
Quante domande affiorano nella mente ogni volta che ci avviciniamo o sostiamo dentro relazioni che provocano in noi il totale smarrimento di fronte al non sapere come provare ad amare. Non c’è equazione più complessa, forza più inafferrabile o logica più incomprensibile del sentirsi “afferrati” per un volto, un nome che si fa unico.
E’ una traiettoria molto concreta, tanto facilmente drammatica e dolorosa, quanto il senso per cui si sceglie di lavorare ed esserci come noi. Senza tuttavia smarrire spazi e differenze necessarie a che ci sia un incontro semplice. E proprio perché semplice essenziale.
Il grande paradosso dell’amore, così lontano dal dirsi “ti amo” e distante dalle visioni romantiche, è tutta la vita che si porta in un punto di una nuova costante. Dove le certezze, quelle fondative si fanno silenziose e acquistano senso poche parole profonde. Uomini e donne che diventano, insieme, amati e amanti per ogni giorno e per ogni notte. L’uno per l’altra. Una famosa poesia traduce tutto questo semplicemente nel valore di un abbraccio:
“ci si avvicina lentamente
eppure senza motivo apparente
poi allargando le braccia
si mostra il disarmo delle ali.
E infine si svanisce
insieme
nello spazio di carità
tra te
e l’altro”
La precisione dell’amore, così vulnerabile, nudo e spoglio, conosce tempi naturali di cura, vicinanza e lontananza. E’ certo che ogni gioia, ogni partenza, ogni addio, è un passo – una virgola – per trasformare le ragioni – quelle umane – che chiedono una carezza gentile. “Solo, non temere. Tu sei prezioso ai miei occhi”.
Federica
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