle scelte definitive. La crisi matrimoniale e sociale dei nostri tempi è anche una crisi di speranza. Se non abbiamo la speranza di una vita eterna e dell’abbraccio d’amore con il Dio Creatore nostro Padre, allora tutto perde senso. Diventa inevitabile arrendersi al carpe diem, al godere del momento presente e cercare il piacere e l’appagamento dei sensi prima di ogni altra cosa. Perchè abbiamo bisogno di non pensare e di anestetizzarci di piaceri e di emozioni.

Il sacramento del matrimonio, attraverso la Grazia, unisce le virtù della speranza degli sposi, aprendoli uniti alla vita eterna. La speranza si inserisce come fine nell’amore sponsale, ne diventa una parte inscindibile. Gli sposi si amano nel tempo, ma Dio, attraverso la speranza, apre loro gli orizzonti, non limita tutto a pochi anni ma regala l’eternità, l’eternità alla quale la nostra umanità anela, perchè la nostra umanità è stata creata per non morire mai ed è stata scandalizzata dalla morte introdotta dal peccato. Dio, con la sua misericordia infinita, ci dona la certezza di giungere alle nozze eterne con Lui. Senza questa speranza, nulla ha più senso. La vita matrimoniale senza speranza è come un cielo senza sole e occhi senza vista, come Padre Bardelli spesso diceva.

Anche lo stesso amplesso fisico, senza speranza, perderebbe il suo senso più profondo di riattualizzazione di un sacramento e sarebbe, per forza di cose, abbassato a una semplice esperienza sensibile incentrata sul piacere più o meno fine a se stesso. Senza speranza spogliamo il rapporto fisico dell’esperienza di Dio. Nell’estasi della carne, il rapporto fisico dovrebbe far sperimentare, seppur in modo limitato dalla nostra natura, il per sempre di Dio, l’abbraccio divino dell’oggi di Dio. L’amplesso deve diventare quel momento dove viviamo la terra e il Cielo contemporaneamente. L’intimità deve diventare quella comunione così profonda, così tanto profonda da farci capire cosa potrà essere il paradiso, anche se per pochi istanti.

Solo se il nostro sguardo sarà rivolto a Dio e alle nozze eterne con Lui, riusciremo a dare significato al presente e a tutto quello che incontreremo nella nostra vita di coppia di bello e di brutto. Siamo vicini al Natale. Abbiamo magari allestito il nostro presepe. I magi li abbiamo posti ancora lontano da Betlemme, in cammino. I magi sono re anche di speranza. I magi non si sono persi, perchè hanno avuto lo sguardo fisso sulla stella che li ha guidati lungo il cammino verso l’obiettivo che si erano posti: incontrare il Re. Noi sposi siamo come i magi. Solo guardando la stella del nostro matrimonio che è Gesù, potremo giungere da lui, insieme, per abbracciarlo eternamente. Senza stella saremmo come profughi in mezzo al mare, in balia delle onde e delle correnti che ci trascinano avanti ma senza una vera meta e un vero significato.

Gli sposi, anzi, noi sposi dobbiamo recuperare il senso della speranza cristiana, solo così saremo portatori e donatori gioiosi del vero significato della vita al mondo, che in gran parte lo ha perduto. Buon proseguo di questo tempo di Avvento, che sia fecondo nel vostro matrimonio. Voglio terminare citando don Renzo Bonetti che riguardo l’amore degli sposi ebbe a dire:

Crescere nel nostro amore diventa prezioso. Nella misura in cui la coppia scopre la bellezza di dire gloria, di dire amore, di cantare l’amore, inizia già la sua vita di paradiso

Antonio e Luisa

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 … A contemplarci in tua beltade andiam…

Nella memoria di san Giovanni della Croce, dottore della Chiesa e cofondatore dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, abbiam provato a “immergerci” in una delle sue opere più belle: il Cantico Spirituale, dove viene descritto un vero e proprio esercizio d’amore tra la “sposa” (che rappresenta l’anima) e lo “sposo” (che rappresenta Gesù Cristo). Consci che non è possibile spiegare tutta l’ampiezza e la ricchezza che lo Spirito fecondo d’amore riversa in ogni dialogo personale con ciascuno di noi (dice infatti san Paolo nella lettera ai Romani 8,26 “è lo Spirito che viene in aiuto alla nostra debolezza e, abitando in noi, intercede con insistenza per noi con gemiti inesprimibili” riguardo a ciò che non possiamo comprendere bene), come sposi, abbiamo cercato di interiorizzare una delle strofe finali del Cantico. Proveremo a trasmettervi, con parole semplici, alcuni spiragli di luce che sono giunti a noi.


STROFA 35
Orsù, godiam l’un l’altro, Amato,
a contemplarci in tua beltade andiam
sul monte e la collina
dove pura sorgente d’acqua scorre,
dove è più folto dentro penetriam.


Normalmente quando, mediante il Sacramento del Matrimonio, si raggiunge l’unità (l’una caro, una sola carne) è importante esercitarsi in tutto ciò che è proprio dell’amore. È proprio per questo che attraverso le parole di questa strofa possiamo percorrere tre passaggi che fanno del nostro amore non solo un sentimento ma una decisione continua.

Il passaggio iniziale riguarda il godere e l’assaporare la dolcezza dell’amore, come dice il primo verso “Orsù, godiam l’un l’altro, Amato”. In modo specifico, come coniugi, sicuramente siamo tutti consapevoli che senza tenerezza, dolcezza, delicatezza non c’è amore, ma siamo convinti che dentro il cuore di ognuno di noi c’è, anche se piccolo, un cucchiaino di miele che può dar gusto al nostro stare insieme. Quindi, cari sposi, la tenerezza non s’inventa ma la si fa emergere perché abita già in noi, in quanto siamo stati creati a immagine e somiglianza di un Padre che è tenerezza infinita.

Breve momento di coppia. Al termine della giornata sediamoci uno di fronte all’altro e scambiamoci un cucchiaino di miele come segno della consegna reciproca della propria tenerezza. Dopo, averlo assaporato, ci rivolgiamo allo Sposo con questa breve preghiera: Fa, o Dio, che la nostra tenerezza sia riflesso della tua Tenerezza affinchè crei, fondi, santifichi ogni nostra giornata e ogni nostro gesto e rinnovi quotidianamente il nostro amore, rendendolo nobile, generoso, puro, colmo d’incanto nuovo, come una primavera in fiore.


Il passaggio intermedio riguarda il diventare simili all’Amato, come dice il secondo verso “a contemplarci in tua beltade andiam”
Abbiam detto più volte che Gesù è l’Amato perciò dobbiamo mettiamocela tutta affinché, mediante questo esercizio d’amore, possiamo arrivare a contemplarci nella Sua bellezza. Ma questo perché e quando è possibile? Innanzitutto è possibile perché attraverso il Battesimo siamo diventati figli adottivi di Dio, siamo stati inseriti in Cristo e non siamo più noi che viviamo ma è Cristo che vive in noi. Il Matrimonio precisa il senso dell’appartenenza battesimale: noi due battezzati realizziamo la nostra coppia come comunità coniugale proprio perché il Battesimo si compie nel Matrimonio in una modalità propria. Possiamo dunque arrivare a vedere la bellezza dell’Amato nel nostro amore partendo dal Battesimo, che ci ha fatti uomini e donne nuovi in Cristo. In secondo luogo, riusciamo a conformarci a Lui quando saliamo “sul monte e la collina dove pura sorgente d’acqua scorre”. Sappiamo che nella sacra Scrittura il monte è il luogo dell’incontro con Dio, della sua rivelazione e della sua conoscenza. Per noi sposi è proprio il nostro amore quel luogo in cui Dio si manifesta. Nel Cantico dei Cantici l’amore sponsale è soprattutto «una fiamma del Signore» (8,6); ciò significa che per sua natura l’amore tra uomo e donna fa conoscere Dio, viene da Dio e conduce a Dio. Quindi prendersi cura del proprio amore coniugale vuol dire prendersi cura del proprio rapporto con Dio. Ma certamente è vero anche il contrario: curare il proprio rapporto con Dio alimenterà sempre più il nostro amore coniugale. Solo dopo ciò possiamo percorrere la collina, per scoprire l’amore di Dio che brilla anche nelle altre creature e in tutte le sue opere. Questo tentativo di conformazione allo Sposo non lo raggiungiamo mediante i nostri deboli sforzi ma solo grazie alla sapienza di Dio, a quell’ acqua pura, libera di tutto ciò che la nostra mente riesce a immaginare.


Breve momento di coppia. Trascorriamo una giornata in montagna, magari dove è presente anche un luogo di preghiera.
Mentre passeggiamo, immersi nel silenzio della natura, sostiamo di tanto in tanto e rivolgendo il nostro sguardo verso l’alto ripetiamo: Donaci, o Dio, la sapienza del cuore!


Il passaggio finale riguarda il penetrare nelle ricchezze e nei segreti dell’Amato, come dice l’ultimo verso “dove è più folto dentro penetriam” Questo passaggio è il più difficile, ancor più come sposi. Quanto più si ama, tanto più si desidera “addentrarsi” nelle profondità dell’amato proprio per contemplarne tutto il suo splendore e provare una gioia inestimabile che supera ogni sentimento. Ma qual è il mezzo che ci permette di raggiungerci interiormente? potrebbe sembrare un po’ contraddittorio ma è la sofferenza. Anche la minima sofferenza può creare una crepa, sia dentro ognuno di noi, sia nel rapporto coniugale. Ma è proprio da questa crepa che può entrare il balsamo dell’amore e trasformarla in germoglio di vita. Per Gesù, la croce è stata la forma più alta del suo amore per l’umanità quindi, da cristiani e da sposi, siamo convinti che la via della croce è l’unico mezzo che mette alla prova davvero l’esperienza d’amore di ogni coppia. Pensate quanta energia interiore, di forza, di carattere, si sprigiona quando facendo nostro il dolore del coniuge ne facciamo un’occasione per amare. Ogni dolore altrui è dunque una ricchezza che, se accolta, genera risurrezione.


Breve momento di coppia. Nel momento in cui la sofferenza prende il sopravvento nella nostra vita coniugale non disperiamo ma accogliamo il suggerimento che san Giovanni della Croce fece ad una monaca che gli raccontava delle difficoltà che aveva sofferto: “Non pensi ad altro se non che tutto è disposto da Dio. E dove non c’è amore, metta amore e ne riceverà amore


Carissimi sposi, coraggio! Ogni passo in più nell’amore è un passo in più verso Colui che sta per venire!
Daniela & Martino

Sappiamo tutto del sesso ma non sappiamo fare l’amore

Qualche giorno fa stavo parlando con Luisa e lei mi ha detto queste parole: venticinque anni fa non avrei mai pensato che proprio io, così imbranata con i ragazzi, timida e piena di ferite, mi sarei trovata a raccogliere le confidenze di tante donne che mi chiedono consiglio, che mi aprono il cuore e mi raccontano difficoltà e sofferenze nel vivere il loro rapporto di coppia e la loro intimità in particolare. E io posso confermarlo perchè l’amore ti cambia, il matrimonio è l’inizio di un percorso che può aiutare l’uomo e la donna ad aprirsi l’uno all’altra in un dialogo che sia rispettoso della sensibilità di entrambi.

Allora perchè c’è tutta questa sofferenza? Sofferenza che nasce dall’insoddisfazione della donna e che poi tocca anche il marito che non capisce perchè la propria sposa sia insoddisfatta e poco accogliente. I due sposi finiscono spesso per ferirsi a vicenda senza che se ne rendano davvero conto. Succede tutto questo per due motivi a nostro avviso. Ho avuto modo di confrontarmi con Luisa più di una volta proprio su questo. C’è la presunzione di sapere già tutto e manca spesso il dialogo, manca la sincerità e la capacità di esprimere chiaramente quello che piace e quello che non piace. Ci sono troppi non detto.

Sappiamo già tutto. Siamo figli della nostra società occidentale dove è caduto ogni tipo di tabù, sessualmente parlando. Dove non c’è però una vera educazione sessuale. Qui purtroppo la colpa è anche di noi genitori. Quanti genitori sanno parlare di sessualità ai figli? Quanti lo fanno cercando di inserire il rapporto intimo all’interno di un progetto più grande? Quando parlano ai figli di castità? E soprattutto quanti genitori credono nella castità? Quindi lasciamo l’educazione sessuale ai pochi esperti che i nostri figli ascoltano a scuola. Esperti che difficilmente sanno andare oltre una semplice spiegazione che si limita ad una serie di norme mediche ed etiche da seguire. E poi ci sono i media. C’è la televisione e, oggi più che mai, c’è la rete e ci sono i social. Impariamo ciò che c’è da sapere sul sesso da internet. Lo impariamo dalla pornografia che è sempre più accessibile e che diventa la sola maestra delle nuove generazioni. Anche Rocco Siffredi, celebre attore porno ed oggi imprenditore in quel settore che non conosce crisi, ha messo in guardia da questa menzogna. Ci ha tenuto a dire che il porno non può essere esempio per i ragazzi. Il porno è finzione e soprattutto racconta un’idea falsa di sesso. Fare l’amore come si fa nei video porno non dà piacere. Non dà piacere soprattutto alla donna. Solo pochi giorni fa Luisa ha ricevuto la telefonata di una moglie che, dopo anni che ha accettato di fare l’amore con il marito nel modo pornografico, ora si è stancata e vorrebbe modificare la modalità. Anche dopo aver letto i nostri articoli al riguardo. Capite ora perchè scriviamo spesso di sesso? Perchè tanti non si sentano sbagliati e trovino la forza di opporsi a un modo falso e svilente di vivere l’intimità. Trovino la forza di dire che non piace. Torniamo alla telefonata, Il marito di quella donna non la capisce, alla sua richiesta è caduto dalle nuvole: abbiamo sempre fatto così perchè adesso non ti va più bene? Si arriva a queste situazioni che creano sofferenza in entrambi. Sia chiaro che il marito non è cattivo. Semplicemente si è educato alla scuola della pornografia. La vera intimità è differente. La vera intimità è fatta di rispetto, di dialogo, di comunione, di dolcezza, di attenzione, di preliminari graditi e voluti da entrambi. Se manca questo poi si arriva al triste destino di tante coppie: il deserto sessuale.

Quindi cosa fare? Ed eccoci al secondo punto. Dialogate! Siamo nella piena libertà sessuale eppure c’è ancora il “pudore” di esprimere all’altro ciò che piace e soprattutto ciò che non piace. Ci sono due modi di pensare, opposti ma entrambi dannosi. Mi riferisco alla donna in particolare. Perchè? Perchè è la parte più esposta nel rapporto. E’ lei che deve accogliere dentro di sè l’uomo, è lei che spesso prova dolore e non piacere, è lei che spesso si presta ad accettare gesti che non le piacciono. Esiste la donna che non dice nulla perchè crede che nel caso si opponga a determinati gesti e atteggiamenti possa passare per bigotta o per chiusa mentalmente. Una donna che crede che dimostrare amore per il marito significhi sottostare a determinate dinamiche pornografiche. E magari si colpevolizza anche se non trae piacere da quei rapporti. Nulla di più sbagliato. E poi c’è quella che è davvero un po’ troppo chiusa e non parla perchè prova un certo pudore a farlo. Quella che pensa che cercare il piacere anche per lei, sia da donna del mondo e non da donna di fede. Anche in questo caso non c’è verità ma si è fuori strada. E’ giusto mantenere un sano pudore ed essere gelosi di questa dimensione. E’ giusto con tutti, ma non tra marito e moglie. Liberiamoci da questa idea che vivere la nostra sessualità sia qualcosa che abbassa la relazione a qualcosa di solo istintivo. Non è così! Ne abbiamo scritto diverse volte. Fare l’amore è un gesto sacro, quando è compiuto tra due sposi uniti sacramentalmente. Un gesto pieno di dignità e di amore vero, concreto ed efficace. Eppure c’è ancora vergogna nel parlare in coppia di ciò che piace e non piace, di come si possa migliorare, di quali siano i gesti più apprezzati e quelli che danno fastidio. Non limitate questa possibilità di crescere in un gesto importantissimo nella coppia. Un’esperienza che può davvero diventare meravigliosa e avvicinare a Dio.

Fare l’amore non è una tecnica da mettere in pratica, ma un dialogo tenero e ad amoroso tra due persone che desiderano darsi piacere e in quel piacere trovare comunione e unità di cuore oltre che di corpo. Quindi trovate i vostri gesti, la vostra modalità e la vostra sensibilità per vivere un gesto che è frutto di una relazione unica ed irripetibile. Se vi aprite al dialogo e cercate di assecondarvi nelle vostre reciproche sensibilità allora inizierete un percorso che vi condurrà verso una unione sempre più profonda e un piacere sempre più autentico e pieno. Lasciate perdere la pornografia e fate l’amore davvero.

Antonio e Luisa

Lo stupore ci fa restare vivi!

Quest’anno il Convegno Nazionale della Fraternità Sposi per Sempre” (Loreto 10-13 agosto) aveva come titolo: “La via dello stupore per il dono ricevuto: anche se sposi separati, di quale amore siamo resi partecipi?”. Don Renzo Bonetti ci ha guidato su questo tema che ci ha fatto riflettere molto. Il Sacramento del Matrimonio e l’Eucarestia sono dei doni cui non dovremmo mai abituarci, perché non sono un regalo dato una volta per tutte, ma una sorgente di acqua fresca in mezzo al deserto della nostra vita.

Infatti, ripensando anche alla mia esperienza, molti progressi e cambiamenti sono stati raggiunti in seguito allo stupore. Mi ricordo bene la meraviglia che ha accompagnato le nostre figlie fin da piccolissime quando hanno fatto le prime esperienze: dal bagnetto, i giochi che suonavano o s’incastravano, gli spostamenti a quattro zampe, la prima volta sullo scivolo e le prime pappette diverse dal latte. Di sicuro lo stupore ci stimola a non fermarci, ma a crescere, ad approfondire, a continuare su una strada. Anche nella scuola e nel lavoro, noto che l’impegno e la voglia sono molto collegate a questo (non a caso Albert Einstein disse: “Chi non riesce più a stupirsi o a meravigliarsi è come se fosse morto, una candela spenta”). Così, anche nella coppia, l’abitudine e l’appiattimento sono un veleno che lentamente ti consumano: quando non riusciamo più a stupirci dell’altro, ecco che spesso si va a cercare altrove qualcuno o qualcosa che renda più stimolante la nostra vita. Purtroppo tendiamo a catalogare le persone: “quello fa sempre così”, “quell’altra è fatta così” “ha quel carattere, ha quel difetto” e così tagliamo le gambe a possibili evoluzioni diverse dalla nostra percezione o idea. A me piace camminare in montagna, perché, nonostante la fatica, provo una soddisfazione immensa quando raggiungo la vetta e magari, dopo la svolta di un sentiero, mi trovo davanti un panorama bellissimo, fino a quel momento nascosto. Ecco, lo stupore deriva dal non atteso, da quello che non ci aspettiamo: ma quanto è bello quando una persona ti meraviglia: ti aspettavi una reazione e invece ne ha un’altra.

Nella separazione ho abbassato tanto le aspettative con mia moglie, in poche parole mi aspetto poco o niente, ma quanto sono contento quando pensavo che si sarebbe arrabbiata e invece riusciamo a parlare civilmente, oppure quando siamo in completa sintonia sulle scelte da prendere per le nostre figlie! Allora ringrazio Dio e mi meraviglio di quanto Lui continui ad amarci nonostante tutti i nostri difetti e i nostri errori.

In questo periodo di Avvento vediamo Maria che rimane stupita della grandezza, “Com’è possibile?”, avverte l’abisso tra sé stessa e Dio: dalla grandezza si passa a confrontarci con la nostra povertà e, se capisco la distanza, è spontaneo ringraziare e lodare Dio. Voglio provare in questo Natale a rimanere in contemplazione insieme alle figlie, almeno per qualche minuto, davanti al presepe che abbiamo fatto da poco, per cercare di intravedere, tra le luci intermittenti, quella tenerezza del Bambino Gesù che ama singolarmente ognuno di noi! Forse allora sarà un Natale diverso, perché non ci aspettavamo un Regalo così bello……

Ettore Leandri (Presidente Fraternità Sposi per Sempre)

Maria l’Immacolata è resa ancora più bella da Giuseppe

Un articolo già pubblicato l’anno scorso ma che voglio riproporre perchè a me piace. E’ bello riscoprire Maria anche nel suo essere sposa di Giuseppe. Domani festeggeremo l’immacolata Concezione. Spero che questa breve riflessione possa aiutare tutti noi sposi a vivere meglio questo tempo di Avvento.

L’Immacolata Concezione di Maria. Non è solo una celebrazione di una solennità liturgica, non è solo ricordare un dogma della nostra fede, è molto di più! E’ una vera e propria festa per noi! Perchè è una festa? Perchè dovrebbe riguardarci così personalmente e da vicino? Cosa cambia nella nostra vita? Questa ricorrenza è posta in pieno tempo di Avvento. Abbiamo da poco vissuto la seconda domenica di Avvento. Un tempo di purificazione e di meditazione. Un tempo dove è importante non solo preparare i regali e il pranzo di Natale, ma dove è importantissimo per noi credenti togliere un po’ di polvere dal nostro cuore malandato e corroso da una vita sempre di corsa, in mezzo a tante luci del mondo che distolgono dall’unica luce che conta, che è quella della cometa che conduce a Gesù Bambino. Ne abbiamo bisogno. Ne abbiamo bisogno per riscoprirci amati e belli. Ne abbiamo bisogno per ricordarci che Dio ha deciso di prendere carne e corpo, per essere come noi e per offrire poi nella Passione e nella morte la Sua vita per noi, solo per me, solo per te.

Maria è lì, ad accompagnarci in questa riscoperta, come una mamma che porta per mano il suo bambino. Spiritualmente dobbiamo cercare di tornare come bambini che hanno bisogno di una guida sicura che li conduca per non prendere strade sbagliate che portano alla morte del cuore. Maria preparata da Dio e per questo preservata dal peccato. Preservata fin dal concepimento e mai toccata dal peccato in tutta la sua vita. Gesù, sulla la croce, ha voluto donarla, attraverso Giovanni, ad ognuno di noi.

Allora fermiamoci lì, sotto il manto di Maria, per trovare protezione e calore. Maria senza peccato non giudica noi peccatori, ma ci vuole bene come solo una mamma sa fare. Soffre per il nostro male perchè ci allontana da Gesù e non ci permette di essere felici. Intercede per noi presso suo Figlio e ci sostiene sempre. Conosce bene come il matrimonio sia qualcosa di grande e meraviglioso e soffre quando ci roviniamo con le nostre mani distruggendo questo dono immenso di una relazione che ci può permettere di amare come Dio. Allora per noi sposi c’è un passaggio ulteriore da compiere.

In questo Avvento cerchiamo di lasciarci abbracciare da Maria e avvolgere dal suo manto. Avvolgere anche spiritualmente cercando di rivestirci della sua purezza e della sua santità. Maria è guida per tutte le spose e per tutte le madri come Giuseppe lo è per noi sposi e papà. Maria e Giuseppe, una coppia straordinaria certamente, ma una coppia che è caratterizzata, come ogni altra coppia di sposi, da una relazione sponsale da vivere giorno per giorno, in un continuo e amorevole dono reciproco di sè all’altro. Esattamente come cerco di fare io con Luisa e come voi che leggete sicuramente vi impegnate a concretizzare nella vostra storia.

Spesso noi siamo educati a considerare Maria e Giuseppe come dei santi da porre su un piedistallo. Santi quasi disincarnati. Persone che amiamo e a cui ci affidiamo, ma che in realtà sono molto distanti da noi. Non è così! E’ importante riscoprire Maria come sposa di Giuseppe, perché può aiutare le spose a non rifuggire dal compito, a volte impegnativo, di aiutare il marito e di farsi aiutare da lui, al di là della difficoltà dei linguaggi diversi e della diversa psicologia del modo di essere femminile e maschile. Scoprire che Maria è quello che è, non solo per tutti i doni ricevuti da Dio, che sono stati lungo duemila anni di storia della Chiesa messi in evidenza, come l’Immacolata Concezione, la pienezza di grazia, la Maternità divina, l’assenza di peccato personale, l’Assunzione al cielo, ecc., ma anche per il dono di Giuseppe suo sposo, scelto da Dio e messo accanto a lei, per proteggerla e custodirla, ma anche per confortarla, integrarla e arricchirla umanamente. Vi rendete conto? Maria, la tutta santa e la piena di Grazia, pò essere resa ancora più bella e ricca attraverso la relazione con Giuseppe. Care spose e cari sposi, vi auguriamo davvero che questa festa vi aiuti a ricordare la bellezza e la ricchezza che avete ricevuto da Dio proprio attraverso quella persona che vi ha posto accanto, come Maria ha saputo fare con Giuseppe. Buona festa dell’Immacolata.

Antonio e Luisa

Perseveranza e misericordia

La seconda lettura di ieri (Romani 15, 4-9) mette in evidenza due differenti atteggiamenti del cuore. Entrambi importanti nella nostra relazione con i fratelli e naturalmente con nostro marito o nostra moglie. Cosa afferma? Analizziamo un pensiero alla volta.

E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù, Ecco questo è la nostra prima “missione” che ci affida Dio attraverso la Sua Parola. Noi saremo riconosciuti come Suoi solo se saremo perseveranti. Se saremo cioè fedeli. Fedeli come lo è stato Cristo. Guardando noi si dovrebbe comprendere qualcosa del modo di amare di Dio. Quindi fedeltà! Noi sappiamo benissimo che la fedeltà è alla base di ogni matrimonio sacramento. Noi promettiamo di amare l’altro nella gioia e nel dolore. Nella gioia non c’è problema. Ma nel dolore? E nel dolore di chi? Perchè se il dolore è dell’altro magari viene anche quasi naturale stare accanto alla persona amata ma se il dolore è il nostro? Se ci tocca fare fatica stare accanto a quella persona? Quella persona che si rivela non essere quella che ci aspettavamo. Cosa facciamo? Dio ci chiede di essere perseveranti perchè la vera gioia non viene da quello che io posso ricevere dall’altro ma viene da come mi dono all’altro. Essere perseveranti significa amare da Dio e amando da Dio significa incontrarLo. E’ da lì che viene la vera gioia e la pace del cuore che è data dalla presenza di Dio e dalla consapevolezza che tutto ha un senso anche se non sempre lo comprendiamo.

Le nazioni pagane invece glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto: Per questo ti celebrerò tra le nazioni pagane, e canterò inni al tuo nome. Ecco il secondo atteggiamento: essere misericordiosi. Avete notato? Il primo, la perseveranza, è rivolto a chi già conosce Dio, mentre questo, la misericordia, è rivolto ai pagani, a chi è lontano da Dio e non lo conosce? Perchè questa differenza? Semplicemente perchè la misericordia è il biglietto da visita di Gesù. Chi non lo conosce resta attratto e affascinato dal suo amore misericordioso. Così è per noi sposi. Noi siamo perfetti non perchè non sbagliamo mai. Quanti errori commettiamo. Quanti difetti abbiamo. Quante fragilità ci contraddistinguono. Eppure possiamo essere perfetti nell’amore. Proprio nella misericordia. Nella capacità di andare oltre gli errori. Nella capacità di perdonarci. Nella capacità di donarci. Nella capacità di ricominciare e di far risorgere la nostra relazione. Quindi se anche litigate, se commettete errori l’uno verso l’altra, ma poi siete capaci di perdonarvi e di ricominciare, siete perfetti in ciò che davvero conta. Ricordate che ogni perdono dato e ricevuto diventa nutrimento per la relazione. Diventa gratitudine e ringraziamento.

Ora, tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché in virtù della perseveranza e della consolazione che ci vengono dalle Scritture teniamo viva la nostra speranza. Questo versetto in realtà viene prima degli altri ma a me piace metterlo in fondo perchè sintetizza una verità grande. Se nel nostro matrimonio riusciamo ad essere perseveranti e misericordiosi l’uno verso l’altra ecco che saremo l’incarnazione della speranza. Speranza per noi prima di tutto. Per i nostri figli. Perchè ci sentiremo parte di un amore capace di affrontare ogni situazione, di un amore che non muore. E poi saremo speranza per tutti. Perchè non c’è nulla di più bello che credere nell’amore eterno. Amore eterno che è Dio. Ecco perchè ne abbiamo così desiderio e nostalgia. Perchè noi siamo creati ad immagine di quell’amore.

Antonio e Luisa

Gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.

E’ passato qualche giorno ma desidero tornare sulla seconda lettura di domenica scorsa, la prima domenica di Avvento. Ci torno perchè si tratta di una lettura di poche righe ma che condensa tantissimo. Possiamo trovare tutto ciò che possiamo fare per prepararci al meglio al Natale. San Paolo scrive ai Romani è afferma:

Fratelli, è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri.

Poche righe ma densissime. Cercherò ora di analizzare punto per punto.

Fratelli, è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. Cosa intendeva dire Paolo? Era convinto che la venuta del Signore fosse ormai imminente e con queste parole voleva spronare i cristiani a comportarsi come tali. Non è una lettura scelta a caso. L’Avvento è l’annuncio della ormai prossima venuta del Signore, della Sua discesa sulla Terra. Accade ogni anno nel Natale. E come ogni anno queste parole di Paolo tornano attuali. L’Avvento è uno dei momenti forti. Dove, dopo settimane di torpore spirituale, ci viene data una bella sveglia! Non è forse così? Io ogni volta che arriva l’Avvento sento il peso della quotidianità che tra tante cose da fare mi allontana dalla mia vita spirituale, mi rende difficile una relazione adeguata con Gesù. Mi sento come quella sposa che trascura lo Sposo. Non ho sbagliato ad usare il femminile. Noi siamo sposa di Cristo essendo parte della Chiesa. Quindi non sprechiamo questo tempo. Prepariamoci al Natale con un cuore aperto a Gesù e con momenti dedicati alla preghiera e alla contemplazione. Bastano pochi minuti al giorno.

La notte è avanzata, il giorno è vicino. Quando la nostra anima è nella notte? Quando è lontana da Dio. Io ricordo bene il tempo in cui facevo fatica ad abbandonarmi a Gesù. Avevo tutto: salute, lavoro e amici ma mi mancava la luce. Mi mancava quell’amore che illumina e scalda il cuore dell’uomo. Facciamo memoria del tempo in cui siamo stati nelle tenebre per scegliere di non tornarci. Alla fine dipende da noi! Sta a noi scegliere tra ciò che offre il mondo e ciò che offre Dio.

Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Questi versetti rivelano ciò che dobbiamo mettere al centro del nostro impegno. Noi sposi in particolare verso il nostro coniuge e la nostra famiglia. E’ l’unico modo per accogliere bene Cristo nella nostra vita. Cerchiamo di essere onesti. Cerchiamo quindi di mantenere le nostre promesse matrimoniali. Cerchiamo di amare l’altro sempre, quando è facile e quando non lo è. Cerchiamo di donarci completamente a nostra moglie o nostro marito cercando il suo bene prima del nostro. Cerchiamo di essere trasparenti l’uno con l’altro. Di non fare cose di cui ci vergogneremmo se rivelate alla persona amata. Attenzione a lussuria e impurità! Cerchiamo quindi di vivere una sessualità santa mettendo al centro del rapporto sessuale la comunione e non il mero piacere fisico. Lasciamo fuori dalla nostra vita la pornografia che distrugge la nostra capacità di scorgere la bellezza integrale della persona che abbiamo accanto. Non ubriachiamoci. L’ubriacatura non è solo quella alcolica. Ci sono le emozioni che ci possono annebbiare la mente. Cerchiamo di controllare la nostra rabbia e i nostri istinti. Cerchiamo di non ferire con le nostre parole e con i nostri atteggiamenti l’altro. Non lasciamoci travolgere dalle emozioni ma manteniamo sempre il controllo di noi stessi.

Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri. Questa frase non significa che dobbiamo imparare a vedere il corpo come qualcosa che vale meno dello Spirito. Nulla di tutto questo. Il significato è molto più profondo. Ci viene chiesto di mettere la volontà e il discernimento al di sopra di quelle che sono le passioni. Solo così il nostro corpo sarà un mezzo per dare concretezza e visibilità all’amore. Solo così saremo capaci di farci dono l’uno per l’altra senza che emozioni e sentimenti ci possano allontanare dal bene. Perchè a volte fare la cosa giusta può costare fatica. Gesù non è stato contento di finire in croce ma lì è rimasto per fare la volontà del Padre che era anche la Sua. Lì è rimasto per amarci con tutto sè stesso.

Antonio e Luisa

I moderni paladini dell’amore

Oggi ho deciso di condividere sul blog una bellissima testimonianza. Non lo faccio per farmi bello o per vantarmi. Anche perchè non ho nessun merito se non quello di aver restituito quanto io ho ricevuto in passato. Lo faccio per promuovere questa esperienza perchè sono convinto che possa fare tanto bene alle coppie di sposi. Vi aspettiamo alla prossima edizione di Come sigillo sul cuore. (qui un breve video di presentazione di una edizione passata). Presto posterò la nuova data e il luogo. Ora lascio la parola a Patti e Lello una bellissima coppia di Salerno.

Lo scorso weekend è stato davvero intenso e ci ha lasciato una forza ed un’energia unica, davvero inspiegabile. Siamo stati ospiti di don Gianni Castorani nel Monastero dello Spirito Santo a Bagno a Ripoli e siamo stati accompagnati da sostenitori e divulgatori del matrimonio cristiano. Luisa Antonio, Daniela Davide e le altre coppie che hanno organizzato questo evento sono, senza dubbio, persone ricche di spiritualità,  frutto di un vero percorso cristiano. Sono donne ed uomini normali con figli e problemi quotidiani, non supereroi o gente che studiato per diventare influencer o motivator, stile Oprah Winfrey,  sono come noi, come  la maggior parte delle coppie che si ritrova a vivere il problema dei figli ribelli,  dell’organizzazione del tempo, della stanchezza del rapporto che a volte tutti possiamo avvertire e che ci lascia senza capacità di risposta.

Ma qual è il loro segreto, cosa li rende così speciali? L’amore!

L’amore verso il Signore, l’amore verso la vera condivisione e la convinta applicazione di alcuni insegnamenti, trasmessi da padre Raimondo Bardelli, li ha motivati ad organizzare incontri periodici attraverso l’istituzione dell’Intercomunione delle Famiglie. Raimondo, come lo chiamano loro, era un frate Cappuccino di origine emiliana che insegnava a fidanzati e sposi come vivere pienamente l’unione coniugale.

Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne. Genesi 2:23-24.

Una carne sola allude con evidenza all’unione fisica degli sposi. Dunque noi come sposi siamo chiamati ad essere uniti e questa unione si sublima nell’incontro sessuale, definito ecologico, lontano da inquinamenti dovuti alla pornografia e suoi derivati. I moderni paladini dell’amore, ci piace definirli così, ci hanno invitato ad usare piccoli stratagemmi per attuare la felicità di coppia, come il semplice atto di guardarsi negli occhi per qualche minuto durante il giorno. Questo gesto così semplice può portare frutti enormi, aiuta a mettersi a nudo davanti al coniuge, ad abbassare tensioni ed ansie accumulate durante il giorno. Abbracciarsi, coccolarsi diventa un rituale, un momento essenziale per sopire i conflitti.

Il matrimonio diventa un’esperienza da conquistare ogni giorno, da vivere in ogni momento con attenzione e purezza d’animo. Il corpo, a partire dagli occhi è il nostro mezzo per comunicare l’amore e soprattutto un modo per riattualizzare e rinnovare il sacramento del matrimonio. Parlare di fare l’amore non come tabù, come spesso ci è stato trasmesso, ma come espressione di una promessa d’amore. Un amore che trionfa e che rende più forti, perché insieme è meglio.

In conclusione abbiamo imparato molto e leggeremo ancora tanto, ma considerando quando è accaduto nel mondo in questi ultimi tre anni COVID, guerra e crisi economica:la famiglia rimane l’unica oasi di vita felice e spetta a tutti noi difenderla e proteggerla.

Patti e Lello Ventre

Il tuo volto, Signore, noi cerchiamo!

Cari sposi, avete mai provato a pregare insieme lo Sposo utilizzando le parole dei salmi? I salmi sono stati, e lo sono ancora oggi, la preghiera principale dei nostri fratelli ebrei; anche Gesù (in quanto ebreo) pregava attraversi i salmi e anche per noi cristiani sono diventati la preghiera ufficiale infatti vengono regolarmente utilizzati nella liturgia eucaristica e nella liturgia delle ore. Pregando in coppia il salmo 26 eleviamo al nostro Sposo una fondamentale richiesta poiché “Di te ha detto il nostro cuore: «Cercate il suo volto», il tuo volto, Signore, noi cerchiamo. Non nasconderci il tuo volto…” (v 8-9)

Come sposi cristiani che, mediante il sacramento delle nozze siamo stati immersi nell’ amore di Cristo, ci è stata data la grazia di “vedere”, ogni giorno, il volto di Dio nel volto del coniuge per poi, a nostra volta, mostrarlo agli altri. Soffermiamoci quindi a contemplare il volto dell’Amato mettendoci innanzitutto uno di fronte all’altro per vedere, sentire e parlare con Colui che non si nasconde ma a noi si “mostra”, perché in mezzo a noi è sceso. Guardandoci reciprocamente negli occhi cerchiamo di penetrare nel nostro intimo in quanto, come spesso si sente dire, gli occhi sono lo specchio dell’anima. Un’ espressione che sta ad indicare che spesso sono gli occhi a rivelare veramente chi siamo, come stiamo, cosa c’è dentro di noi. O ancora come leggiamo nel vangelo di Matteo, “La lampada del corpo è il tuo occhio. Quando il tuo occhio è semplice, anche il tuo corpo è luminoso; ma se è cattivo, anche il tuo corpo è tenebroso. Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra”. Lo sguardo che ci scambiamo come sposi deve essere pieno di tenerezza e carità, come quello di Gesù, traboccante di compassione affinché sciolga ogni resistenza, difesa, pregiudizio, separazione, paura…e soprattutto impariamo a guardarci partendo dal cuore. Solo così i nostri occhi, liberi da ciò che potrebbe offuscarli, si possono posare benevoli sui fratelli in modo tale che nessuno, direbbe S. Francesco, «dopo aver visto i nostri occhi, se ne torni via senza il nostro perdono» (FF 235)
Breve momento di coppia:
1) guardandoci negli occhi, ripetiamoci sottovoce il bellissimo passo del Cantico dei Cantici “Quanto sei bella/o, amata mia/o, quanto sei bella/o! I tuoi occhi sono colombe”.
2) contemplando gli occhi di un’icona del Volto di Cristo insieme rivolgiamogli le parole del Salmo 138:
Signore, tu ci scruti e ci conosci…
Ancora informi ci hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i nostri giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno…
Scrutaci, Dio, e conosci il nostro cuore,
provaci e conosci i nostri pensieri…
e guidaci sulla via della vita


Ma il Signore può rivelarsi a noi anche mediante l’ascolto. Quando “apriamo” le orecchie per ascoltarci stiamo dando spazio alla voce del nostro coniuge. Certamente l’ascolto è una delle basi del dialogo: quando un coniuge parla, l’altro sta in silenzio per ascoltare. Ma per noi c’è un ascolto che viene ancor prima: dobbiamo imparare ad “ascoltarci con il terzo orecchio”, quello dell’empatia, immedesimandoci nei sentimenti dell’altro, cercando di “sentire” ogni situazione come il nostro coniuge la sente. Anche se questo non è sempre facile, impariamo ad ascoltare come Gesù che, dopo essersi ritirato nel silenzio per “aprire” l’orecchio alla volontà del Padre, era ed è pronto ad accogliere ogni grido perché per lui ogni persona merita attenzione.
Breve momento di coppia:
1) Avvicinandoci all’orecchio del coniuge, ci sussurriamo sottovoce il bellissimo passo del Cantico dei Cantici:
O mia colomba,
che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave

2) contemplando un’icona del Volto di Cristo ripetiamo nel silenzio del nostro cuore le parole del Salmo 116:
Noi ti amiamo Signore perché hai udito la nostra voce…
Poiché hai teso l’orecchio verso di noi,
noi ti invocheremo per tutta la mia vita


Infine i sentimenti dello Sposo possono giungerci attraverso le parole del nostro coniuge. Per questo è necessario che dalla nostra bocca escano parole che annuncino la bellezza divina di cui, come sposi, siamo portatori. Come dicevamo prima, oltre all’ascolto, l’altra base del dialogo sono le parole: alcune volte però abbiamo sperimentato che le nostre parole sono incapaci di modellarsi sulle sfumature dei nostri pensieri, sui battiti del nostro cuore. Allora ricorriamo alla Parola, ci facciamo guidare dal modo di parlare di Gesù: le sue parole erano e sono parole che creano vita; che orientano, illuminano, tracciano strade, chiamano, seminano, abbattono le chiusure. Insomma sono “parole di vita eterna” che possono donare eternità a tutto ciò che portiamo nel cuore.
Breve momento di coppia:
1)Sfiorandoci con le dita le labbra, l’un l’altro, esprimiamo la bellissima espressione del Cantico dei Cantici:
Come nastro di porpora le tue labbra, la tua bocca è piena di fascino” e scambiandoci un tenero bacio ci ripetiamo “Mi baci con i baci della Sua bocca
2) baciando l’icona del Volto di Cristo insieme cantiamo le parole del Salmo 119:
Lampada per i nostri passi è la tua parola, luce sul nostro cammino. Limpida e pura è la tua promessa e noi tuoi servi l’amiamo


Carissimi sposi, ecco che ora possiamo guardarci con occhi nuovi, con gli occhi di Gesù. Non stanchiamoci mai di contemplare il Suo volto maestoso e dolce nel contempo; non stanchiamoci mai di cercare il Suo sguardo, quello sguardo che vuole trasformarci, vuole farci diventare simili a Lui. È importante scoprire che siamo davvero chiamati a lasciarci trasformare dall’amore di Dio, anche e solo attraverso le piccole cose, gli incontri quotidiani, nonostante i nostri sbagli e le nostre debolezze umane. Ecco che così l’amore di Dio prende carne in noi, diventa testimonianza di vita sponsale e ci porta a continuare a lodarlo, sempre con le parole del Salmo 26: “Siamo certi di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi” (v 13). Buon cammino d’Avvento alla ricerca del Volto di Dio nel piccolo bambino di Nazareth.
Daniela & Martino

Le spine del matrimonio

Quando si arriva (purtroppo) a una separazione, sarebbe necessario fermarsi almeno per un po’ di mesi a riflettere su quello che è successo e sulle cause che hanno portato a un epilogo così triste. Non serve a nulla pensare cose del tipo: “Se mia moglie avesse avuto un atteggiamento diverso, anch’io mi sarei comportato diversamente”, perché è solo un tentativo di diminuire il senso di colpa. E’ un’analisi che in alcuni casi dovrebbe coinvolgere altre persone esperte in materia, come consulenti familiari, psicologi e assistenti spirituali, perché non sempre da soli si riescono a comprendere i problemi che non abbiamo mai risolto e le ferite spesso provenienti dalla nostra famiglia di origine. Infatti a volte si creano delle dinamiche che si ripetono continuamente e tendiamo a fare sempre gli stessi errori: poco tempo fa mi sono ritrovato a parlare con una ragazza di 40 anni al terzo divorzio, continuare su questa linea credo sia davvero triste e distruttivo per se’ stessi e per le persone che ci stanno intorno, in particolare per i figli.

Spesso la gente non si prende questo importante tempo di riflessione dopo la separazione, ma comincia a uscire e a frequentare altre persone, rischiando così di fare ulteriori danni. La responsabilità di una separazione quasi mai è al 50%, in genere è sbilanciata da una parte e comunque nessuno dei coniugi può considerarsi esente da colpe (avremmo potuto sicuramente fare meglio, diversamente o con più cura e attenzione). Inoltre la decisione di separarsi viene proposta e portata avanti raramente di comune accordo, ma è uno dei due a prendere l’iniziativa.

A suo tempo, ma continuo a farlo anche oggi, ho riflettuto molto sulla mia storia d’amore e sulle cause che l’hanno portata al fallimento (ricordo che il fallimento è solo umano, con Dio non può fallire!). Sono arrivato alla conclusione che non basta amare, è necessario anche essere amabili, perché ho tanto amato mia moglie, ma non è stato sufficiente. Faccio un esempio: se prendo in mano un fiore, con dei bellissimi colori e profumato, mi viene da pensare: “Ma che bello questo fiore!”. Immaginiamo invece che questo fiore sia pieno di spine e che, appena lo prendo in mano, mi punga: in questo caso mi viene da pensare: ”Accidenti a questo fiore, che brutto!”. Ecco, può succedere, anche involontariamente, che siamo noi il fiore che suscita negli altri una certa reazione.

Così, quante volte non ho ascoltato mia moglie! Quante volte ho svalutato le sue idee, il suo lavoro e il suo modo di pensare! Quante volte sono stato scontroso e addirittura l’ho presa in giro, non immedesimandomi nel suo malessere, nei suoi problemi, nei suoi dubbi, nelle sue difficoltà e nelle sue paure! Potrei continuare a fare altri esempi, ma credo sia chiaro questo: è fondamentale non solo amare il coniuge, ma lavorare su noi stessi, sui nostri difetti e sul nostro carattere in modo da essere amabili, accoglienti e poter così costruire una relazione davvero autentica, sincera e reciproca! 

Ettore Leandri (Fraternità Sposi per Sempre)

La nostra imperfezione è immagine della perfezione di Dio

Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. (Genesi 3,8)

Perchè i due si sono nascosti? Dio è cattivo? Dio è un Padre che fa paura? Dal comportamento che hanno Adamo ed Eva sembra proprio di sì. Chiunque non conosce il nostro Dio e legge questo passo non può che farsi questa idea. In realtà questo passo della Genesi cela una verità che ci caratterizza tutti. Adamo ed Eva come sapete ci rappresentano, possiamo identificarci con loro. L’uomo e la donna si nascondono non perchè Dio sia cattivo e vendicativo, ma perchè si specchiano nello sguardo di Dio. Trasferiscono il malessere che il peccato ha generato in loro nello sguardo di chi li guarda. Dio non li guarda con malignità, ma con quello sguardo di amore misericordioso che Gesù ha incarnato perfettamente. E allora?

Non è Dio che mi sta giudicando, ma sono io che di fronte all’amore di Dio provo vergogna e paura. Paura di perdere quell’amore e vergogna di esserne indegno. Questo è il sentimento di Adamo ed Eva che viene descritto nel versetto che ho riportato. Questo è quello che caratterizza tutte le persone. Quando amiamo e siamo amati da qualcuno e tradiamo questo amore proviamo paura e vergogna. Quando tradiamo la fiducia proviamo paura e vergogna. Questo vale in tutte le relazioni, a partire chiaramente da quella con Dio. Vale anche per il nostro matrimonio.

Cosa c’entra tutto questo discorso? C’entra tantissimo. Dio non smette di amare i suoi figli. Non smette di amare l’uomo e la donna. La condanna verso Adamo ed Eva non è una sentenza ma semplicemente una presa di coscienza che Dio offre all’uomo. Sta dicendo che proprio per la loro umanità imperfetta ma libera andranno incontro a sofferenze ed errori. Sta a loro trasformare i limiti in opportunità.   

Questo vale sempre. Vale anche e soprattutto per il matrimonio.  I limiti diventano occasione. E’ capitato che io abbia dovuto confessare alla mia sposa alcuni miei comportamenti sbagliati. Ho provato esattamente vergogna e paura. Lei è stata capace di non giudicarmi, di guardarmi con gli occhi di Dio. Questo ha trasformato tutto. La vergogna si trasforma in riconoscenza. La paura in voglia di ricominciare. La rottura in nuova sorgente di amore gratuito. Genesi racconta come siamo fatti. Non possiamo pensare di recuperare una perfezione che non abbiamo mai avuto. O meglio: possiamo essere perfetti nella nostra imperfezione quando lasciamo spazio a Dio nella nostra vita, nella nostra relazione e nella nostra famiglia.

Il matrimonio è immagine dell’amore di Dio che è perfetto. Non perchè siamo perfetti noi sposi, ma perchè la nostra imperfezione, i nostri errori, i nostri limiti e le nostre debolezze, quando vissuti nell’abbandono a Dio e nella Grazia di Dio, sono motivo per perdonare, per amare gratuitamente e senza merito alcuno il nostro coniuge. Questo è l’amore misericordioso di Dio. Questo è quell’amore di cui noi sposi siamo chiamati ad essere immagine.

Antonio e Luisa

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Non voglio fare certe cose. Sono bigotta?

Ciao Antonio e Luisa. Vorrei restare anonima. Una domanda molto personale. Mio marito mi chiede, durante il sesso, di fare cose che non mi piacciono e non penso siano sane. Il sesso anale è una di queste. Lui dice che io sono bigotta e che tutti fanno queste cose. Cosa posso fare?

Carissima c’è sicuramente un problema. Se tuo marito nell’intimità non trae soddisfazione dall’unirsi a te, ma da pratiche sempre più spregiudicate e, consentimi, deviate, c’è un problema. Non sei bigotta. Neanche io voglio fare il bigotto, quello che giudica i comportamenti sessuali delle persone, solo perchè si discostano da quello che prescrivono i manuali di morale. Non credo neanche che i manuali in questione trattino così nello specifico questi argomenti. Almeno io non ne sono a conoscenza. C’è però una domanda fondamentale che ogni coppia si deve porre. Lo deve fare per la propria felicità e realizzazione.

Abbiamo desiderio di unirci all’altro, di vivere un’esperienza meravigliosa attraverso il corpo che ci faccia sperimentare fusione e comunione , oppure cerchiamo altro?

Cerchiamo di mettere in pratica delle fantasie che abbiamo nella nostra testa, fantasie generate e nutrite da tutta la “cultura” pornografica che ci circonda e che spesso cambia e influenza in modo radicale la nostra idea di sessualità e di sesso? Detto in altre parole: l’unione intima con l’altro è il fine oppure un mezzo attraverso cui possiamo dare concretezza a quanto abbiamo visto fare da altri? Detto ancora in modo più chiaro: 

vogliamo amare o usare l’altro?

Dopo tutta questa premessa permettimi di arrivare ad una ovvia conclusione. Chi cerca di usare l’altro per ricercare il solo piacere nell’atto sessuale, non ne sarà mai pienamente soddisfatto e cercherà di andare sempre un po’ più oltre per sperimentare nuove modalità. Anche nei matrimoni, lo so per certo, è sempre più presente il sesso anale, perfino, in certi casi, lo scambio di coppia, oppure altro ancora. Non trovando una soddisfazione che può venire solo da un rapporto vissuto per unirsi in una comunione profonda all’altro, si cercherà di andare sempre un po’ oltre, illudendosi di avvicinarsi a un piacere da cui ci si sta invece allontanando. Non di rado questo modo di vivere la sessualità porterà la coppia nel tempo all’astinenza e al deserto sessuale. Spesso a lasciarsi. Perchè si rimane delusi e, solitamente, ci si accusa a vicenda.

Faccio un esempio. La nostra amica Luisa è ginecologa. Molto spesso ci rivolgiamo a lei per chiedere consigli ed aiuto quando non sappiamo bene cosa rispondere a certe domande. Lei ci ha confidato che sono sempre di più le donne che durante le visite si lamentano del marito o del compagno. Una lamentava l’insistenza del marito ad avere un rapporto anale con lei. Siate sinceri/e: secondo voi lui voleva unirsi a lei oppure usarla per mettere in pratica fantasie pornografiche? Io non credo ci siano dubbi.

Quindi tornando alla tua domanda ti rispondo chiaramente. Abbi la forza e il coraggio di dire no. Lo devi fare per te, per lui e per la vostra relazione. Parla con lui, iniziate un vero percorso insieme di recupero, che vi porti a vivere il rapporto per quello che è: la modalità più bella e più concreta che abbiamo noi sposi per esprimere attraverso il corpo l’unità dei nostri cuori. Riappropriatevi di una sessualità sana dove il piacere non viene da pratiche sempre più spregiudicate (piacere effimero, che dura molto poco e che non soddisfa mai fino in fondo, se e quando c’è) ma dal vostro amore che viene nutrito in una relazione fatta di tenerezza, cura e dono reciproco. Non c’è nulla di più bello che vivere un rapporto intimo che si consuma (si porta a compimento) nell’abbraccio dei corpi e nello sguardo reciproco che arriva dritto al cuore dell’altro. Questo è il vero piacere, molto più grande di un orgasmo provocato da una fantasia, che non unisce ma che rende sempre più soli e distanti.

Antonio e Luisa

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